Sorgo: grazie ai bassi costi di produzione permette il miglior reddito lordo rispetto le colture più diffuse, quindi si conferma una coltura valida da inserire nel piano delle rotazioni. E, per qualcuno, è utile anche ad uso di biomassa per il digestore. Dal Veneto alle Marche, passando dal Ferrarese e dalla Romagna, gli agricoltori sono concordi nel testimoniare che le alternative sono poche e il sorgo, tutto sommato, è una coltura che ha alcuni vantaggi.
«Nel 2015 avevamo 8 ettari di sorgo in primo raccolto e 30 in secondo raccolto da trinciare per impianto di biogas. È una coltura che ‘tappa ‘ buchi’, nel senso che, all’occorrenza, si usa per evitare di lasciare libero il terreno e non ha troppe esigenze». È questa l’opinione di Marco Lanzoni, della Cooperativa braccianti di Bagnacavallo (Ravenna).
«L’anno scorso abbiamo ottenuto rese da 80 quintali l’ettaro – continua Lanzoni – nel caso del sorgo da granella. È mancata un po’ di pioggia estiva che avrebbe migliorato le performance. Altri anni siamo arrivati a 100 quintali l’ettaro. È una coltura che non necessita di irrigazione e, in generale, ha pochi input. Per questo la inseriamo in rotazione con cereali e mais. Ma non ci limitiamo alla granella. Avendo un digestore facciamo anche la produzione per biomassa».
La Cooperativa coltiva circa 900 ettari attorno a Bagnacavallo e si spinge fino a Faenza. Di questi, circa 200 ettari sono a mais, 70 a vigneto, 20 a frutteto, 200 a grano, il restante a colture da seme, bietola, erbai. Oltre 100 ettari sono in regime biologico con pomodoro, farro, soia, pisello.
Per il digestore investono circa 250 ettari l’anno in colture dedicate alle biomasse. A farla da padrone, ovviamente, è il mais, ma anche nel 2016 non mancherà qualche decina di ettari dedicate al sorgo.
«Il problema di questa coltura – precisa Lanzoni – sta nella scalarità post semina. Questo determina ritardi anche marcati che vanno a rendere non omogenea la trebbiatura, con gradi di umidità e maturazione diversi. Abbiamo notato che, se la semina è seguita da una pioggia abbondante, il sorgo nasce in maniera più uniforme. È un problema anche per il sorgo alto da biomassa perché risulta più difficoltoso da trinciare».
Anche facendo la semina su sodo la coltura ha presentato problemi di scalarità. A quel punto i tecnici hanno deciso di optare sempre su una lavorazione leggera, per limitare i problemi di emergenza post semina. “L’aratura non viene praticata, ma un passaggio leggero col frangizolle sì” afferma il referente della cooperativa.
Lanzoni non è soddisfatto del prezzo del sorgo da granella. «Al momento ho il consuntivo del 2014, in quanto la cooperativa a cui conferiamo ancora non ci ha liquidato il 2015. Nel 2014, a causa dell’umidità elevata, il sorgo è stato messo ad essiccare in maniera forzata e ciò ha comportato una spesa. In definitiva, abbiamo portato a casa 11 euro il quintale. Poco, direi. Però il sorgo costa anche poco produrlo. Almeno non è in rimessa».
Semina su sodo
Particolare l’esperienza di Anna Trettenero che è titolare di un’azienda a indirizzo seminativo di circa 100 ettari, dislocata fra le province di Vicenza e Venezia.
«A partire dal 2005 – spiega la titolare – ho iniziato la conversione alla semina su sodo, ho acquistato una seminatrice da sodo in Argentina e da quasi dieci anni produco in semina su sodo soia, mais, cereali autunno vernini, foraggi. Sono sempre alla ricerca di nuove colture da inserire nella rotazione e, conseguentemente, di nuovi mercati. Negli ultimi sei anni il sodo che applico è strettamente continuativo, con rotazione colturale e semina di colture di copertura, anche allelopatiche, con continuo scambio di esperienze tra colleghi e seguendo i consigli di Vincenzo Tabaglio dell’Università Cattolica di Piacenza. Nel 2015 ho seminato su sodo in provincia di Vicenza circa 12 ettari di sorgo bianco, dopo grano foraggero, raccolto a maturazione cerosa. Il sorgo era sotto pivot. È stato venduto come ceroso, in piedi su campo, per cui non ho ancora un dato produttivo».
Prima della raccolta, comunque, più persone avevano stimato una produzione di circa 90 quintali/ha di granella. Non sono stati verificati particolari problemi se non alcune macchie di sorghetta che non possono essere diserbate. In fase iniziale, data la presenza minima e molto localizzata, c’è stato un intervento con la raccolta manuale, ma le infestanti graminacee restano un problema.
«Sono dell’avviso – aggiunge Trettenero – che il sorgo è un’ottima coltura da inserire in rotazione, presenta degli indubbi vantaggi. I pochi principi attivi autorizzati per il diserbo rappresentano un limite. Penso sia utile considerare già durante la stagione precedente alla semina quali siano gli appezzamenti con scarsa infestazione di sorghetta e, magari, pensare a delle tecniche di falsa semina con intervento disseccante di presemina in quanto il sorgo, se di primo raccolto, può essere seminato anche avanti nella stagione».
Sempre nel 2015 ha seminato in provincia di Venezia del sorgo bianco come erbaio estivo, copertura prevista dal regolamento PSR Veneto sulla semina su sodo, successivamente alla raccolta del frumento da granella.
«Il suggerimento l’ho avuto da Lorenzo Furlan di Veneto Agricoltura e devo dire che si è rivelato un buon consiglio. Il sorgo è nato bene e si è sviluppato fino alla formazione del panicolo. Il terreno non è irriguo e l’assoluta mancanza di piogge durante i primi mesi estivi dell’anno scorso è cosa nota. Come dettaglio agronomico direi che va seminato presto e, se lo si vuole trebbiare, concimato».
«Non ho ancora delineato i programmi definitivi per l’anno in corso» conclude. «Le incertezze in questo periodo sono molte e, prima della semina, devo verificare la presenza di un mercato che sia solvibile. Il ceroso è molto apprezzato dagli allevatori, ma il mondo allevatoriale sconta una forte crisi economica e finanziaria, per cui la vendita può rappresentare delle incertezze da tenere in considerazione. Purtroppo, la scarsa distribuzione sul territorio di un mercato recettivo della granella, alternativo alla vendita del ceroso o del pastone, resta un problema. Laddove presenti, gli impianti di digestione anaerobica possono rappresentare un mercato per il ceroso. In linea di massima, se la congiuntura di compravendita si concretizza posso immaginare di seminare da un minimo di 10 a un massimo di 40 ha, parte come secondo raccolto, parte come primo raccolto».
L’esperienza irrigua
Massimo Mainardi gestisce l’azienda della famiglia Colombarini della provincia di Ferrara. Si tratta di circa 2.500 ettari di cui lo scorso anno un centinaio è stato dedicato al sorgo da biomassa. L’azienda ha una centrale di biogas da un Mega cui destina il sorgo trinciato.
«Irrighiamo questa coltura col sistema pivot – dice Mainardi – e la produzione del 2015 è stata soddisfacente, oltre le 400 tonnellate ad ettaro. Naturalmente la parte del leone è fatta dal mais, ma anche il sorgo ha una certa importanza. I nostri terreni hanno punte tendenzialmente argillose e il sorgo vi si adatta bene. Anche nel 2016 dedicheremo una superficie analoga per alimentare il nostro impianto col trinciato».
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