L’escoriosi della vite o necrosi corticale è una malattia crittogamica che risulta più dannosa negli areali viticoli caratterizzati da condizioni climatiche più fresche e da intense piogge primaverili.
La malattia colpisce tutti gli organi vegetali della pianta, manifestandosi essenzialmente sui tralci, anche se i sintomi sui grappoli possono essere visibili proprio in fase di raccolta.
Il fungo Diaporthe ampelina, inizialmente noto come Phomopsis viticola, sverna sotto forma di picnidi nella corteccia oppure come micelio nelle gemme della base dei tralci.
La gravità delle epidemie dipende imprescindibilmente dall’inoculo dell’anno precedente. Fin dalla rottura gemme, in corrispondenza di elevata umidità relativa, liberano le spore che vengono trasportate dall’acqua verso i giovani germogli più prossimi.
La massima suscettibilità della pianta si ha quando i germogli misurano da 3 a 10 cm di lunghezza. Anche se le infezioni sono possibili durante tutto il periodo vegetativo l’attività del fungo diminuisce drasticamente in estate.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
Abbonati e accedi all’edicola digitale
I sintomi
I sintomi che si presentano a partire dall’estate per arrivare fino alla raccolta sono il risultato di infezioni che si originano in primavera.
In questa stagione le infezioni sulle foglie causano alla base del lembo e sulle nervature delle macchie clorotiche circolari mentre il centro appare imbrunito. In presenza di forti attacchi, le foglie colpite disseccano rapidamente partendo dall’attaccatura del picciolo e cadono, mentre contemporaneamente, gli acini e il rachide tendono ad appassire. All’inizio dei primi caldi estivi, i giovani germogli, i rachidi cominciano a mostrare piccole tacche clorotiche, scure al centro, che si allargano progressivamente formando necrosi nerastre e allungate, lunghe da 0,2 a 5 cm, isolate o confluenti, localizzate prevalentemente nella zona dell’internodo.
Intorno alle gemme si notano imbrunimenti che possono estendersi fino agli internodi e sui quali, in seguito, compaiono i picnidi del fungo, piccoli corpiccioli nerastri (organi di fruttificazione del fungo). Sui grappoli infetti, dopo l’invaiatura, gli acini colpiti assumono una colorazione blu-violacea, mentre sull’epidermide possono in qualche caso, comparire i picnidi nerastri disposti in cerchi concentrici. Col tempo le piante si indeboliscono, producendo meno, mentre parti o ceppi interi della pianta possono morire.
Le misure agronomiche
Dato che la disseminazione naturale delle spore risulta limitata, la principale via di diffusione della malattia avviene con i sovrainnesti, mentre nei nuovi vigneti il patogeno viene trasmesso alle barbatelle in vivaio con le marze ottenute da sarmenti infetti.
Quindi, le misure agronomiche per contrastare la malattia sono:
- Utilizzare, al momento dell’impianto, materiale esente da P. viticola;
- Non eccedere nelle concimazioni azotate per evitare un eccessivo rigoglio vegetativo;
- Coprire i tagli di potatura più importanti con mastici cicatrizzanti addizionati a fungicidi;
- Ricostituire o al limite sostituire i ceppi gravemente colpiti. Recuperare gradualmente i ceppi malati, potando molto le viti ammalate cercando di eliminare il legno colpito;
- Evitare di trinciare e interrare i residui della potatura, ma asportarli e bruciarli.
Lotta chimica
Gli interventi chimici, con folpet, mancozeb, metiram, o pyraclostrobin+metiram, danno buoni risultati se effettuati all’inizio della fase vegetativa, prima delle piogge infettanti.
Di solito sono sufficienti due trattamenti con prodotti di copertura, allo stadio di gemma cotonosa - punte verdi e quando i getti misurano circa 5 cm. Nei casi di forti attacchi o condizioni particolarmente piovose, si può prevedere un terzo intervento spesso in coincidenza del primo trattamento antiperonosporico.
In agricoltura bio si può intervenire con 3-4 trattamenti con zolfo bagnabile a distanza di circa 10 giorni.