L’agricoltura europea torna al centro dell’agenda politica. A Lussemburgo, il Consiglio dei ministri Agrifish del 27 ottobre ha segnato un passaggio chiave nel ridisegno della futura Pac e nella definizione della strategia europea per il ricambio generazionale. Temi che si intrecciano con la sostenibilità ambientale, la tenuta dei mercati e la delicata questione del commercio con l’Ucraina.
Dietro le dichiarazioni ufficiali, il clima è quello di una complessa partita di equilibrio: garantire il futuro del settore, senza sacrificare redditività, coesione e autonomia produttiva.
Piano per i giovani: un consenso ampio, ma non unanime
La proposta di Strategia per il rinnovamento generazionale in agricoltura, presentata dalla Commissione il 21 ottobre, ha ricevuto un’accoglienza in gran parte positiva. Il documento mette al centro le esigenze dei giovani agricoltori, individuando barriere strutturali come l’accesso alla terra, al credito e a un reddito stabile.
«Senza giovani non c’è futuro per l’agricoltura europea» ha ricordato l’austriaco Norbert Totschnig, sottolineando come l’attuazione dovrà rispettare la sussidiarietà e le differenze territoriali. Anche il ministro spagnolo Luis Planas ha chiesto una Pac forte e ben finanziata, mentre il tedesco Alois Rainer ha insistito sulla necessità di rendere il mestiere agricolo «più attrattivo e sostenibile».
Non sono mancati i dubbi: Slovacchia e Ungheria contestano la proposta di escludere i pensionati agricoli dai pagamenti diretti, ritenendola potenzialmente controproducente, e giudicano troppo ambizioso l’obiettivo del 6% di terre nelle mani dei giovani entro il 2040.
Il commissario all’Agricoltura Christophe Hansen ha però difeso la strategia come «esistenziale per il futuro del settore e per la sicurezza alimentare dell’Ue». Accesso alla terra, sostegni mirati alla fase di avvio, strumenti digitali e collaborazione intergenerazionale sono gli assi portanti di una visione che punta a trattenere nuove energie nelle campagne europee.

La nuova architettura verde: incentivi più che obblighi
Nel dibattito sul futuro “green” della Pac post-2027, Hansen ha ribadito l’obiettivo di spostare l’asse dalle condizionalità agli incentivi, semplificando il sistema e adattandolo ai contesti locali.
La “farm stewardship initiative”, che prevede premi fino a 200mila euro per la transizione ecologica, dovrebbe favorire pratiche sostenibili senza appesantire la burocrazia.
Molti ministri, tuttavia, chiedono chiarezza. La francese Annie Genevard e la ministra olandese Femke Wiersma hanno domandato maggiori dettagli sul principio del Do No Significant Harm, che vincolerà gli investimenti agricoli. Anche la finlandese Sari Essayah sollecita una consultazione approfondita con gli Stati membri.
La sfida è mantenere un livello comune di ambizione ambientale evitando squilibri competitivi: un equilibrio che, secondo Hansen, richiede «un dialogo costante e flessibile con i Paesi membri».
Diciassette Stati per una Pac unitaria
Sul tavolo del Consiglio è approdato anche un documento firmato da 17 delegazioni, guidate dall’Austria, che chiedono di riunificare le disposizioni della Pac in un unico testo legislativo, oggi sparse in cinque regolamenti.
Per i firmatari – tra cui Italia, Francia, Spagna, Polonia e Portogallo – la frammentazione «rende complesso il negoziato e crea incertezza per gli agricoltori». «La Pac non può essere smontata in sottosistemi separati – ha avvertito Totschnig – o rischiamo di indebolirne il ruolo di pilastro dell’integrazione europea».
Anche in questo caso, Hansen ha riconosciuto la necessità di una governance più coerente e di risorse finanziarie adeguate per mantenere la Pac «forte, integrata e orientata alla sicurezza alimentare».
