Droni, satelliti, big data, smartphone, sensori sono termini entrati ormai nel gergo di un mondo agricolo che si prepara a varcare le soglie della rivoluzione digitale per produrre di più e meglio, utilizzando in maniera intelligente le scarse risorse a disposizione.
Ma siamo pronti per questo salto? A parte l’interesse e la buona volontà di molte aziende, nel nostro Paese sembrano scricchiolare le basi. L’annuale rapporto della Commissione europea sul “Digital economy and society index” relega l’Italia in fondo alla classifica: siamo 25esimi su 28, davanti solo a Grecia, Bulgaria e Romania. Peggio dello scorso anno. L’analisi si basa su 30 indicatori, raggruppati in 5 categorie: connettività, competenze, propensione all’uso delle tecnologie, integrazione nel business, digitalizzazione dei servizi pubblici. Questi i dati più salienti: la banda larga ad alta velocità è diffusa tra il 44% della popolazione (75% media Ue), quella ultraveloce tra il 5,3%. In linea con l’Europa la banda larga mobile (75%). Appena il 43% dei cittadini possiede competenze di base (45% in Ue) anche se il 63% (76% Ue) utilizza internet. Gli acquisti in rete non convincono: li effettuano il 39% degli italiani contro il 65% degli europei. Così non stupisce che appena il 6,5% delle pmi venda prodotti online (16% Ue), nonostante l’e-commerce rappresenti l’8,2% del profitto delle piccole. Infine appena il 18% dei cittadini usufruisce di servizi pubblici online, anche se il dato è in decisa crescita.
Come si traduce tutto questo in agricoltura? Non troppo bene, per un mondo che incontra oggettive difficoltà a lanciarsi sul digitale. Secondo il rapporto Istat-Fub (Fondazione Ugo Bordoni), l’informatizzazione coinvolge appena il 3,8% delle aziende agricole (poco più di 60mila), che rappresentano però il 18,3% della Sau e realizzano oltre un terzo della produzione nazionale. La maggior parte di queste aziende si trova al Nord, in particolare in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. Anche allargando lo sguardo all’intero settore agroalimentare (dal campo alla ristorazione), grazie ai dati dell’Osservatorio Internet Permanente del Cnr, si nota che solo una minima parte delle aziende (circa il 5%) è presente in rete con il dominio .it e ne sfrutta le potenzialità. Anche qui le migliori performance si registrano in Lombardia, Veneto, Toscana e Piemonte. Insomma l’Italia agricola digitale appare spaccata in due, sia a livello geografico, sia imprenditoriale.
Per colmare il gap il ministro Maurizio Martina ha annunciato un piano nazionale per il digitale, mentre numerosi Psr mettono a disposizione strumenti per l’informatizzazione delle aziende e il miglioramento delle infrastrutture. Del resto uno degli obiettivi dichiarati della politica agricola europea è offrire accesso ad almeno 18,6 milioni di “cittadini rurali” a migliori servizi Ict entro il 2020.
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