Il greening o pagamento ecologico, precisamente definito come “pagamento per le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente”, è uno degli aspetti più controversi della nuova Pac.
I triloghi, che inizieranno l’11 aprile 2013 (tab. 1), avranno grandi difficoltà a trovare un accordo su questo punto, visto che le tre Istituzioni comunitarie (Commissione europea, Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea) hanno formulato proposte molto diverse.
La Commissione europea ha formulato la proposta di greening più rigido e vincolistico; il Parlamento europeo (PE) ha rivoluzionato la proposta della Commissione, proponendo un greening molto più leggero; il Consiglio ha assunto una posizione intermedia.
30% dei pagamenti
L’unica certezza – comune a tutte le tre Istituzioni – è che il greening avrà una dotazione finanziaria fissa del 30%, uguale per tutti gli Stati membri. Questo forma di pagamento sarà erogata annualmente per ettaro ammissibile di superficie agricola.
Il pagamento annuale sarà calcolato dividendo l’importo, risultante dall’applicazione del 30% del massimale nazionale o regionale, per il numero di ettari ammissibili a livello nazionale o regionale.
Tenendo conto del budget disponibile, si può stimare che per l’Italia questo pagamento possa attestarsi sui 90-100 €/ha.
Gli agricoltori hanno diritto al pagamento ecologico se percepiscono il pagamento di base e se rispettano sui loro ettari ammissibili tre pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente:
1) diversificazione delle colture;
2) mantenimento dei prati permanenti;
3) presenza di aree di interesse ecologico.
Le pratiche agricole vanno rispettate congiuntamente.
Diversificazione
Per la Commissione, quando le superfici a seminativo superano i 3 ha, gli agricoltori dovranno prevedere tre tipi di colture nella loro azienda. Ognuna delle tre colture non superare il 70% della superficie a seminativo e deve interessare almeno il 5% della superficie a seminativo.
Per il Parlamento europeo, la diversificazione delle colture a seminativo sarà più morbida, e prevede:
- almeno due colture per le aziende la cui superficie a seminativo è compresa tra 10 e 30 ha, nessuna delle quali copra più dell’80% della superficie a seminativo;
- per le aziende oltre i 30 ha a seminativo, le colture saranno almeno tre, con la coltura principale che copre fino al 75% della superficie e le due colture principali occupano insieme fino al 95%.
Quindi fino a 10 ettari a seminativo, l’agricoltore non ha obblighi di diversificazione.
Per il Consiglio, la diversificazione delle colture prevede:
- almeno due colture se la superficie a seminativo è compresa tra 10 e 30 ha, nessuna delle quali copra più del 75% della superficie a seminativo;
- se le superfici a seminativo occupano oltre 30 ha, le colture saranno almeno tre, con la coltura principale che occupa fino al 75% della superficie e le due colture principali occupano insieme fino al 95%.
Anche per il Consiglio, fino a 10 ettari a seminativo, l’agricoltore non ha obblighi di diversificazione.
Sono previste alcune deroghe, in cui non è obbligatoria l’applicazione della diversificazione delle colture (tab. 2).
Le conseguenze della diversificazione
Le modifiche apportate alla diversificazione, da parte del PE e del Consiglio, rendono la sua applicazione molto più gestibile.
Infatti, la diversificazione delle colture potrà essere rispettata agevolmente nelle aziende agricole a seminativo di medio-grandi dimensioni che normalmente praticano tre colture.
Le aziende fino a 10 ettari a seminativo saranno sicuramente esonerate dall’obbligo di diversificazione; su questo punto c’è pieno accordo, quindi viene evitato un inutile vincolo per le piccole aziende.
I problemi sorgono per le aziende (sopra 10 ettari) monoculturali o specializzate a mais, a grano duro, pomodoro, tabacco, ecc., che dovranno introdurre nuove colture per rispettare il greening oppure dovranno rinunciare al pagamento ecologico.
Prati e pascoli permanenti
Per la Commissione, gli agricoltori dovranno mantenere le superfici adibite a prati e pascoli permanenti. In altre parole, le superfici a prati e pascoli permanenti non possono essere trasformate in seminativi.
