La lotta contro i nematodi diventa genomica

Forme di resistenza (clamidospore) e ifa con conidiofori del fungo Pochonia chlamydosporia (foto A. Ciancio)
Si allontana sempre di più il ricorso alla chimica di sintesi. Largo alle tecniche alternative, dalla biofumigazione al gene editing

La biodiversità dei microrganismi del terreno è molto elevata, nell’ordine di alcune migliaia di specie per grammo. I nematodi, che sono il gruppo di invertebrati più numeroso al mondo dopo gli insetti, svolgono un ruolo molto importante nell’ambito dei complessi ecosistemici, ma non sono ancora sufficientemente conosciuti.

«Non prestiamo molta attenzione a queste specie», afferma Barbara Manachini, presidentessa della Società Italiana di Nematologia (Sin), «e spesso ce ne occupiamo solo quando osserviamo i patogeni delle piante. I nematodi parassiti delle piante si stima siano circa il 10%. Tuttavia, su scala mondiale, causano danni significativi all’agricoltura, specialmente nei sistemi colturali intensivi».

Gli areali di diffusione si ampliano

I nematodi galligeni del genere Meloidogyne, per esempio, sono il gruppo economicamente più importante tra i nematodi fitoparassiti e causano perdite di produzione su pomodoro a livello mondiale del 20,6%. «In particolare», spiega Giada d’Errico, ricercatrice indipendente napoletana, «le specie M. arenaria, M. javanica e M. incognita sono molto diffuse nelle aree tropicali e subtropicali, ma alla luce dei cambiamenti climatici stanno ampliando il loro areale di diffusione verso nord e verso quote più elevate. In particolare, preoccupa l’introduzione di M. enterolobii, originaria della Cina: ha una larga cerchia di piante ospiti ed è in grado di rompere la resistenza a importanti cultivar di pomodoro e altre specie nelle quali è stato introdotto il gene della resistenza. In Europa, per l’innalzamento della temperatura, potrebbe fare gravi danni non solo nelle zone a clima tropicale e subtropicale, ma anche in quelle temperate».

«Un’altra specie da non sottovalutare è Ditylenchus dipsaci, dannoso su aglio, carota, cipolla, fava eccetera, su buona parte del territorio nazionale. Danni di una certa rilevanza sono arrecati alle solanacee, e in particolare alla patata, dai nematodi cistiformi Globodera rostochiensis e G. pallida, la cui presenza spesso è associata. Anche queste specie sembrano regredire, in quanto vengono impiegati frequentemente per la semina, anche in maniera del tutto involontaria, tuberi dotati di una certa resistenza. Sono molto gravi, invece, i danni arrecati alla carota, soprattutto nel Fucino e nel Maccarese, da un’altra specie cistiforme, Heterodera carotae, e più limitatamente, soprattutto su pisello, da H. göettingiana».

Uova di Meloidogyne e spore infettive di Pasteuria penetrans attaccate alla cuticola di una larva mobile (foto A. Ciancio)

Controllo chimico

Storicamente, i migliori risultati di contenimento dei nematodi sono stati ottenuti con i mezzi chimici, soprattutto mediante i fumiganti. Nel tempo, questo utilizzo ha fatto registrare ricadute sfavorevoli causate soprattutto da applicazioni smodate che avevano l’unico obiettivo di conseguire una produzione garantita ed economicamente vantaggiosa.

«A oggi, l’arma chimica ha subito un drastico arresto», spiega Francesco Paolo d’Errico, membro del Consiglio direttivo del Sin.

«Sono pochi i formulati rimasti in commercio e non si intravedono, in futuro, prospettive riguardo l’introduzione sul mercato di presidi fitosanitari meno impattanti. I fumiganti in vita con azione primaria fungicida sono solo tre (dazomet, metam sodio e metam potassio), utilizzabili fino al 2025 e ogni tre anni sullo stesso terreno con dosaggi ridotti».

«Fino al 2023, in virtù dell’art. 53, per i nematodi si è potuto utilizzare l’1,3D (1,3 dicloropropene), che ha un’azione primaria nematocida, ma solo su un limitato numero di colture e per un limitato periodo di tempo. Per i presidi fitosanitari non fumiganti sono rimasti in vita il fosthiazate con scadenza 2023 e il fluopyram con scadenza nel 2025. Con tali prospettive aumenta la necessità di ricercare valide alternative di controllo che fanno tendere sempre più verso un’integrazione di mezzi (lotta integrata) che non può essere generalizzata, ma studiata e applicata a livello sartoriale sulla base delle specifiche situazioni aziendali non dimenticando le buone pratiche agricole».

