Un elenco di obiettivi mancati a spese degli agricoltori. Mario Vigo, 100 ha in provincia di Lodi, coordinatore del Centro studi Innovagri, non fa sconti alla nuova politica agricola europea. Doveva essere più competitiva e invece “Non risponde ai nuovi mercati globali in balia di forti oscillazioni di prezzo. Vedi il caso del mais che in una campagna è crollato da 250 €/ a 140 €/t. La Pac non aiuta più i redditi degli agricoltori”. Che sono “cornuti e mazziati: oltre alla flessione delle quotazioni, incasseremo circa il 23% in meno di contributi rispetto al 2014”. Produrre di più e meglio è lo slogan della sostenibilità: ce la faremo? “In realtà, la produzione viene disincentivata. Mi chiedo: perché devo produrre di meno? Forse per importare di più?”. Saremo tuttavia più verdi… “È la mia critica principale: dovremmo invece produrre di più”. Per quest’anno Vigo ha risolto il problema greening (il suo progetto di agricoltura sostenibile patrocinato da Expo si sviluppa su 30 ettari dell’azienda circondati da un bordo di 5 metri di erbaio). Le Efa sono rispettate. Per il prossimo anno ha già provveduto a misurare bordi, canali e simili in modo da sprecando la minor superficie possibile. “C’era un’alternativa, quella di lasciare libertà di scelta all’agricoltore: queste avvicendamenti imposti dall’alto, il tetto del 75% per la coltura principale e il 5% non coltivabile non hanno nulla a che vedere con l’attività di un vero imprenditore. Ad esempio, in azienda ho una rotazione mais, orzo, oleaginose e orticole di IV gamma. Qual è la coltura principale tra orzo e soia? “Lo dovrebbe decidere il mercato: potrei scegliere di portare l’orzo a granella e trebbiare il 15-20 giugno oppure di trinciare per il biodigestore il 20 maggio. Come posso deciderlo in anticipo? Possiamo essere ridotti a questo?” E conclude: “Compilare una domanda Pac è un lavoro allucinante e, per di più, vi sono ancora lacune normative. Siamo al top della burocrazia”.
Ferrari: “Meno promesse, più fatti”
“Io dico: meno promesse, più fatti”. Corrado Ferrari di Castelgoffredo (Mn) ricorda l’annuncio al convegno invernale di Agrinsieme: “La Pac con un click…”. Promessa mancata: “L’hanno complicata 1000 volte di più”. La sua è un’azienda di 140 ettari di cui 50 ettari a pomodoro da industria; il resto è mais. La terza coltura, obbligata, sarà la soia, un 7% di superficie per mettersi in pace con gli obblighi del greening: “La facevamo anni fa, è la soluzione più pratica”. Nemmeno da pensare alla medica: “È calata tantissimo, difficile venderla, di solito si fa per autoproduzione e io non ho allevamenti zootecnici”. Niente frumento perché il clima non è quello giusto. “Il problema non è la burocrazia, ma i burocrati che possono migliorarla o no. Se continuano a introdurre vincoli e regole non faranno altro che aumentare i costi di gestione fino a imporre la delocalizzazione almeno alle aziende più grandi. Le piccole subiscono e basta”. Siamo nel cuore dell’agricoltura più produttiva d’Italia: “Una volta si diceva: se va male la Pianura Padana, l’agricoltura sta morendo”. Oggi “vedi le aziende fallire”. La Pac si innesta in questo quadro ovvero:
- redditi in flessione: “sulla tragedia del prezzo del mais si è innestata una notevole speculazione che ha approfittato della contaminazione con micotossine, il Don”; sul pomodoro “le tabelle di valutazione sono tabelle commerciali, non tecniche: quando c’è troppo prodotto vengono utilizzate per deprezzarlo”;
- valore dei terreni in calo: da 100-150mila €/ha sono scesi a 50-70mila €/ha;
- aumenti spropositati delle tasse: “tassare un bene produttivo vuol dire far cassa per chiudere i buchi”.
Morale, le aziende che hanno investito troppo in beni fondiari “faticano a tenere il passo con i mutui”. Questo è la scenario. La speranza è una sola: “Se almeno a giugno arrivasse l’acconto Pac, per le aziende più piccole sarebbe una vera boccata d’ossigeno”.