Lo studio del potere anticrittogamico degli elementi chimici si è sviluppato dopo l’impiego generalizzato, nella fitoiatria, del rame come antiperonosporico.
Tralasciando gli elementi come mercurio, nichel, cadmio ecc., risulta interessante analizzare l’efficacia e le possibili applicazioni nella difesa fitosanitaria dello zinco e del manganese, due metalli normalmente impiegati come microelementi nutrizionali nelle piante.
Metal defense hypothesis
Le ricerche sulla capacità anticrittogamica dello zinco sono numerose ed è forse l’unico metallo utilizzato come sostituto del rame nei momenti di mancanza di questo (es. durante le guerre mondiali).
Lo zinco è coinvolto nell’attivazione di vari sistemi enzimatici che regolano diversi processi fisiologici delle piante, insieme a meccanismi di difesa nell’interazione ospite-patogeno. Alcuni studi suggeriscono il ruolo dell’elemento contro diversi batteri fitopatogeni. Interessanti risultati sono stati ottenuti su Xanthomonas campestris pv. vesicatoria, Pseudomonas syringae pv. tomato, Xanthomonas axonopodis pv. glicynes ecc. Sui funghi fitopatogeni diversi autori riportano esperienze positive su Alternaria solani, Fusarium nel grano, Rhizoctonia ecc.
Nel settore della virologia, applicazioni fogliari di solfato di zinco sembrano avere una certa efficacia nel contenere le infezioni dei virus PVY e PLRV su patata.
Il manganese, come sale da nitrato, ha notevolmente ridotto la sporangiogenesi e la zoosporogenesi di Phytophthora nicotianae.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Ipotesi dei meccanismi di azione
Le piante sono continuamente attaccate da fattori di stress biotici come funghi, virus e insetti. Tuttavia, affinché l’infezione abbia successo, è necessaria un’interazione tra un ospite suscettibile e un agente patogeno virulento. Un ambiente favorevole è altresì indispensabile, come terzo fattore, per innescare il processo patogenetico (triangolo delle malattie).
Il clima, le proprietà del suolo, la competizione e l’attività umana sono gli elementi ambientali più importanti nel determinare l’intensità dell’attacco, oltre che il tipo di patogeno e la sua virulenza.
Le interazioni fra metalli-piante e patogeni possono essere molteplici, poiché piante e patogeni sono diversi nella loro sensibilità a carenze o tossicità di questi. Una prima ipotesi dell’efficacia dei metalli sui fitopatogeni è legata alla loro “dose tossica”. In definitiva, il metallo risulta più tossico per l’agente patogeno che per la pianta, ossia la dose tossica per il patogeno è molto più bassa di quella per la pianta.
Gli ioni metallici possono anche indurre reazioni di difesa e, talvolta, conferire una resistenza ai patogeni. È stato anche ipotizzato che alcuni metalli potrebbero stimolare la produzione di Ros, i quali agirebbero, poi, sia direttamente sui patogeni, sia come induttori di difesa nei complessi meccanismi endogeni. In definitiva, il metallo può ostacolare la virulenza dell’agente patogeno o dell’insetto e/o aumentare la resistenza della pianta al fattore di stress biotico.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Dalla teoria alla pratica
La difesa delle piante mediata da metalli è sicuramente interessante. Le problematiche relative ai prodotti fitosanitari, abbinate anche ai fenomeni di resistenza, impongono approfondimenti in questo nuovo settore, senza ignorare sicuramente le possibili interazioni ambientali legate alle caratteristiche intrinseche dei metalli stessi (tossicità e bioaccumulo dei metalli pesanti).
Le ricerche degli ultimi anni hanno messo in evidenza una serie di possibili applicazioni di alcuni microelementi nella difesa delle piante dai batteri, funghi e alcuni insetti. Le esperienze in corso hanno spesso dimostrato la loro efficacia e il loro possibile impiego, anche a dosaggi ridotti, in strategie complesse di difesa delle piante.
Saranno sicuramente necessarie ulteriori ricerche per ottimizzare e diminuire ulteriormente le dosi di applicazione e per approfondire seriamente gli aspetti ecotossicologici dei cationi metallici negli ecosistemi, ma quanto oggi già realizzato impone una conoscenza preliminare di questi argomenti fra gli addetti ai lavori.