All’opposto, ci sono dei limiti nella trasformazione dei seminativi a prati e pascoli permanenti: gli agricoltori sono autorizzati a convertire non oltre il 5% delle loro superfici di riferimento a prato permanente.
Per il Parlamento europeo, il vincolo del mantenimento dei prati e pascoli permanenti non sarà attuato a livello aziendale, ma a livello nazionale o regionale. In questo modo, l’agricoltore avrà una maggiore elasticità.
Per il Consiglio, il vincolo del mantenimento dei prati e pascoli permanenti sarà attuato a livello aziendale, ma viene data maggiore elasticità agli Stati membri che non hanno diminuito le superfici a pascolo permanente o che hanno un sistema di monitoraggio (tab. 2).
Questa norma sui prati e pascoli permanenti è molto importante per i Paesi del nord ed est Europa, dove ci sono rischi di riconversione dei pascoli di seminativo. Per l’Italia, il rispetto di questa norma non desta particolari difficoltà, anche se deve essere applicata con la debita attenzione.
Aree di interesse ecologico
Il vincolo delle aree ecologiche (ecological focus area – Efa) è stato l’aspetto più discusso e controverso del greening.
Per la Commissione, gli agricoltori dovranno dedicare almeno il 7% della loro superficie agricola per scopi ecologici, escluse le aree usate per i prati permanenti. Quindi sia i seminativi che le colture permanenti legnose devono destinare il 7% della superficie agricola per scopi ecologici.
Sono considerati terreni a scopi ecologici: i terreni a riposo, le terrazze, elementi caratteristici del paesaggio, le fasce tampone, le superfici oggetto di imboschimenti nell’ambito dei Psr.
Per il Parlamento europeo, le Efa sono obbligatorie per le aziende con più di 10 ettari di Sau.
Oltre i 10 ettari, gli agricoltori dovranno dedicare alle Efa almeno il 3% degli ettari ammissibili fino al 2015; tale percentuale sale al 5% dal 2016.
La percentuale si applica agli ettari ammissibili esclusi i terreni a prati permanenti, pascoli permanenti e colture permanenti. Quindi tutte le colture arboree agrarie (oliveti, frutteti, vigneti, agrumeti, ecc.) sono esentati dalle Efa. Sono ampliati i tipi di situazioni in cui i terreni sono considerati Efa (tab. 2).
Inoltre gli agricoltori possono utilizzare un’area Efa per la produzione senza applicare pesticidi e fertilizzanti. In altre parole, sulle superfici Efa si può coltivare (es. erba medica) senza agrofarmaci e fertilizzanti.
Per il Consiglio, le aree di interesse ecologico si applicano al di sopra di 15 ettari, dal 2014 al minimo il 3%; la percentuale è aumentata al 5% nel 2016 e al 7% nel 2018, su valutazione di impatto della Commissione europea.
Sono ampliati i tipi di situazioni in cui i terreni sono considerati Efa (tab. 2).
Le conseguenze delle Efa
La proposta della Commissione era molto impattante per le aziende agricole ad agricoltura specializzata sia al nord che al centro-sud Italia. Un’azienda interamente seminata doveva sottrarre il 7% della superficie per fasce tampone o set-aside ecologico. Analogamente un’azienda a oliveto, vigneto o frutteto, esclusi di quelli di valore paesaggistico, doveva destinare il 7% ad aree ecologiche.
Le proposte del PE e del Consiglio rendono il vincolo molto più elastico. Per il PE, tutte le colture arboree sono esentate dalle Efa. Inoltre i terreni a colture che fissano l’azoto e le coltivazioni senza applicare pesticidi e fertilizzanti sono considerate Efa
Agricoltori biologici e aree Natura 2000
Gli agricoltori biologici avranno automaticamente diritto a percepire la componente ecologica dei pagamenti, senza essere sottoposti a ulteriori obblighi, dati i benefici ambientali prodotti dai metodi di agricoltura biologica.
Allegati
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