Perché i distretti del cibo sono uno strumento utile per valorizzare il territorio e favorire le integrazioni intersettoriali fra le imprese. Ma anche l'autoconsumo e il funzionamento corale e armonico del territorio stesso a tutti i livelli dal punto di vista economico, ambientale, sociale e culturale, coinvolgendo anche altri soggetti non agricoli, pubblici e privati, e le popolazioni. Perché gli interessi delle grandi aziende agricole e di quelle piccole non sono in rotta di collisione. Perché il distretto biologico unico renderebbe le Marche la regione più green d'Italia, d'Europa e forse del mondo. I benefici indotti, in termini di differenziazione, notorietà e conseguente miglioramento dei prezzi di vendita, investirebbero tutte le imprese del territorio, con ricadute ampiamente positive sulle attività turistiche, ricettive e ricreative, che incrementeranno il consumo interno dei prodotti biologici del territorio valorizzandoli ancora di più. Questi, secondo l'imprenditore agricolo e presidente di Arca Bio Bruno Garbini, i principali motivi per cui il Distretto biologico unico che la Regione Marche ha intenzione di istituire è una buona idea.
Come noto la delibera della Regione ispirata dall'assessore all'Agricoltura Mirco Carloni ha sollevato molte critiche, da parte dei distretti del biologico già esistenti e dei piccoli produttori.
Basta polemiche, aderiscano tutti al nuovo distretto
«Basta con le polemiche – scrive Garbini in una lettera – la Delibera stabilisce che i Distretti biologici o Biodistretti che sono già stati costituiti pur in assenza di legislazione specifica, possono comunque aderire al costituendo Distretto biologico regionale. Si dia dunque vita a un comitato promotore per il Distretto biologico regionale che rappresenti tutte le componenti private e pubbliche che vogliano costituirlo, ma che sia messo in condizione di funzionare in maniera snella, efficiente ed efficace. Stessa cosa anche per tutte le altre tipologie, quante il territorio ne sente l'esigenza».