Ismea e Masaf in trasferta a L’Aquila.
La scelta del capoluogo abruzzese per la presentazione dei dati del biologico 2022 in occasione del convegno “Appuntamento con il bio” (vedi i riscontri su superfici, operatori e mercato cliccando qui) corrisponde all’esigenza strategica di rappresentare l’importanza del settore primario per le aree interne a forte rischio di spopolamento.
1Gli obiettivi del Ministero
«Il progresso della nuova agricoltura – ribadisce il sottosegretario Luigi D'Eramo, aquilano di nascita - deve passare necessariamente per le aree di montagna. La produzione di alimenti di qualità è uno dei fattori decisivi per il turismo delle aree interne e occorre aiutare le piccole imprese che producono eccellenze a reggere e progredire. È bene ricordare che gli agricoltori sono i primi custodi dell'ambiente».
«Il biologico– conferma D'Eramo, che come sottosegretario ha la delega per questo settore - è una colonna portante di questa strategia, perché può essere un volano di sviluppo per queste aree: il livello del 19% di superficie agricola bio ci incoraggia in questo senso».
«Stiamo puntando molto – continua - sul potenziamento del biologico: dopo l'approvazione della legge specifica stiamo andando avanti con i decreti attuativi e con il Piano d’azione nazionale». Tra gli obiettivi più importanti di questi provvedimenti c'è il varo del marchio del biologico made in Italy che andrebbe a unire due elementi di qualità come l’origine e il metodo di produzione sostenibile, «un doppio valore che aumenterebbe la riconoscibilità nel nostro Paese e sui mercati internazionali».
2Biodistretti e zootecnia estensiva, due chiavi di sviluppo
«Il biologico può essere strategico per le aree interne – assicura Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio – ma al tempo stesso le aree interne sono un’opportunità per la crescita del bio». Due sono gli esempi che Mammuccini cita a sostegno della sua tesi. Il primo è quello dei biodistretti, una forma di aggregazione territoriale sostenuta e incentivata anche attraverso specifici fondi Pnrr.
«Il bio – dice- non gioca un ruolo decisivo solo sul fronte della tutela dell’ambiente e della biodiversità, ma anche sul piano economico e sociale». «Con la sua valenza assicura infatti stabilità ai sistemi locali di produzione e consumo ricostruendo sistemi di filiera corta sostenibili e riconoscibili che rivitalizzano non solo l’agricoltura ma anche il commercio e il piccolo artigianato. Una valenza che si esprime al meglio nei biodistretti».
E il secondo tema decisivo anche per aree come l’Aquilano, un’area al centro di quella che una volta era la solida economia della transumanza, è quello della zootecnica estensiva. «Occorre ribadire l’importanza del legame tra produzione agricola e zootecnica, un tema in cui il modello biodinamico eccelle, contrastando tentazioni insostenibili anche dal punto di vista antropologico (quelle della carne e del latte sintetici, ndr), anche perché la zootecnia estensiva realizza in questo modo quello che è il più efficace modello di economia circolare, l’unico in grado di realizzare in maniera efficace la rigenerazione della sostanza organica dei suoli e contrastare così il cambiamento climatico».
Riguardo ai dati presentati da Ismea Mammucini sottolinea «la significativa crescita delle produzioni bio in Italia che rappresenta un segnale chiaro della fiducia da parte degli agricoltori nel biologico».
«Questi segnali positivi devono, tuttavia, trovare un adeguato riscontro anche dal punto di vista dei consumi che, invece, stanno segnando il passo. È necessario, dunque, un impegno ancora maggiore nello sviluppo di campagne di sensibilizzazione che, oltre a rivolgersi ai cittadini, coinvolgano anche nuovi comparti come, per esempio, l'HoReCa, che può rappresentare a tutti gli effetti un ambasciatore del biologico».
3«Puntare su filiere integrate e cooperative»
«Per stimolare la crescita dei consumi bio – sostiene Francesco Torriani, Coordinatore del settore Biologico di Alleanza Cooperative Agroalimentari – è strategica la messa a punto di efficaci programmi promozionali, con risorse pubbliche e private».
Ismea è infatti in partenza con un proprio piano dedicato al settore, ma Torriani sfida la platea abruzzese chiedendo se qualcuno ricorda in particolare qualche claim pubblicitario in favore del biologico. «I dati – ribadisce - sui consumi dei prodotti biologici nel 2022, che vedono scendere l’incidenza delle vendite bio sulla spesa agroalimentare complessiva dal 3,9% al 3,6%, rendono ancora più impellente la richiesta avanzata dalla cooperazione di promuovere e incentivare la crescita delle produzioni biologiche sul territorio, sostenendo contestualmente anche la domanda».
«Un obiettivo duplice, che può essere conseguito solo puntando sull’aggregazione, poiché in un contesto caratterizzato da una riduzione del potere di acquisto delle famiglie, sono solo le filiere efficienti quelle in grado di mettere sul mercato prodotti di qualità a prezzi competitivi».
Visto il ruolo strategico che le filiere rivestono per la promozione del biologico, secondo il coordinatore di Alleanza Cooperative «assume grande rilevanza l’impegno che ci attendiamo venga mantenuto dal Masaf di destinare il 25% delle risorse del V Bando Pnrr alle filiere biologiche». «Sarebbe veramente grave se tale impegno venisse disatteso e contraddirebbe gli obiettivi del Piano d’Azione nazionale recentemente varato dal Ministero a sostegno dell’agricoltura biologica». Torriani ha anche evidenziato un dato emerso dalla rilevazione Ismea, relativo alle aziende agricole biologiche, che risultano avere una dimensione media quasi tre volte più grande rispetto a quelle dell’azienda agricola convenzionale (28,4 ettari rispetto a 11 ettari). «Ciò smentisce la tesi comunemente diffusa – commenta Torriani – secondo la quale le aziende biologiche sono poco strutturate e adatte soprattutto a vendere nel raggio di pochi chilometri dall’azienda».