Galle di Meloidogyne hispanica (foto A. Troccoli)

Controllo integrato e biofumigazione

L’approccio integrato può essere utile, ma il controllo chimico e quello biologico possono non risultare compatibili per i nematodi fitoparassiti. Questo perché i mezzi chimici limitano la fonte di nutrimento degli antagonisti biologici, che spesso sono molto specifici e agiscono su un arco temporale più lungo di quello dei fitofarmaci.

È quindi necessario un approccio gestionale basato più sulla conoscenza e sull’informazione. «In questo quadro», afferma Silvia Landi, del Centro di ricerca difesa e certificazione del Crea di Firenze, «la biofumigazione con farine o pellet di semi di brassicacee quali Brassica juncea e Brassica carinata è sempre più utilizzata perché permette una buona soppressione dei nematodi fitoparassiti (tra il 70 e l’80%) a cui va aggiunto un apporto anche di sostanza organica pari al 6%. A oggi, è stato poco studiato l’impatto che questa pratica può avere a livello ambientale. In questo contesto, sono state ottenute le prime risposte da una prova condotta a Bologna su una coltivazione di pomodoro in serra su suolo infestato naturalmente da Meloidogyne incognita. Il trattamento biofumigante è stato confrontato alla biofumigazione chimica con Metham-Na, la somministrazione di sola sostanza organica (farina di girasole) e il trattamento con sola acqua».

Confermando il buon controllo dei nematodi galligeni e la buona crescita delle piante, è stato constatato che la biofumigazione ha rappresentato il miglior compromesso anche a livello ambientale, perché ha mantenuto una sufficiente struttura della comunità dei nematodi liberi.

Infatti, sebbene tutti i trattamenti testati abbiano avuto un impatto negativo, la popolazione dei nematodi liberi non è stata quasi azzerata (come nel caso del fumigante chimico) e la scarsa presenza di stadi giovanili di M. incognita non ha generato fenomeni di dominanza impedendo lo sviluppo dei nematodi liberi. Invece, l’apporto di sostanza organica ha aumentato il gruppo trofico dei nematodi fungivori.

Meloidogyne hispanica (foto A. Troccoli)

Identificazione delle specie

Nella gestione delle infestazioni, un aspetto da non trascurare è la corretta identificazione della specie, che permette di ricercare varietà o cultivar resistenti (se presenti) o piante che dimostrano una certa tolleranza al parassita.

«Analisi morfologiche e molecolari», spiega Alberto Troccoli, Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr di Bari, «ci hanno permesso d’identificare specie aliene di nematodi galligeni e non solo. L’importanza di una identificazione corretta e il più possibile rapida permette di pianificare strategie di controllo mirate, efficaci ed ecosostenibili».

Meloidogyne enterolobii e M. incognita (foto A. Troccoli)

Microrganismi utili

Esistono oggi sul mercato alcuni prodotti commerciali basati su microrganismi come Paecilomyces lilacinus o su estratti vegetali tra cui quello di aglio. «Abbiamo rinvenuto in Italia batteri nematofagi», spiega Aurelio Ciancio, dirigente di ricerca, Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr di Bari, «che al momento sono oggetto di studio. Questi batteri manifestano di frequente elevata specificità e dipendenza dall’ospite, da cui deriva una complicazione nella produzione su larga scala».

Tra le tecnologie innovative, può venire in aiuto anche il gene editing, una nanotecnologia che permette di eliminare e sostituire il Dna contrastando così numerose patologie.

«Vista l’importanza del pomodoro e, in particolare, della produzione siciliana», continua Manachini, «le nuove sfide riguardano anche strategie che permettano di incrementare i consumi informando i cittadini sulla natura dei prodotti che vengono dal nostro e dagli altri paesi. Infatti, allo stato attuale, l’Europa considera Ogm gli organismi modificati con il gene editing. L’auspicio è che l’Italia prenda una posizione in modo da puntare sulla valorizzazione delle nostre produzioni in maniera più incisiva».

La lotta contro i nematodi diventa genomica - Ultima modifica: 2024-05-27T12:46:47+02:00 da K4

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