Il 2022 sarà l’anno del crollo della produzione del pomodoro da industria in provincia di Foggia. Parola di Francesco Zannella, vivaista e agricoltore di Foggia, il cui vivaio ha fatto la storia della coltivazione del pomodoro da industria in Capitanata ed è sempre stato un ottimo indicatore dello “stato di salute” della coltura. O, forse meglio, previsione, sulla scorta della richiesta di piantine per i prossimi trapianti e quindi degli investimenti da lui programmati. «Prevedo un calo della superficie coltivata a pomodoro da industria di circa il 30%, considerando che nel 2021 e negli anni precedenti avevo prodotto in media 16 milioni di piantine, mentre quest’anno mi sto attestando su 11,5 milioni. Il Foggiano, l’area più vocata del Mezzogiorno per la produzione di pomodoro da industria, subirà nel 2022 un duro colpo. La superficie coltivata sarà nettamente inferiore rispetto ai 17.000 ettari coltivati nel 2021 e la produzione calerà di molto rispetto ai 23 milioni di quintali prodotti nello stesso anno».
Prezzi non remunerativi e aumento dei costi di produzione
Per Zannella le ragioni del consistente calo di superficie coltivata sono note o prevedibili, e comunque gravi. «Parecchi agricoltori non ne vogliono più sapere di rimetterci soldi coltivando pomodoro da industria. Altri hanno deciso di ridimensionare le superfici e gli investimenti. Le ragioni sono due: i prezzi non remunerativi pagati dalle industrie di trasformazione e l’aumento dei costi di tutti i mezzi tecnici necessari per coltivare il pomodoro da industria. Nella scorsa annata l’ottima qualità è stata un segno distintivo, tanto che l’industria ha pagato i prezzi concordati a inizio campagna, cioè 11,50 centesimi di euro per il lungo e 10,00 per il tondo. Ma sono stati comunque prezzi non remunerativi di fronte all’impennata dei costi di produzione da circa 8mila €/ha a 10-12mila €/ha per l’aumento dei consumi di acqua irrigua a causa del caldo eccessivo nell’arco di gran parte della stagione produttiva. Il balzo dei costi, davanti a rese non eccellenti, ha gravato molto sui bilanci aziendali. In molti casi i produttori agricoli non hanno recuperato le spese, già dalla scorsa estate molti produttori erano dubbiosi se coltivare pomodoro nel 2022. I recenti aumenti dei prezzi delle materie prime e quindi l’ulteriore incremento dei costi di produzione ha trasformato quei dubbi in aperto rifiuto».
Aumento dei costi anche per i vivaisti
Per chi voglia coltivare pomodoro da industria è aumentato anche il costo delle piantine, aggiunge Zannella. «Anche per i vivaisti i costi sono aumentati. Una cassetta di polistirolo alveolato l’anno scorso mi costava 0,48 €, adesso 0,71 €. Il costo dei semi è aumentato dal 3% al 7%. Quello della torba del 25%. La bolletta dell’energia elettrica è quasi raddoppiata. I concimi costano almeno il 10% in più. I film plastici per la copertura delle serre costano il 25% in più rispetto a cinque anni fa. Di conseguenza il prezzo delle piantine non potrà rimanere lo stesso del 2021. Oltre che vivaista, sono un agricoltore e mi rendo conto che per gli agricoltori tutto costa di più. Ho comprato un impianto di irrigazione per un’asparagiaia e l’ho pagato il 100% in più di quanto costava nel 2021. Anche il prezzo dei teli per pacciamatura biodegradabili, che parecchi agricoltori utilizzano sul pomodoro da industria, è aumentato di parecchio. E si potrebbe continuare a lungo…».
Dal pomodoro da industria al mais e al girasole
I circa 5.000 ettari che, secondo le valutazioni di Zannella, verranno sottratti alla coltivazione di pomodoro da industria, resteranno incolti o verranno destinati ad altre colture? Sulla prima ipotesi Zannella non si sbilancia, ma conviene che «chi ha difficoltà a investire, è possibile che rimanga fermo. Ma sento dire che molti si stanno orientando verso il mais nelle aree più pianeggianti e verso il girasole nelle aree collinari. Gli invasi, a cominciare dalla diga di Occhito, sono pieni, l’acqua è disponibile. Chi se la sente scommetterà su colture che nel Foggiano non sono sconosciute».