Preoccupazione, paura e danni alle colture. Le intense piogge delle ultime 48 ore hanno provocato diversi allagamenti in varie zone dell'Emilia e soprattutto della Romagna, dove sono tornati a esondare anche fiumi e torrenti oltre alla riattivazione delle frane. Dopo un anno e mezzo dall'all'alluvione che ha messo in ginocchio la Romagna torna l'incubo tra cittadini e imprenditori agricoli che stanno ancora aspettando i risarcimenti promessi dal governo e da Agricat. Un migliaio di persone a lasciare leloro abitazioni, soprattutto nel Ravennate. Le criticità maggiori hanno riguardato i fiumi Lamone, Marzeno e Senio, nel Ravennate e il Montone, nel Forlivese.
Le piene dei corsi d'acqua hanno risparmiato i centri cittadini con gli argini che nella massima parte dei casi hanno retto la portata delle acque. Gravissima e ancora tutta da monitorare anche la situazione frane in Appennino. La macchina della protezione civile si è messa in moto e la conoscenza del pericolo ha facilitato gli interventi, grazie anche alla consapevolezza della popolazione e alla diffusione dei comportamenti di prevenzione. Le situazioni più complesse, al momento, riguardano il Senio nella zona di Cotignola, il Lamone a Bagnacavallo e l'Idice nel Bolognese. Ci sono molte situazioni critiche in Appennino, apartire da Modigliana, dove è avvenuta la prima tracimazione. Al momento l'attenzione principale riguarda le piene dei fiumi, dei quali si attende il passaggio del colmo in molte zoneche già furono alluvionate nel maggio 2023.
Emergenza maltempo anche nelle Marche. Ad Ancona è straripato il torrente Aspio, intere zone della città e gran parte delle strade sono chiuse e le frazioni Paterno-Montesicurosono isolate per alcune frane.
Confagricoltura: danni gravi a soia e pomodoro
Le colture di soia, pomodoro e bietola saranno probabilmente le più penalizzate dagli allagamenti verificatisi nelle campagne dell'area metropolitana di Bologna secondo il presidente di Confagricoltura Bologna Davide Venturi. «La soia, che per il 90% è ancora da raccogliere, rischia di vedere una drastica riduzione della produzione a causa di piogge e allagamenti – ha spiegato Venturi –. Il pomodoro, già provato da una stagione sfavorevole a causa del caldo eccessivo che ne ha compromesso la resa, non potrà essere raccolto per diversi giorni a causa del terreno impraticabile, compromettendo così la parte finale della campagna. Questo influirà negativamente anche sulla qualità del raccolto. Le bietole ancora in campo subiranno un calo della polarizzazione con un impatto diretto sulla qualità e sui ricavi dei produttori».
Un territorio fragile
Ripartono gli smottamenti attivati dall'alluvione del 2023
Allagamenti? «Colpa degli scoli chiusi nei campi»
Ma secondo il presidente dell'Ordine dei geologi dell'Emilia-Romagna Paride Antolini il difficile deflusso delle acque dai campi non è dovuto tanto alla quantità di precipitazioni portate dal ciclone "Boris", bensì dalla chiusura di tanti fossi e scoli della rete secondaria agricola, per semplificare il lavoro nelle campagne e aumentare la produttività. Antolini punta il dito anche contro le reti di scolo urbane e invita a rispettare di più il deflusso naturale delle acque.
Baulatura addio
«Dobbiamo concentrarci sulla rete scolante secondaria, fossi e rete di scolo urbana – avverte con una nota Antolini –. Perché nelle campagne in questi ultimi decenni si è assistito a una continua chiusura dei fossi, alla loro sistematica eliminazione. La tecnica agronomica della baulatura dei campi, cioè, realizzare un profilo convesso dei campi perimetrati da fossi, è stata abbandonata. Lo scopo della baulatura era prevenire la formazione di ristagni favorendo il deflusso verso una fitta rete di scoline e fossi di raccolta – spiega –. Questo comportava un accumulo di acqua nei fossi paragonabile al quantitativo di una cassa di espansione, ora tanto invocata».
Secondo Antolini «per aumentare i livelli produttivi dell'agricoltura oggi il terreno viene livellato per semplificare il lavoro, aumentare la produttività con l'effetto, però, di eliminare scoline e fossi e quindi riducendo la capacità di accumulo di acqua nelle nostre campagne. Un po' come chiudere una grande cassa di espansione».
Bocciate anche le città
In città, invece, secondo i geologi, la rete di deflusso urbana si è sviluppata «come un grande puzzle, espandendosi di volta in volta secondo le necessità senza, il più delle volte, un progetto urbanistico di ampio respiro. E la continua chiusura dei fossi con la loro tombinatura rende sicuramente più fruibile i percorsi stradali, pedonali e ciclabili, ma sotto la superficie topografica cosa succede? Un intasamento? Una rottura, una difficoltà nel deflusso? E chi lo vede – chiede Antolini –. Ce ne accorgiamo quando il piano stradale si allaga. Peraltro – osserva il geologo – queste situazioni devono ora reggere l'urto di piogge nuove, più intense e per brevi periodi. Abbiamo anche una rete di deflusso secondaria che deve essere riprogettata per affrontare questi eventi di pioggia particolarmente intensi».