4Una disomogeneità territoriale da superare
«La diffusione disomogenea del bio – è l’analisi di Giuseppe Romano, presidente Aiab – con Regioni virtuose come la Toscana, Calabria, Marche, Sicilia già oltre il 25% e regioni che invece segnano il passo come Veneto e Lombardia, poco sopra il 5%, rappresenta uno dei fattori più critici». Anche perché, come evidenzia Romano, le aree con le superfici meno bio, sono quelle invece caratterizzate dal consumo più vivace. «Ben vengano dunque iniziative come il tavolo del bio voluto dal Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare per studiare strategie a livello centrale per superare anche queste strozzature».
«In questa ottica l’attenzione alle aree interne, che non devono essere chiamate aree marginali, non rappresenta un ritorno al passato, ma la chiave per chiudere le filiere con una forte integrazione tra produzione e trasformazione, consentendo una valorizzazione della produzione locale anche nei mercati di riferimento».
«L’attenzione al bio – stigmatizza Romano – come opportunità di sviluppo si deve però manifestare anche a livello amministrativo: siamo all’esordio della nuova Pac e la macchina deve essere messa a punto. Sono state distribuite deroghe per qualsiasi adempimento, compreso quelli per certi versi concorrenti come l’iscrizione al sistema Sqnpi, tranne per il bio».
5Il ruolo dell’imprenditoria giovane e femminile
«L’attenzione alle aree interne – commenta Nicoletta Maffini, neopresidente di Assobio – si deve dimostrare con una maggiore attenzione verso l’imprenditoria giovanile e femminile, veri protagonisti del ripopolamento di molte zone collinari non solo in Abruzzo ma lungo tutta la catena dell’Appennino».
«Il bio – ribadisce - è la soluzone migliore per la salute dell’uomo, dell’ambiente e degli impollinatori le campagne di comunicazione devono puntare su questi valori». «Siamo in un momento di forte crisi del potere d’acquisto dei consumatori e i costi dei prodotti sono un tema da affrontare, ma non possiamo strozzare i produttori alle prese con le pesanti conseguenze dei cambiamenti climatici». «Occorre mettere in campo strumenti pragmatici per avvicinare le esigenze dei produttori e quelle dei consumatori attraverso ad esempio la riduzione dell’iva per prodotti bio freschi o il baby food, lavorare sul credito d’imposta o sulla riduzione dei costi di certificazione».
6Produrre ambiente e qualità
«Le crisi che abbiamo attraversato – ricorda Maria Letizia Gardoni presidente di Coldiretti Bio -, prima quella sanitaria, poi energetica e infine economica e geopolitica, hanno acceso un riflettore sulla vulnerabilità dei nostri sistemi produttivi». «Il sistema agroalimentare in genere – continua - e quello bio in particolare (anche per la minore dipendenza da mezzi tecnici esterni) ha dimostrato di essere il settore più resiliente, in grado di sostenere il valore della nostra economia, mostrando l’indispensabilità del nostro ruolo e giustificando il favore concesso dalla Farm To fork e la necessità di una legge e di un piano d’azione specifici».
«Ora occorre mettere a punto strategie coerenti con questi indirizzi e con queste necessità, riconoscendo il ruolo di noi produttori bio non solo dal punto di vista della sostenibile ambientale ma anche per la capacità di produrre cibo di qualità, ma anche di distribuirlo e venderlo».
«Sfatiamo il mito del bio che produce meno, al netto dei servizi ecosistemici forniti il bilancio del benessere netto fornito pende nettamente in favore delle aziende del bio e del biodinamico».
7Un patto tra produttori e consumatori
«Le famiglie dei consumatori sono “prudenti” – mette in evidenza Giuseppe de Noia, presidente di Anabio-Cia – a causa della perdita del potere di acquisto, le famiglie dei produttori sono sfiduciate per l’insicurezza delle produzioni, minacciate come non mai dall’impatto dei cambiamenti climatici».
L’appello di De Noia è di superare questo clima di incertezza con una forte unità di intenti, sia all’interno del bio che tra diversi settori economici.
«La sostenibilità economica del sistema Italia si tutela incentivando le produzioni in grado di sostenere l’economia dei territori. Ma anche accelerando sulla costituzione di quegli organismi, come l’interprofessione, in grado di favorire questa unità di intenti sia a livello di filiere che di distretti».
8Il saluto del Ministro
Al convegno sono intervenuti anche Erminio Pensa, neo presidente dei giovani di Confagricoltura Abruzzo, Angelo Candita, presidente regionale della confederazione liberi agricoltori bio e Sandro Pucciarelli della Verde Abruzzo onlus, che ha testimoniato l’attuale attivazione di biodistretti anche in Abruzzo, unica regione dove finora mancavano.
«Il biologico - conclude il ministro Francesco Lollobrigida, in videocollegamento da Roma - è un elemento portante della strategia che vede la sostenibilità ambientale viaggiare in parallelo con una strategia di sostenibilità produttiva e che tenga conto della necessità di mantenere l'equilibrio sociale».
«Il nostro obiettivo è di continuare a sostenerlo sia in termini economici sia in termini culturali, valorizzando il legame tra il territorio, cibo e salute, attraverso un modello che dia attenzione al lavoro e che persegua sempre l'elemento della qualità».
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