Mercati resilienti, ma ombre su vino e cereali
Sul fronte congiunturale, Hansen ha riferito di mercati agricoli complessivamente resilienti, con buoni raccolti cerealicoli (+11,3% di produzione Ue rispetto al 2024) e performance solide nel comparto zootecnico. Tuttavia, margini compressi, costi alti e volatilità restano minacce costanti.
Preoccupano i cali del vino, tra consumi interni in calo e scorte in crescita, e l’andamento del latte e dello zucchero, segnati da prezzi bassi e margini ridotti. Il commissario ha invitato a vigilare sul rischio di squilibri commerciali legati all’aumento delle importazioni da Paesi terzi e ai costi dei fertilizzanti, risaliti con la nuova Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM).
Ucraina: tra sostegno politico e difesa dei produttori Ue
Al dibattito ha partecipato il vicepremier ucraino Taras Kachka, in vista dell’entrata in vigore, il 29 ottobre, del nuovo Accordo di libero scambio Ue-Ucraina (Dcfta). L’intesa, ha detto Hansen, «rappresenta un equilibrio delicato, con salvaguardie e standard progressivi fino al 2028».
Ma Ungheria, Romania e Slovacchia hanno chiesto di introdurre clausole di salvaguardia simili a quelle dell’accordo Mercosur, con quote e compensazioni per gli Stati confinanti, preoccupati per i flussi di cereali ucraini a basso costo.
Dalla parte opposta, Germania, Spagna e Lituania hanno difeso la liberalizzazione come «atto di solidarietà e stabilità economica». Hansen ha ricordato che «le concessioni a Kiev sono limitate e reciproche» e che oggi il 70% delle esportazioni agricole ucraine passa dal Mar Nero, segno di una progressiva normalizzazione logistica.
Semplificazione: meno burocrazia, più fiducia
Uno dei temi più sentiti dagli Stati membri è la semplificazione amministrativa. Il commissario Hansen ha presentato il “Rapporto annuale 2025 su semplificazione e attuazione”, promettendo ulteriori alleggerimenti normativi e un dialogo diretto con le aziende agricole.
Tra i punti salienti, la revisione della Direttiva sulle pratiche sleali (UTP) e un pacchetto di misure mirate ai settori più esposti, come il vino.
Molti ministri hanno accolto con favore l’impegno del commissario, ma la tedesca Alois Rainer ha ammonito: «Troppa poca semplificazione arriva davvero fino alle aziende». La francese Genevard ha aggiunto: «L’assenza di regole comuni non è semplificazione».
Deforestazione: troppe carte, poca efficacia
Altro fronte caldo, quello del Regolamento europeo sulla deforestazione (Eudr), giudicato “sproporzionato” da diversi Paesi, tra cui Lettonia, Bulgaria, Polonia e Italia. I ministri chiedono una categoria “zero rischio” per i prodotti europei e un rinvio di un anno dell’entrata in vigore, per dare tempo alle imprese di adeguarsi. Le organizzazioni di settore, come Coceral, avvertono che le incertezze e gli obblighi di tracciabilità potrebbero generare carenze di materie prime e rincari per i consumatori.
Anche in questo caso, la Commissione promette flessibilità ma non arretra sui principi di sostenibilità.
Europa in cerca di coerenza
Dalla transizione verde al ricambio generazionale, dall’accordo con Kiev alla semplificazione amministrativa, il messaggio che arriva da Lussemburgo è chiaro: la politica agricola europea è in piena riscrittura.
Ma la vera sfida non sarà soltanto tecnica. Sarà politica e culturale: mantenere coerenza tra obiettivi ambientali, redditività delle imprese e competitività globale.
Se Bruxelles riuscirà a costruire una Pac che premia chi produce bene e responsabilmente, allora l’Europa agricola potrà davvero parlare di “nuovo inizio”. Altrimenti, resterà prigioniera delle sue stesse buone intenzioni.










