Alternaria è un patogeno fungino tristemente noto agli agricoltori per le sue gravi conseguenze sulle produzioni agricole. Sopravvive nel suolo sottoforma di spora durante l’inverno e germina quando le condizioni ambientali diventano favorevoli (alta umidità e temperature fino ai 30 °C).
Questo fungo può contaminare le piante di pomodoro attaccando frutti, foglie, fusti e fiori. Sulle foglie dà luogo a caratteristiche macchie necrotiche ad anelli concentrici dalla forma irregolare, che limitano l’attività fotosintetica e indeboliscono la pianta.
Può ridurre le rese colturali anche dell’80%. Inoltre, produce micotossine: sostanze in grado di causare intossicazioni croniche e acute. Per proteggere i consumatori, nel 2022 la Commissione Europea ha adottato la Raccomandazione n. 2022/553, relativa al monitoraggio della presenza di micotossine di Alternaria su pomodori freschi e prodotti derivati.
In sintesi, Alternaria è già un problema concreto e potrebbe aggravarsi ulteriormente a causa del cambiamento climatico. La buona notizia è che un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha individuato una nuova biosoluzione in grado di contrastare lo sviluppo del fungo e la sua produzione di micotossine.
I risultati dello studio su pomodoro
La ricerca si è svolta nell’ambito del progetto Probiopom, interamente dedicato allo studio dei microrganismi utili per la difesa del pomodoro, finanziato dalla Regione Lombardia.
I risultati sono frutto di una collaborazione tra diversi colleghi dell’Università Cattolica: microbiologi (Edoardo Puglisi, Maria Elena Antinori, Gabriele Bellotti), patologi vegetali (Paola Giorni), chimici (Terenzio Bertuzzi) e agronomi (Andrea Fiorini).
Questi ricercatori hanno isolato dalle radici di piante di pomodoro alcuni batteri benefici che proteggono la coltura dallo sviluppo di Alternaria e inibiscono la produzione di micotossine. In particolare, integrando l’applicazione di microrganismi al seme con l’applicazione fogliare di un fungicida rameico a dose dimezzata, le rese colturali sono state paragonabili a quelle ottenute con il trattamento con il fungicida chimico a dose intera. Quindi, grazie al trattamento microbiologico è stato possibile dimezzare l’impiego del fungicida chimico, proprio come richiesto dalla strategia Farm to Fork del Green Deal europeo.
È interessante notare come questo traguardo sia stato raggiunto trattando una sola volta i semi di pomodoro con i microrganismi selezionati, quindi evitando trattamenti microbiologici fogliari (più costosi e impegnativi).
Il percorso di sperimentazione
Vediamo in che modo i ricercatori hanno ottenuto questi risultati. «Abbiamo iniziato la nostra ricerca campionando alcune piante di pomodoro da un’azienda agricola partner del progetto, operante in regime di coltivazione biologica, con un buon livello di fertilità del suolo e di sostanza organica», ha raccontato Puglisi.
«Abbiamo poi isolato dalle radici un centinaio di microrganismi, identificandoli e caratterizzandoli. Eliminati i patogeni, ci siamo focalizzati sui batteri e abbiamo effettuato dei test di laboratorio per quantificarne le proprietà biostimolanti (ad esempio, la capacità di solubilizzare il fosforo o di fissare l’azoto) e quelle di difesa (in particolare, la capacità di inibire la crescita di Alternaria in piastra)».
«La scelta di focalizzarci sui batteri benefici, tralasciando i funghi, è stata guidata dal desiderio di trovare un agente di difesa alternativo a Trichoderma», ha aggiunto Paola Giorni, ricercatrice dell’Università Cattolica specializzata in patologia vegetale. «Per quanto riguarda il patogeno, abbiamo testato tre specie di Alternaria che possono essere presenti simultaneamente sulle stesse piante di pomodoro e che producono micotossine: Alternaria alternata, Alternaria solani e Alternaria tenuissima».
«Nell’ultima fase della sperimentazione, l’efficacia dei consorzi microbici selezionati è stata testata sulle piante di pomodoro coltivate in vaso in pieno campo», ha continuato Giorni. «Abbiamo trattato microbiologicamente i semi una sola volta. Alcune piante non hanno subito nessun altro tipo di trattamento, mentre su altre è anche stato spruzzato un fungicida a base di rame a dose piena (100%) o dimezzata (50%).
Circa 40 giorni dopo la semina, a luglio, quando le condizioni ambientali erano favorevoli allo sviluppo di Alternaria, abbiamo inoculato artificialmente le piante con le tre specie del patogeno, usando una concentrazione di spore molto più elevata di quella necessaria a causare un’infestazione in campo» ha concluso la ricercatrice.
I risvolti applicativi
Nonostante i risultati incoraggianti, la sperimentazione è ancora nelle fasi iniziali e la commercializzazione di un prodotto fungicida a base di questi consorzi microbici è ancora piuttosto lontana.
Già oggi, però, è importante contestualizzare i dati ottenuti per immaginare i risvolti applicativi di questa tecnologia e i prossimi passi da effettuare. A tal proposito, Puglisi ha dichiarato: «Non è possibile immaginare la completa abolizione della protezione chimica delle colture, ma la protezione microbiologica può essere un valido approccio complementare per ridurre gli input chimici, come richiesto dal Green Deal della Commissione europea».
I prossimi passi
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