Ho conosciuto Chuck Obern durante una delle mie trasferte in Florida, mentre ero alla ricerca di un agricoltore disposto ad affittare un terreno appena acquisito dalla società per cui lavoravo all’epoca. Chuck era il proprietario dell’azienda agricola confinante e sembrava il candidato ideale per subentrare nella gestione della nuova proprietà. Il nostro primo incontro avvenne durante il pranzo nella sua azienda, dove ogni giorno offre un pasto caldo a tutti i suoi operai. Fu l’inizio di un rapporto di fiducia. Poco dopo, riuscimmo a concludere l’accordo per l’affitto del terreno.
Sono tornato a trovare Chuck di recente, convinto che una conversazione con lui fosse il modo migliore per capire non solo le difficoltà, ma anche le opportunità che oggi hanno gli agricoltori negli Stati Uniti (avevamo anche acquistato un’altra proprietà a pochi chilometri da Chuck, per cui speravo che fosse interessato all’affitto). E ho pensato di cominciare proprio da lui, uno degli agricoltori orticoli più a sud di tutti, che coltiva letteralmente al confine delle Everglades.
Le origini di un agricoltore “curioso”
Chuck, come hai cominciato la tua avventura in agricoltura?
«Sono nato a Takoma Park, nel Maryland, ma la mia famiglia si è trasferita in Brasile quando avevo quattro anni. A otto anni ci siamo trasferiti a Pittsburgh, poi a Kuala Lumpur all’età di 12 anni, e infine a L’Aia, nei Paesi Bassi, quando ne avevo 15. Mio padre lavorava per il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, e più tardi nella sua carriera divenne professore di Scienze Politiche presso l’American University di Washington D.C. Tornai a Pittsburgh a 16 anni e mi iscrissi alla North Allegheny High School. La curiosità mi ha spinto fin da ragazzo, quando in Pennsylvania curavo l’orto di casa per mia madre. Coltivavo peperoni, pomodori, ortaggi. Mi sembrava qualcosa di interessante, impegnativo ma appassionante. Poi, durante l’università, cominciai a lavorare in un vivaio in Florida. Il salario era modesto, ma la passione cresceva. Così lasciai l’American University di Washington D.C. e mi trasferii all’Università della Florida, dove completai una laurea in produzione orticola.
Dopo alcune esperienze con aziende agricole locali come Duda & Sons e Speedling, nel 1986 decisi di mettermi in proprio. Iniziai con appena tre ettari a Immokalee, un centro situato nel cuore agricolo della Florida meridionale. Oggi, C&B Farms è cresciuta fino a superare i 1.000 ettari, dove coltiviamo circa 40 varietà di ortaggi ed erbe aromatiche: fagiolini, melanzane, cavolo cinese a coste (bok choy), cavoli, peperoni, ravanelli, basilico, rosmarino, salvia, coriandolo, mais dolce, e tante altre. Una parte è certificata biologica, il resto segue comunque pratiche sostenibili. Tutto viene venduto prima ancora che i semi tocchino il suolo. I nostri clienti includono nomi importanti della Gdo come Publix, Winn-Dixie e Walmart».

Biologico, innovazione e resilienza
Sei stato uno dei pionieri dell’agricoltura biologica in Florida del Sud.
«Ho iniziato nel 2006. Oggi, quasi un terzo della mia azienda è certificato biologico. Ma è tutt’altro che semplice. I terreni sabbiosi della Florida sono poveri di nutrienti, e bisogna compensare continuamente. Inoltre, il clima sub-tropicale della Florida, caldo e umido, favorisce insetti e malattie fungine. Utilizziamo cover crop e compost derivato dalla lettiera di un vicino ippodromo di Wellington. I costi sono alti e il rischio anche: senza fitofarmaci o diserbanti, tutto va gestito con precisione, manualmente o con attrezzature dedicate. Però il biologico ti rende un agricoltore migliore: ti obbliga ad anticipare i problemi e a cercare soluzioni naturali, sfruttando al massimo le risorse disponibili».
A cosa attribuisci il tuo successo?
«Alle persone che mi hanno sostenuto lungo il percorso. Ad esempio, negli anni ’90, ricevetti un contratto da Pace Foods, produttrice di salse piccanti in Texas, Texas Pete. Avevo una piccola azienda agricola e coltivavo peperoncini jalapeños. Loro ne avevano bisogno in grandi quantità e mi proposero un contratto da 3 milioni di libbre (oltre 1.300 tonnellate), che richiedeva circa 80 ettari. Non avevo capitale, solo 5 trattori (di cui tre sempre rotti), ma Pace mi diede una lettera di credito che copriva i costi. Quella fiducia fu fondamentale. Da lì partì la mia crescita. La fortuna aiuta, certo, ma servono anche amici, colleghi, clienti che credono in te».

