Dove tutto è grande, dalle strade ai grattacieli, anche l’Italia ha saputo ritagliarsi uno spazio capace di brillare. Al Javits Center, nel cuore della città che non dorme mai, il Summer Fancy Food Show 2025 è stato il palcoscenico di un’operazione ad alto valore simbolico: promuovere e difendere l’autenticità del Made in Italy agroalimentare proprio là dove l’Italian sounding morde di più.
L’occasione è stata l’incontro “Indicazioni geografiche italiane: una garanzia di qualità per il consumatore Usa”, che ha riunito al Padiglione Italia istituzioni, rappresentanti delle filiere e stakeholder del settore. A guidare il fronte italiano: Coldiretti e Filiera Italia, affiancati dal presidente Ettore Prandini, dal segretario generale Vincenzo Gesmundo, da Paolo De Castro, presidente di Filiera Italia, dal generale Maurizio Cintura (Guardia di Finanza – Washington DC), Riccardo Deserti (Origin International), Erica Di Giovancarlo (ICE New York), Felice Assenza (Icqrf), Luigi Scordamaglia (Filiera Italia) e Alessandro Schiatti (I Love Italian Food).
Un’alleanza per l’autenticità
Il messaggio più forte è arrivato con la firma di un nuovo accordo tra Coldiretti, Filiera Italia e l’associazione no profit I Love Italian Food. Un’alleanza pensata per valorizzare l’agroalimentare autentico italiano sui mercati internazionali, che guarda già al 2026: anno in cui, in occasione dei Mondiali di Calcio, aprirà a New York la House of Made in Italy. Sarà ospitata nella storica sede della Columbus Citizens Foundation, nell’Upper East Side, e rappresenterà un presidio permanente – culturale, istituzionale e commerciale – delle eccellenze italiane negli Stati Uniti.
Il turismo del gusto vale più dell’arte
Gli Stati Uniti restano un partner chiave per il settore agroalimentare italiano. Nel 2024 oltre 4 milioni di turisti americani hanno visitato l’Italia, e per il 35% di loro la motivazione principale è stata il cibo, più ancora dell’arte o del paesaggio. Un fenomeno che, secondo Coldiretti su dati Bankitalia, vale 2,3 miliardi di euro.
I viaggiatori americani cercano esperienze autentiche: visitano cantine, frantoi, birrifici agricoli e agriturismi – dove si contano oltre 135.000 presenze statunitensi – partecipano a corsi di cucina, degustazioni, e scelgono forme di turismo esperienziale come enoturismo, birraturismo e oleoturismo. In alcune regioni, la presenza di stranieri in agriturismo supera il 60%.
De Castro: senza tutela perdiamo autenticità e futuro
Nel suo intervento d’apertura, Paolo De Castro ha richiamato l’attenzione sull’importanza strategica delle Indicazioni Geografiche, che valgono oltre 80 miliardi di euro in Europa e impiegano 800.000 persone solo in Italia. «Siamo leader nel mondo per numero di consorzi e per qualità delle filiere – ha affermato – ma se non vinciamo la battaglia del riconoscimento normativo e della comunicazione nei Paesi terzi, rischiamo di perdere il nostro vero vantaggio competitivo: l’autenticità».
A minacciare questo patrimonio, il fenomeno dell’Italian Sounding, che negli Stati Uniti vale oltre 8,6 miliardi di euro, con un incremento del 15% solo nell’ultimo anno. Secondo le stime, tra il 60% e il 67% dei prodotti che sembrano italiani sugli scaffali americani non lo sono affatto.
Per contrastarlo, l’Italia e l’Ue puntano su:
- accordi bilaterali, come quelli siglati con Giappone e Nuova Zelanda;
- collaborazioni con organizzazioni agricole americane;
- presidi diplomatici (Ambasciata italiana a Washington, Guardia di Finanza);
- il lavoro dell’Icqrf, con controlli e certificazioni riconosciute a livello internazionale;
- campagne educative rivolte a consumatori e comunità italoamericane.
«La qualità ha bisogno di legalità – ha sottolineato Felice Assenza, capo dell’Icqrf – Solo un sistema di garanzie credibile può contrastare l’Italian sounding e proteggere davvero il valore del Made in Italy». Un sistema che in Italia rappresenta un unicum a livello globale per efficacia e trasparenza.
Prandini: Serve un salto di qualità sul posizionamento
Sui mercati americani, però, il 2025 si presenta meno dinamico. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha fatto il punto: «Dopo un +18% nelle esportazioni agroalimentari registrato nel 2024, quest’anno la crescita si è ridotta a un +1,5%. Un rallentamento causato dalle tensioni commerciali, dai dazi e da una minore capacità di spesa dei consumatori statunitensi».
Nonostante il contesto meno favorevole, l’obiettivo di Coldiretti resta ambizioso: raggiungere i 9 miliardi di euro in export entro la fine dell’anno. «Soffriamo in alcuni comparti, come l’olio extravergine d’oliva – ha spiegato Prandini – ma in altri settori abbiamo tenuto meglio del previsto».
Il nodo, per il presidente Coldiretti, è il posizionamento strategico: «Occorre investire di più sulla presenza del Made in Italy lungo tutta la filiera distributiva americana. Solo così possiamo rafforzare la nostra competitività e difendere il valore delle nostre produzioni dalle imitazioni».
Il cibo come strumento di pace
A fare da cornice a questo lavoro di diplomazia economica, anche il messaggio lanciato da Campagna Amica e dalla World Farmers Market Coalition al Farmers Market di Union Square: il cibo come veicolo di cooperazione, sviluppo locale e pace. Fondata tre anni fa da Coldiretti, la rete coinvolge oggi oltre 20.000 mercati contadini in 60 Paesi. Tra le priorità: sostenere l’agricoltura familiare, valorizzare la biodiversità, promuovere la filiera corta.
Nel contesto internazionale segnato da crisi e conflitti, il Summer Fancy Food è diventato anche un’occasione per rilanciare “Food for Gaza”, l’iniziativa umanitaria promossa dal Ministero degli Esteri con la collaborazione di Onu, Croce Rossa e World Food Programme, e che vede in prima linea Coldiretti e Filiera Italia










