Oltre metà della produzione di miele di acacia persa a causa di freddo e pioggia. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Lombardia sulla situazione degli alveari. «In media – conferma Marco Curti, 39 anni, apicoltore di Maleo (Lodi), che insieme alla sorella gestisce 350 alveari – da ogni sciame si ottengono fra i 27 e i 30 chili di acacia, mentre quest’anno siamo tra i 10 e gli 11 chili». Colpa - spiega Coldiretti Lombardia – degli improvvisi sbalzi di temperatura che hanno messo in difficoltà una rete di tremila operatori, fra hobbisti e professionisti, con 155mila alveari per una produzione di 1.700 tonnellate fra miele, propoli, cera e derivati. Mentre a livello nazionale – spiega Coldiretti - il settore conta circa 50mila apicoltori, con 1,39 milioni di alveari e un giro d'affari stimato di 70 milioni di euro. La produzione media per alveare, nelle aziende apistiche professionali è di circa 33,5 kg/alveare mentre la media nazionale generale si aggira intorno ai 17,5 kg/alveare.
Ma si tratta di volumi che il freddo ha ridotto, considerato che – spiega Coldiretti Lombardia - la temperatura ideale per il lavoro delle api oscilla tra i 15 e i 16 gradi di minima e tra i 21 e i 22 gradi di massima, mentre in Lombardia la primavera ha fatto registrare anche giornate con minime di pochi gradi. «Con il caldo anomalo di marzo – continua Curti – le api si sono svegliate prima del previsto e hanno iniziato a lavorare perché il ciclo vegetativo delle piante e dei fiori era già partito. Poi è arrivata la pioggia ma soprattutto il freddo: le api si sono fermate, ma ormai l’acacia era pronta e la produzione è andata persa. Adesso mi sto preparando per il periodo di nomadismo: porterò le mie api in Toscana, nella zona della Lunigiana, e le lascerò lì fino a fine luglio per la produzione degli altri mieli, dal millefiori al castagno. Speriamo in bene».
Secondo Stefania Pinotti, 42 anni, che nella sua azienda di Roverbella (Mantova) ha tre apiari: «La stagione è cominciata sotto i peggiori auspici e la raccolta di miele delle fioriture primaverili è compromessa. Non abbiamo avuto perdite di insetti, ma la produzione di questa prima parte dell’anno, soprattutto l’acacia, è dimezzata rispetto allo scorso anno. Ora speriamo di recuperare con il tiglio. Con le basse temperature, le famiglie di api meno forti pensano, infatti, alla propria sopravvivenza e non portano miele al melario».
Enrico Ranghetti, 52 anni, presidente dell'Associazione Agrimercato Como e Lecco e titolare di “Apiculture G” di Como: «Un disastro La situazione delle api nelle province di Varese, Lecco e Como è drammatica. Ora, dopo la moria invernale che ha ridotto gli sciami del 40% e del 70%, stiamo assistendo ad un ennesimo picco di morti dovute al freddo e alle piogge. I fiori cadono e le api non volano: cosa che sta accadendo regolarmente negli ultimi 3 o 4 anni, con una riduzione media di 40 chili di miele a cassetta. Se nel 2012 ogni cassetta ne produceva circa 50 chili, ora, se siamo fortunati, arriviamo massimo a 10».