Con l’estate, la Commissione europea ha messo sul tavolo due dossier destinati a cambiare radicalmente il volto della Politica agricola comune: da un lato la proposta di riforma strutturale che disegna la nuova Pac per il periodo 2028-2034, dall’altro un corposo pacchetto di modifica all’Organizzazione comune dei mercati (Ocm), che tocca temi strategici come la dieta scolastica, la definizione delle carni, l’autonomia proteica e la sicurezza alimentare.
Due proposte formalmente distinte, ma fortemente interconnesse. Insieme delineano un nuovo paradigma per l’agricoltura europea, nel segno di una maggiore flessibilità e di un crescente protagonismo degli Stati membri. Ma a Bruxelles, tra Stati e stakeholder, è già partita una raffica di dubbi: semplificazione o disgregazione? Modernizzazione o arretramento?
Fine dei due pilastri: il Fondo Unico cambia le regole
Il cuore della nuova Pac sarà il National & Regional Partnership Fund (Nrpf), un fondo integrato nel Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034. Di fatto, la riforma archivia la storica struttura a due pilastri – pagamenti diretti e sviluppo rurale – in favore di un sistema unico, orientato alla performance e alla sinergia con altri strumenti finanziari europei.
Ma il metodo seguito dalla Commissione non è piaciuto. A denunciarlo con forza è Paolo De Castro, ex eurodeputato, già ministro delle Politiche agricole e figura di riferimento per l’agricoltura europea:
«È stata scritta una brutta pagina della storia dell’Ue. Il Parlamento europeo, che rappresenta i cittadini, è stato completamente ignorato. Il voto contrario al Fondo Unico espresso a Strasburgo è stato scavalcato dalla Commissione, che ha scelto di marginalizzare l’assemblea elettiva in un momento così delicato».

“Rischio rinazionalizzazione”: Stati membri in allarme
Sul piano dei contenuti, il giudizio di De Castro è altrettanto netto: «L’idea di un fondo unico segna la fine delle politiche europee per come le abbiamo conosciute finora e apre una vera e propria autostrada alla rinazionalizzazione delle scelte di intervento. Si riducono le garanzie minime per gli agricoltori e si crea competizione interna per accedere alle risorse».
Le preoccupazioni sono condivise anche da Italia, Francia, Spagna, Polonia, Romania e altri Paesi dell’Est, che al Comitato Speciale Agricoltura del 18 luglio hanno espresso riserve su un taglio al budget Pac stimato tra il 25 e il 30% in termini reali. I timori riguardano anche il venir meno di un secondo pilastro dedicato allo sviluppo rurale, con effetti potenzialmente gravi sulla coesione territoriale.
Ambientalisti in rivolta: “una retromarcia storica”
Le Ong ambientaliste parlano apertamente di “retromarcia”. Con la riforma, infatti, viene eliminato l’obbligo di destinare almeno un terzo del bilancio Pac a obiettivi climatici e ambientali: tutto sarà affidato alla volontà degli Stati membri.
«Così si rischia una corsa al ribasso – denuncia Jan Plagge di Ifoam – e la sostenibilità diventa opzionale». Anche Marco Contiero (Greenpeace) parla di «opportunità mancata», mentre l’Eeb definisce “sabotaggio” l’ipotesi di assorbire il programma Life nel nuovo Fondo per la Competitività europea.
Scuola, carne e proteine: l’Ocm si rinnova
Nel pacchetto Ocm la Commissione interviene su molteplici fronti. A partire dal programma di frutta, verdura e latte nelle scuole, che sarà riformato per limitare zuccheri, grassi e aromi artificiali. Obiettivo: educare le nuove generazioni a un’alimentazione sana, con azioni integrate nei programmi scolastici.
Un’altra novità di rilievo è la creazione di un settore proteico europeo, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalla soia Ogm importata e valorizzare la produzione interna di legumi e proteine vegetali. Saranno previste regole comuni, etichettatura d’origine e obblighi di riconoscimento delle Op.
In materia di trasparenza alimentare, Bruxelles intende riservare l’uso di termini come “bistecca”, “costata” e “salsiccia” ai soli prodotti di origine animale, vietandone l’uso per i sostituti vegetali. La misura è stata accolta positivamente dalle associazioni Farm Europe e Eat Europe, ma le Ong temono una penalizzazione eccessiva delle alternative sostenibili.
Resilienza e crisi: più scorte e chiarezza normativa
La Commissione propone inoltre una strategia europea di stoccaggio alimentare, con piani nazionali, test di stress e riserve miste pubblico-private. Un cambio di paradigma dopo gli shock globali degli ultimi anni.
Sul fronte normativo, si semplificano le regole per la canapa industriale, garantendo accesso alla Pac e libera commercializzazione. Per lo zucchero, la polpa di barbabietola resterà di proprietà del coltivatore, salvo accordi diversi.
L’esperimento Occitania e il nodo della cooperazione Ue-Africa
Un raro esempio positivo arriva dalla Francia, dove in Occitania è stato autorizzato un accordo sperimentale per stabilire prezzi minimi nel settore del vino biologico e Hve, a tutela dei produttori. Un modello di economia sostenibile che potrebbe ispirare altri settori.
Ma le sfide sono anche globali. Alla recente Conferenza ministeriale Au-Ue, l’Italia ha rilanciato la necessità di investimenti agricoli congiunti in Africa. Tuttavia, come osserva De Castro: «Siamo in una fase storica inedita, carica di tensioni e dipendenze strategiche. Il cibo torna ad essere un asset geopolitico, ma rischiamo di arrivarci con una Pac indebolita e risorse insufficienti per affrontare le crisi future».
La Pac rischia di perdere la sua anima
Il dibattito sulla Nuova Pac 2028-2034 è appena iniziato, ma le prime reazioni raccontano un clima teso e polarizzato. Le parole “flessibilità” e “modernizzazione” vengono lette da molti come sinonimi di rinazionalizzazione e frammentazione.
«Dietro la parola flessibilità – avverte De Castro – si nasconde purtroppo lo spettro di una rinuncia al concetto stesso di politiche europee. E l’agricoltura, che è stata il vero cemento dell’integrazione comunitaria, rischia di perdere il suo ruolo strategico».
Il futuro dell’agricoltura europea si giocherà non solo sulle misure concrete, ma sulla tenuta del principio stesso di politica “comune”. La speranza, per De Castro, è che i due anni di negoziato previsti possano correggere la rotta: «Spero che questa impostazione venga rivista. Gli agricoltori devono tornare a sentirsi parte orgogliosa del progetto europeo».










