La Sala Bertonazzi del Palazzo dell’Agricoltura di Piacenza ha ospitato l’approfondimento tecnico sulla Pac post 2027 promosso da Anga Piacenza, momento che ha riunito imprenditori e tecnici in un passaggio cruciale delle trattative europee. Dopo l’introduzione del presidente di Anga Piacenza Filippo Losi, che ha richiamato l’esigenza di “regole certe e strumenti che sostengano chi produce”, il cuore dell’incontro è stato l’intervento di Vincenzo Lenucci, Direttore Politiche di Sviluppo Economico delle Filiere Agroalimentari di Confagricoltura. La sua relazione ha fornito un’analisi approfondita dei dossier negoziali, evidenziando le implicazioni economiche e normative della futura Pac.
Il Fondo Unico e la fine dei due pilastri
La proposta della Commissione introduce un mutamento strutturale senza precedenti: l’eliminazione degli strumenti dedicati alla Politica agricola comune con i due distinti Fondi Feaga e Feasr, sostituiti da un Fondo Unico che accorpa risorse agricole, ma anche politiche di coesione e altri interventi.
Si tratta di una revisione che, secondo Lenucci, rischia di compromettere la specificità della politica agricola: «La Pac ha storicamente garantito reddito, sicurezza alimentare e competitività. Inserire le risorse agricole in un contenitore molto più ampio riduce la capacità di indirizzo e aumenta l’incertezza programmatoria anche per la complessità gestionale».
Il dato più rilevante riguarda la riduzione del 22,4% del budget agricolo Ue “riservato” alla Pac, pari a 85 miliardi di euro in sette anni, mentre il bilancio complessivo dell’Unione registra un +60%. Per l’Italia ciò significa circa un miliardo di euro in meno all’anno di sostegni al reddito, una contrazione che condizionerà inevitabilmente la programmazione del futuro Piano strategico nazionale.
L’Italia avrà a disposizione 86,6 miliardi totali nel periodo a valere sul Fondo unico, di cui solo 31 miliardi destinati alle misure agricole in senso stretto. Tutto il resto dovrà essere pianificato nel nuovo Programma nazionale unico, che richiederà coordinamento interministeriale e maggiore complessità gestionale.
Pagamenti diretti: addio ai titoli all'aiuto
Uno dei passaggi più innovativi — e al tempo stesso più delicati — è l’eliminazione dei titoli all'aiuto. Al loro posto, la Commissione propone un pagamento forfettario uniforme per ettaro (c. detto “Dabis”: Degressive Area-Based Income Support o, in italiano, “Sostegno decrescente al reddito per superficie”), con importi medi per Stato membro compresi tra 130 e 240 €/ha.
A questo si aggiunge l’introduzione di un sistema di degressività obbligatorio oltre i 20.000 euro di tale pagamento.
La degressività proposta dalla Commissione è lineare e obbligatoria per tutti gli Stati membri. Calcolato il pagamento di base totale dell’azienda, si applica una percentuale di riduzione sulla parte eccedente 20.000 euro, che aumenta all’aumentare dell’importo spettante. Senza prevedere alcuna eccezione per settori o regioni. Alla degressività si associa anche il capping: un plafonamento con un tetto massimo di 100.000 euro ad azienda sempre solo per il “Dabis”.
«Si tratta di norme che impatterebbero in modo significativo sull’agricoltura più evoluta – ha sottolineato Lenucci – penalizzando le aziende più strutturate, professionali e orientate al mercato».
Lenucci ha anche mostrato simulazioni puntuali, costruite a partire da casi aziendali piacentini selezionati in collaborazione con Susanna Franzini responsabile dei Servizi Tecnici di Confagricoltura Piacenza:
- Azienda da latte (140 ha – controvalore titoli 34.000 €): con il nuovo pagamento, la quota di €14.000 soggetta a degressività potrebbe generare una trattenuta di circa 3.500 €. Ulteriore criticità: l’incertezza sulla conferma dell’Ecoschema 4 (Sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento).
- Azienda seminativi/pomodoro da industria (91 ha – controvalore titoli 22.000 €): penalizzazione prevista nell’ordine di 1.000 €; incertezza sia sull’Ecoschema 4, che potrebbe anche essere confermato nell’ambito delle nuove misure agroambientali, che sui premi accoppiati oggi fondamentali per il pomodoro da industria.
- Azienda vitivinicola (70 ha –– controvalore titoli 11.000 €): sotto la soglia dei 20.000 €, non soggetta a degressività, ma l’incertezza principale è legata al futuro del sostegno accoppiato OCM.
- Azienda biologica cerealicola/foraggere (35 ha – controvalore titoli 6.000 €): nessuna degressività, ma forte dipendenza dall’evoluzione dell’Eco 4 e dal premio accoppiato per il biologico a rischio redistribuzione interna se il budget nazionale si riduce
- Azienda “giovani” (82 ha – controvalore titoli 13.000 €): nessuna degressività; eliminato il pagamento complementare giovani — peraltro poco fruito nell’attuale programmazione.
