Approvata in Senato, quasi all’unanimità, la proposta di legge con le “disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” alla quarta lettura, dopo oltre tre anni di ripetuti rimbalzi tra le due Camere e a tredici anni dalla prima formulazione del provvedimento. Il Ddl, frutto dell’accordo tra le parti alla Camera, ha eliminato l’equiparazione del metodo biodinamico a quello biologico, che aveva bloccato in passato l’iter parlamentare tra proteste e non poche polemiche.
La proposta di legge prevede, tra le altre cose, l’istituzione di un tavolo tecnico per la produzione biologica; il varo del marchio bio italiano per i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana; il sostegno alla ricerca tecnologica e applicata nel settore, la revisione dei controlli; la previsione di un piano d’azione nazionale per la produzione biologica con cadenza triennale; un piano nazionale per le sementi biologiche; un fondo per lo sviluppo della produzione biologica. Altre norme riguardano la formazione professionale degli operatori del settore e i distretti biologici.
Il senatore Francesco Battistoni, sottosegretario al Mipaaf con delega all’agricoltura biologica, fa il punto sulle principali novità introdotte dalla norma, sul nodo riguardante il biodinamico e sull’esclusione dell’agricoltura biologica dagli eco-schemi.
Senatore, può spiegare cosa cambierà per il settore con l’approvazione di questa legge?
Parliamo di una legge attesa da ben tredici anni, che il comparto aspettava con molta speranza e che, grazie all’ultimo celere passaggio in Senato, è diventata realtà. La legge va a normare una serie di aspetti legati al mondo del biologico e ha come finalità principale quella di promuovere e tutelare il settore, incentivando la produzione, la salute, la sicurezza ambientale, la riconoscibilità dei prodotti e l’aggregazione agricola biologica. Con questa legge abbiamo creato le condizioni per un suo sviluppo sia nel mercato interno che per l’export, ma, soprattutto, abbiamo recepito le indicazioni europee per favorire una maggiore sostenibilità ambientale così come previsto nella Farm to Fork e nell’Agenda 2030 dell’Onu.
Le novità introdotte dalla legge quali reali vantaggi porteranno agli agricoltori?
Le novità principali contenute nella legge sono sicuramente l’introduzione del marchio “biologico italiano”, funzionale a favorire il Made in Italy ma anche a tutelare e orientare il consumatore nella scelta del prodotto; la definizione giuridica dei distretti biologici, utile a promuovere l’aggregazione e l’integrazione, a carattere interprovinciale e interregionale, tra diverse attività economiche presenti nei territori che adottano coltivazioni o produzioni biologiche.
E ancora, la delega al Governo per procedere, entro 18 mesi, a una revisione della normativa in materia di armonizzazione e razionalizzazione sui controlli per la produzione agricola e agroalimentare biologica. Accanto a queste novità, la legge si compone di altre misure di crescita complessiva del settore, attraverso azioni sinergiche tra il Mipaaf e le imprese agricole biologiche. Mi riferisco al Fondo per lo sviluppo della produzione biologica, al Piano di azione nazionale, al Piano delle sementi biologiche e alla nascita delle Organizzazioni Interprofessionali, che prima erano escluse da questa possibilità aggregativa.
L’approvazione della legge sul bio ha visto anche il via libera di un ordine del giorno presentato dalla senatrice Elena Cattaneo, non sottoposto al voto dell’aula e accolto dall’Esecutivo, che impegna il governo “a sostenere tutte le iniziative legislative volte all’eliminazione dei riferimenti diretti alla pratica dell’agricoltura con metodo biodinamico ancora presenti nel testo”. Può chiarire questo tema delicato, soprattutto nel metodo e nella tempistica?
Per quanto riguarda biodinamico c’è stata una presa di posizione dettata da alcune sensibilità emerse dalla comunità scientifica, che ha ritenuto erroneo inserire nel testo normativo il metodo biodinamico. Il relatore ha approfondito nel merito queste perplessità, favorendo un dialogo costruttivo, ma, alla fine, è prevalsa la volontà di procedere rapidamente all’approvazione della legge, così da consentire all’Italia di avere la propria normativa sul biologico che era attesa da troppo tempo dagli imprenditori agricoli e dal resto della filiera. Era questa la priorità.
Il biologico è stato escluso dagli eco-schemi. In cambio ha ricevuto una quota di cofinanziamento che ha portato le risorse a oltre 2 miliardi nel secondo pilastro. Una scelta che considera giusta o sbagliata?
I circa 2,2 miliardi di euro sono comprensivi delle risorse previste nel II pilastro, dei 90 milioni che ogni anno verranno trasferiti dal I al II pilastro e, infine, del cofinanziamento nazionale. Si tratta di risorse importanti per l’agricoltura biologica del nostro Paese, che concorreranno senza dubbio al raggiungimento dell’obiettivo del 25% di superficie agricola nazionale coltivata con metodo biologico entro il 2030.
La scelta di programmare l’intervento sul biologico nella cornice dello sviluppo rurale, anziché nel contesto degli eco-schemi è, a mio avviso vincente, in quanto per accedere al sostegno previsto per il biologico si continueranno a utilizzare procedure molto simili a quelle utilizzate finora nei Psr, che hanno dimostrato di funzionare bene e con le quali l’amministrazione e gli operatori hanno maggiore dimestichezza.
Questo intervento va letto nell’economia complessiva del Piano strategico nazionale della Pac, che indubbiamente riconosce l’importanza dell’agricoltura biologica come tecnica di produzione privilegiata per concorrere al raggiungimento di tutti gli obiettivi ambientali previsti.
Vanno anche considerate le risorse previste da tutti gli eco-schemi, che ammontano a ulteriori 4,4 miliardi per l’intero periodo di programmazione, in questo caso anche le aziende biologiche potranno decidere se aderire. Ricordo che ci saranno inoltre le risorse derivanti dai contratti di filiera. Su questa misura, che marcia parallela al Pnrr, il governo ha stanziato 1,2 miliardi, di cui 300 milioni, ovvero il 25%, saranno destinati a favore esclusivo del biologico.
Come considera quindi in linea generale le misure messe in campo per il comparto? Soddisfacenti o si poteva fare di più?
In definitiva, credo sia stato fatto un ottimo lavoro in questi ultimi mesi. Il Mipaaf sta credendo molto in questo comparto, che ci vede tra i maggiori leader mondiali sotto ogni punto di vista. Per questo motivo ritengo sia importante premere sull’acceleratore, perché incentivando la produzione possiamo raggiungere i più ambiziosi obiettivi, tra i quali anche un ritorno alla terra da parte delle nuove generazioni che vedono nel biologico una grande opportunità.
I numeri del settore
Con 2,1 milioni di ettari, 102mila in più rispetto al 2019, l’Italia si conferma il terzo paese Ue come superficie coltivata a biologico, preceduta da Spagna (2,4 milioni di ettari) e Francia (2,5 mln/ha). L’Italia mantiene il primato come numero di produttori biologici attivi (71.590), seguono Francia (53.255) e Spagna (44.493).
Il nostro Paese emerge anche come incidenza di superficie bio sul totale 16,6%, la più elevata in Ue che ha raggiunto una media del 9,2%.