La manodopera e il programma H-2A
Come gestisci oggi la manodopera, un tema caldo anche in Europa?
«In passato avevamo fino a 400 lavoratori, molti dei quali privi di permesso. Dopo le nuove leggi e le difficoltà nel trovare personale, nel 2018 iniziai a usare il programma H-2A per assumere legalmente manodopera dal Messico. È costoso: ogni lavoratore ci costa circa 22 dollari/ora tra salario (16,23 $), alloggio, trasporti e ispezioni. Per essere efficienti, abbiamo sviluppato un sistema digitale interno per monitorare la produttività, usando etichette con codici a barre per ogni cassa raccolta. Abbiamo anche due programmatori che gestiscono le applicazioni e i rapporti giornalieri. Questo ci ha permesso di migliorare l’efficienza: anche se i salari sono aumentati, il costo totale della manodopera è rimasto stabile. Attualmente ospitiamo circa 350 lavoratori H-2A. Il mio libro paga durante la stagione di raccolta è di mezzo milione di dollari la settimana. Ovviamente questo programma si basa sul fatto che i lavoratori possano risiedere legalmente negli Stati Uniti per un periodo massimo di dieci mesi, dopodiché devono rientrare in Messico ogni anno. In genere si trovano bene e molti di loro tornano a lavorare con me di anno in anno, già pienamente familiari con le operazioni in campo».
Per arginare il costo della manodopera, e dal momento che è un innovatore, Chuck Obern è stato contattato da quattro aziende specializzate in robotica per testare le loro attrezzature nella sua azienda. Le tecnologie proposte includono:
- bruciatori a Gpl (controllo termico): utilizzano calore intenso, generato da propano o altre fonti, per danneggiare o uccidere le infestanti senza ricorrere a prodotti chimici;
- robot con laser: dotati di sistemi di visione artificiale e machine learning per individuare le infestanti e colpirle con fasci laser ad alta energia, distruggendone i tessuti;
- robot meccanici: impiegano lame, erpici o sarchiatrici di precisione per estirpare o interrare le infestanti, anche tra le file. Anche questo tecnologia è dotata di sistemi di visione artificiale per individuare le infestanti;
- robot per micro-dosaggio di erbicidi naturali: applicano con precisione erbicidi ammessi in agricoltura biologica (es. acido acetico, olio di chiodi di garofano) solo sulle infestanti, riducendo sprechi e impatto ambientale.

Convivere con gli Everglades
Coltivi ai margini delle Everglades, una delle zone ecologicamente più sensibili al mondo. Come hai affrontato la regolamentazione ambientale?
«Il problema principale è lo scarico di fosforo, regolamentato dall’Everglades Forever Act. I limiti sono severi, 10 ppb (parti per miliardo) di concentrazione di fosforo nelle acque reflue di drenaggio. Negli anni 2000, durante i tavoli tecnici, contestai questa base e riuscii a far modificare il modello statistico di riferimento, ottenendo un aumento delle quote di scarico consentite. Oggi adottiamo pratiche di gestione (Bmp) rigorose: campionamenti del suolo, fertilizzazione a dose variabile, bacini di ritenzione idrica per raccogliere le acque di drenaggio (che riducono il carico di fosforo del 65%), canali inerbiti e sistemi di trattamento con solfato di alluminio per trattare l’acqua prima che entri nei canali pubblici. Collaboriamo con i regolatori, ma siamo pronti a difendere la razionalità scientifica quando serve.
Chuck Obern è stato nominato “agricoltore dell’anno” per la Florida, grazie alla sua dedizione, curiosità e capacità di innovare. Partito senza terra né capitali, è oggi un esempio di agricoltura moderna, sostenibile e competitiva. Coltiva ai margini delle Everglades, ma è al centro delle sfide che l’agricoltura globale dovrà affrontare: ambiente, manodopera, tecnologia e mercati in evoluzione.