La situazione appare, a prima lettura, solo lievemente peggiorata. Secondo Lenucci, questi importi tuttavia non misurano l’effetto vero della riforma, perché la riduzione del budget nazionale rischia di far scendere anche il valore del nuovo pagamento forfettario (Dabis), che potrebbe essere fissato a livelli più bassi dell’attuale valore medio dei titoli. Alcuni ecoschemi — in particolare, ma non solo, l’Ecoschema 4 — in via di principio non hanno garanzie di conferma nella forma attuale. Non ultimo, Il riordino del piano nazionale unico potrebbe eliminare o ridurre strumenti oggi considerati strutturali.
Le proposte della Commissione non chiariscono ancora come verranno finanziate le “pratiche protettive” della nuova “condizionalità”; ad oggi mancano le specifiche sui costi di transizione, elemento essenziale per i sistemi estensivi.
La nuova condizionalità (“Farm stewardship”) appare ancora complessa e potenzialmente vincolante, senza però un adeguato bilanciamento economico. Il rischio, secondo Confagricoltura, è che aumentino gli obblighi senza un contestuale incremento della redditività aziendale, con effetti particolarmente pesanti nelle aree zootecniche e nei sistemi colturali intensivi, come quelli che caratterizzano il territorio piacentino. E senza quel necessario passaggio da una logica di vincoli e imposizioni ad una logica incentivante per favorire l’adozione di buone pratiche in azienda per le transizioni.
Misure settoriali e nuove Ocm: ancora molte incognite
Il futuro delle Ocm è un dossier ancora in fase di definizione. Nel nuovo quadro normativo i programmi settoriali potrebbero essere ricompresi nel Fondo Unico; restano da verificare le dotazioni e le modalità di sostegno per vino, ortofrutta e seminativi. Non è chiaro se vi saranno risorse aggiuntive per filiere strategiche.
Lenucci ha ribadito che l’Italia dovrà difendere con forza la attuale struttura di misure settoriali, essenziale per comparti ad alta competitività come pomodoro da industria e vitivinicolo solo per citare due comparti chiave della provincia.
Sviluppo rurale e gestione del rischio: la sfida del ridisegno
Lo sviluppo rurale, nel nuovo impianto, perde autonomia e confluisce nel “Programma nazionale unico”. Ciò comporterà minore autonomia regionale, tempistiche più lunghe con una possibile riduzione di strumenti oggi centrali per investimenti, giovani, formazione e innovazione. Sarà, per contro, necessario un maggiore coordinamento istituzionale.
Resta centrale la questione della gestione del rischio, su cui Confagricoltura insiste da anni. Lenucci ha ricordato la proposta di inserire un vero e proprio “terzo pilastro” dedicato a calamità, crisi di mercato e strumenti assicurativi, considerati indispensabili in un contesto di volatilità climatica ed economica.
Dal seminario la stroncatura complessiva è chiara, la riforma se non sarà drasticamente modificata porterà riduzione degli aiuti, maggiore incertezza sui valori finali dei pagamenti diretti, penalizzazione per le imprese “attive” e professionali, rischio di sovrapposizione tra politiche agricole e di coesione, complessità di governance, necessità di riconsiderare strumenti oggi consolidati.
I giovani di Confagricoltura: «Servono certezze, non nuovi vincoli»
Filippo Losi, presidente di Anga Piacenza, ha riportato il punto di vista delle nuove generazioni di imprenditori: «Scegliere di lavorare in agricoltura nel 2025 significa operare già in un quadro di variabili non controllabili. Una riforma che riduce risorse e aumenta complessità burocratica mina la fiducia necessaria per investire».
Losi ha richiamato tre priorità:
- Difendere un budget adeguato, evitando che la Pac venga “diluita” in un fondo unico.
- Rivedere capping e degressività, penalizzanti per le aziende strutturate.
- Rafforzare gli strumenti di gestione del rischio, indispensabili per garantire continuità produttiva.
Il confronto organizzato da Anga Piacenza ha confermato la complessità della fase negoziale e l’urgenza di assicurare una riforma che mantenga la capacità originaria della Pac: garantire reddito, stabilità e crescita alle imprese agricole. Il tema non riguarda solo tecnicismi regolamentari, ma il futuro stesso delle aziende, dei territori e dei giovani che oggi scelgono di investire in agricoltura.
Anche Confagricoltura Piacenza, rappresentata dal presidente Umberto Gorra, ha sottolineato la necessità di ripensare la proposta nel suo insieme e ha annunciato la partecipazione dell’organizzazione alla mobilitazione del 18 dicembre a Bruxelles, in difesa di una Pac realmente orientata alla competitività del settore.










