L’agente causale dell’ oidio della vite (Erysiphe necator) è un fungo patogeno in grado di sopravvivere durante la stagione invernale in due forme: mediante frammenti di micelio imprigionati fra le perule delle gemme e soprattutto attraverso i cleistoteci, corpiccioli sferici di colore bruno scuro che costituiscono la principale fonte di inoculo della malattia.
Ciò è avvalorato dalla constatazione che a primavera inoltrata l’insediamento del patogeno avviene sempre più frequentemente mediante sporadici centri di infezione di origine ascosporica in grado di incidere in maniera rilevante sull’evoluzione della malattia nel corso della stagione vegetativa.
Recenti ricerche hanno dimostrato che il biofungicida AQ 10 a base del ceppo M-10 di Ampelomyces quisqualis, applicato durante la fase di maturazione dell’uva e in post-vendemmia, riduce significativamente, anche del 50-70%, l’inoculo dell’oidio nell’annata successiva, essendo in grado di esercitare una duplice azione di antagonismo.
Contro il micelio
La prima, e forse la più importante, è quella che esplica nei riguardi del micelio che si sviluppa sulle femminelle dopo l’invaiatura, quanto i grappoli non sono più suscettibili all’infezione. Infatti dopo tale fase fenologica il fungicida AQ 10, non più disturbato dall’interferenza negativa esercitata dai trattamenti antiperonosporici, è in grado di riprodursi a spese dell’oidio e ridurre in tal modo il potenziale di inoculo svernante della malattia.
Un paio di interventi con AQ 10 alla dose di 30-60 g/ha, effettuati dopo l’invaiatura e prima della vendemmia, sono consigliati proprio con questo obiettivo.
Adottando questa strategia di difesa del vigneto si sostituiscono, tra l’altro, le applicazioni con zolfo e si evitano gli effetti indesiderati che tale principio attivo può esercitare sulle caratteristiche organolettiche del mosto e del vino quando viene impiegato a ridosso della vendemmia.
Cleistoteci parassitizzati
La seconda si esplica nei confronti dei cleistoteci in fase di sviluppo e quindi ancora di colore giallo-verde. Nella primavera successiva, dai cleistoteci parassitizzati germineranno nuove spore di A. quisqualis e non ascospore infettanti di oidio. Proprio per incrementare la percentuale di cleistoteci parassitizzati si consiglia di intervenire anche in post-raccolta.
Anche in agricoltura biologica
In conclusione, 2-3 trattamenti effettuati con AQ 10 a cavallo della vendemmia sono in grado di assicurare la riduzione dell’inoculo dell’oidio della vite nell’annata successiva, senza peraltro interferire con il processo di fermentazione del mosto e le caratteristiche organolettiche del vino. Questa strategia è applicabile in regime di agricoltura biologica e nei programmi di difesa integrata, in quanto per la difesa della vite viene proposto uno strumento fitoiatrico caratterizzato da un diverso meccanismo di azione rispetto ai fungicidi antioidici di sintesi.
Dalla chiusura del grappolo in poi: ecco l’AQ 10
Il ceppo M-10, biofungicida appartenente alla categoria dei funghi antagonisti, è comunemente presente in natura e vive a spese di tutti gli oidi che fanno capo alla famiglia delle Erisifacee.
Le spore di A. quisqualis, distribuite con il trattamento, vengono a contatto con il fungo patogeno e in presenza di elevata umidità relativa germinano e originano un tubetto che penetra e si sviluppa a spese del micelio dell’oidio.
Il periodo ottimale di impiego del biofungicida va dalla chiusura grappolo all’invaiatura mentre nelle fasi di pre e post-vendemmia è soprattutto indicato come antagonista dei cleistoteci. Il preparato AQ 10 contiene spore vitali, per cui è importante che venga conservato in luogo fresco, asciutto e al riparo della luce, o meglio in frigorifero a temperatura di 4-5 °C.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del Fitopatologo/Centro di Terra e Vita