Biocontrollo, ecco come e perché si può fare

Strategie applicative e nuovi orizzonti sono stati al centro del convegno organizzato per il lancio di Trichoderma by Isagro

Le enormi potenzialità, ma anche le grandi complessità, del biocontrollo con il fungo Trichoderma sono state al centro del convegno organizzato venerdì scorso al Museo Ducati di Bologna dal gruppo milanese Isagro. La buona notizia è che a disposizione di agricoltori e tecnici ora c’è Trichoderma by Isagro, il marchio che caratterizza i prodotti (RadixSoil, EcofoxLife, BioCross e ActiVite), contenenti ceppi antagonisti di Trichoderma, di elevata qualità e garantiti sotto ogni profilo.

Come ha ricordato Claudio Aloi si tratta del brevetto Isagro per due ceppi italiani di Trichoderma naturalmente presenti nei terreni agrari: T. asperellum e T. gamsii e il brand identificherà per tutti i formulati il medesimo principio attivo.
La formulazione è polvere bagnabile con alta concentrazione di spore quiescenti dei due isolati in percentuali garantite (2% di ogni ceppo), e associa le caratteristiche biologiche del principio attivo con praticità, conservabilità e sicurezza dell’operatore.

Tra le proprietà di Trichoederma by Isagro, illustrate da Riccardo Liguori, la decisa attività saprofitaria, la forte capacità competitiva, l’enorme produzione di conidi, la rapidità di sviluppo, l’adattabilità (ampio range di temperature e ambienti), la capacità di trarre carbonio e azoto da differenti substrati: «Entrambi i ceppi di Trichoderma mostrano capacità di crescita in presenza della maggior parte di fungicidi utilizzati alle dosi di campo».


Trichoderma spp. ha evidenziato effetti antagonisti su almeno 18 generi e 29 specie di funghi fitopatogeni, oltre a batteri fitopatogeni. In generale, funghi tellurici come: Rhizoctonia solani, Sclerotinia spp., Sclerotium rolfsii, Thielaviopsis basicola, Verticillium spp., Fusarium oxysporum, F. fujikuroi, F.culmorum, F. graminearum, Phytophthora spp., Pythium spp., Phomopsis spp., Armillaria spp., Rosellinia spp. E' nota inoltre l’attività di controllo su muffa grigia (B. cinerea), mal dell’esca ed altre fitopatie fogliari fungine.

Una macchina sorprendente, ma difficile da guidare

Ma partiamo dall’inizio, cioè dall’intervento di Vittorio Rossi, dell’Università del Sacro Cuore di Piacenza, che ha acceso i riflettori sul Trichoderma. Come? Innanzitutto, introducendo il concetto di nicchia ambientale, vale a dire le condizioni necessarie per la presenza di una specie e il mantenimento della sua popolazione (crescita nulla – minimale – marginale – considerevole – massimale). Un concetto imprescindibile per impostare il biocontrollo di un patogeno con un agente (Bca) e utile a combinare le condizioni di temperatura e umidità in cui le due specie interagiscono, anzi il maggiore intervallo di possibile di interazione.

La gestione, dunque, è complessa, ma viene in soccorso un modello matematico che permette di spaziare tra tanti meccanismi di azione dell’agente di controllo, timing e condizioni ambientali. E tra i “nota bene” di Rossi, c’è sicuramente da sottolineare questo: «Le esigenze ambientali del Bca giocano un ruolo prevalente sull’efficacia del controllo e contano per più del 90% della variabilità delle simulazioni».

La complessità, poi, è tornata nelle conclusioni di Rossi. «Parliamo – ha spiegato – di prodotti di grande interesse sia in biologico che in produzione integrata per strategie anti-resistenza, tempi di carenza e profilo tossicologico, ma servono maggiori conoscenze su meccanismi d’azione, efficacia e persistenza d’azione, condizioni d’impiego, inserimento nella strategia di difesa. Serve, però, il trasferimento efficace: il prodotto giusto, al momento giusto, in rapporto al target, alla strategia di difesa e alle condizioni ambientali».

A forte “vocazione pratica” la tavola rotonda che è seguita a cui hanno partecipato Massimo Dal Pane di Isagro, Stefano Di Marco (Cnr Bologna), Andrea Minuto (Cersaa Albenga), Riccardo Bugiani (Sfr Emilia Romagna), Massimo Blandino (Università di Torino), Alessio Marletta (Sis) e Leandro Previsdomini (Vigorplant).

Da sinistra: Dal Pane, Di Marco, Minuto, Bugiani, Blandino, Marletta, Previsdomini

Perché si è parlato degli impieghi consolidati di Trichoderma (su colture orticole, floreali, vivaismo), di mal dell’esca e peronospora della vite, dell’azione preventiva (perché colonizza le ferite, forma uno scudo che previene la diffusione del parassita), dell’azione come biostimolante e induttore di resistenza, dell’applicazione nella IV gamma. Ancora, i risultati delle sperimentazioni frutticole in campo e test: oltre che su maculatura del pero, su fusicocco del pesco, ma anche sulle colture erbacee, compresi i cereali e le colture da olio.
Le nuove acquisizioni della biologia e i nuovi scenari regolatori aprono spazi per numerosi ulteriori campi di impiego. E, come ha detto Previsdomini, «la ricerca, la pratica e l’industria devono lavorare insieme per guidare insieme questa moto. Scambiarsi risultati, fare prove per capire come pilotarla. Lo scetticismo esiste ancora, ma rispetto ad anni fa uno spiraglio ce lo abbiamo».
Un ultimo spunto, poi, dalle considerazioni di Dal Pane: «Di fronte ad agenti di biocontrollo di tale complessità, il ruolo del tecnico sarà valorizzato e diventerà fondamentale. E, non meno importante, il futuro della difesa starà sempre più nella strategia globale, dalla genetica e il seme, alla lavorazione terreni: tutti i sistemi e gli agenti biocontrollo vanno inseriti in questa strategia».

Biocontrollo, ecco come e perché si può fare - Ultima modifica: 2019-11-25T08:00:34+01:00 da Raffaella Quadretti

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