Pomodoro da industria, al Sud più ombre che luci

pomodoro da industria
Sull’esito della campagna di produzione e raccolta in Basilicata e Puglia hanno pesato prima la siccità e la scarsità o la mancanza di acqua irrigua, dopo le piogge e persino la grandine, infine i prezzi modesti e insufficienti, con rese basse, a recuperare almeno i costi di produzione. Si è salvato chi ha potuto contare su pozzi aziendali e non è stato colpito dalla grandine

In Basilicata e Puglia un gran numero di produttori di pomodoro da industria ha dovuto dibattersi tra una forte siccità che ha debilitato le piante e, a volte, scottato le bacche e la scarsità o mancanza di acqua irrigua, tra le forti piogge di settembre e grandinate distruttrici. Si è salvato chi ha potuto contare su pozzi aziendali e non è stato colpito dalla grandine. Ma su quasi tutti hanno pesato prezzi inferiori a quelli di riferimento fissati dall’accordo di metà giugno fra Op del Bacino Centro-Sud Italia e industrie di trasformazione, spesso insufficienti, con rese basse, a recuperare almeno i costi di produzione.

Pomodoro da industria nel nord della Basilicata

Mario Cardone
Mario Cardone

Nella Valle dell’Ofanto, che segna il confine fra il nord della Basilicata e la Puglia, quindi negli agri di Lavello e Gaudiano, è stata una campagna decisamente negativa, afferma Mario Cardone, agronomo di campo operante sul territorio.

«In questo areale hanno pesato molto la siccità e la scarsa disponibilità di acqua nella diga di Occhito, che, peraltro, da metà agosto non ha erogato più acqua irrigua. Le aziende hanno sofferto la scarsità o la mancanza di acqua, anche perché, non disponendo di propri pozzi, non hanno quasi potuto irrigare. Le rese sono state modeste, 600-700 q/ha, la qualità spesso scadente perché le bacche hanno accusato danni da scottature o da marciume apicale. Si sono salvati solo i pochi produttori che hanno potuto contare su un pozzo aziendale o hanno potuto attingere acqua dall’Ofanto».

Pomodori scottati
Pomodori scottati dalle temperature estive eccessivamente alte

Invece più a sud, negli agri di Palazzo San Gervasio, Venosa e Montemilone, l’annata è andata decisamente meglio.

«In questo territorio, mancando dighe o altri sistemi di accumulo dell’acqua, le aziende agricole sono storicamente dotate di pozzi che attingono da falde acquifere consistenti, sicché hanno potuto irrigare e resistere alla forte siccità estiva. Qua le rese sono state notevolmente più alte, quasi il doppio, 1000-1200 q/ha, e le bacche di buona qualità. Queste aziende, nonostante i maggiori costi sopportati per attingere l’acqua, hanno fatto reddito».

Tuttavia, nota Cardone, in entrambe le aree lucane coltivate a pomodoro da industria della tipologia lungo, che garantisce rese e prezzi un po’ più alti rispetto al tondo, i prezzi non sono stati quelli sperati.

«Ogni anno il prezzo reale lo determina il numero di camion davanti alle industrie: se c’è fila il prezzo cala, se non c’è fila il prezzo aumenta. Fino al 25 agosto il prezzo è oscillato su 12-14 centesimi di euro al chilogrammo, solo a settembre, quando le produzioni sono calate, è salito intorno ai 16 centesimi al chilogrammo, pari cioè al prezzo concordato per il pomodoro lungo».

In Capitanata rese molto variabili

Angelo Miano
Angelo Miano

Anche Angelo Miano, agricoltore foggiano, sottolinea che spesso il pomodoro da industria lungo è stato ritirato e pagato dalle industrie di trasformazione 14 €/q e persino meno, invece dei 16 €/q previsti dall’accordo siglato fra le parti. Lo evidenzia come fattore negativo dell’annata nel Foggiano, puntualizzando però che non è stato l’unico.

«Purtroppo la coltivazione del pomodoro da industria è stata impietosamente soggetta agli eventi climatici che si sono abbattuti sulla Capitanata la scorsa estate. Dapprima la siccità estrema, i cui effetti sono stati peggiorati dalla scarsa disponibilità di acqua nelle dighe e, da metà agosto, dalla chiusura della diga di Occhito, l’invaso più grande del territorio foggiano. La resa media è oscillata intorno agli 800-850 q/ha, ma è appunto una media fra chi non ha raccolto, chi ha strappato appena un autotreno, quindi 270 q/ha, e chi, potendo utilizzare pozzi aziendali, ha raggiunto persino 1400-1500 q/ha».

grandine
Gran parte del prodotto dei trapianti tardivi è stato distrutto da una violenta grandinata, insolita per periodo ed estensione

Infine, aggiunge Miano, gran parte del prodotto dei trapianti tardivi è stato distrutto dalle piogge di settembre e, soprattutto, da una violentissima grandinata, insolita per periodo ed estensione, che il 19 settembre ha squassato pomodoro da industria, ortaggi, olivi e viti da Lucera a Foggia, proseguendo sotto il Gargano fino a Manfredonia. «Quel poco di pomodoro che si è salvato adesso si sta cercando di destinarlo alla produzione di concentrato. È vero che le aziende produttrici di pomodoro sono tutte assicurate, ma il danno supera il risarcimento, tenendo conto degli elevati costi di produzione».

Parallelamente all’instabile andamento climatico, anche quello dei prezzi si è rivelato vacillante, rileva Miano.

«Fino a tutto agosto si sono registrati prezzi abbattuti fino a 13 o 12 €/q, anche sul pomodoro di qualità migliore. Solo a settembre, quando il prodotto ha cominciato a scarseggiare, il prezzo si è ripreso, fino a toccare addirittura punte di 18-20 €/q per il tondo, cercato anche da industrie di trasformazione settentrionali, poiché nel Nord Italia le piogge intense hanno distrutto gran parte delle coltivazioni».

Pomodoro da industria, al Sud più ombre che luci - Ultima modifica: 2024-09-25T12:58:39+02:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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