Un’altra legislatura si è chiusa con un nulla di fatto nel tentativo, che va avanti ormai da 15 anni, di dare all’Italia una norma nazionale per sostenere e organizzare il settore diventato nel frattempo il più dinamico e innovativo dell’agricoltura italiana e europea. Del disegno di legge sull’agricoltura biologica si sono infatti salvati solo i distretti biologici, equiparati all’ultimo momento nella legge di stabilità ai distretti del cibo. Un fatto importante, ma certo non sufficiente a dare al settore un’organizzazione all’altezza del compito di guidare una crescita che finalmente interessa anche la produzione agricola su vasta scala e le filiere, con dimensioni e velocità tali che hanno già reso inadeguati gli attuali Psr.
Formazione, ricerca e organizzazione interprofessionale sostenuti da un piano nazionale dedicato erano gli elementi qualificanti e urgenti della legge sul bio, che per miopia politica e interessi di parte è stata fermata al Senato, quando ormai era solo da votare in aula con un consenso annunciato amplissimo. E poi c’è la riforma del sistema di controllo, anch’essa attesa da molti anni e pronta ormai per essere trasformata in atto normativo ma di cui non si parla più e che autorevoli esponenti del Governo danno per persa. Per quale motivo, se il Governo è in carica e il ministro Martina ne ha fatto uno dei pilastri della sua azione al dicastero agricolo, dove ha la responsabilità diretta anche del settore biologico?
Pensare di gestire una fase di crescita tumultuosa come quella che il biologico italiano sta vivendo dal 2011 con un sistema di certificazione obsoleto, dove l’Autorità pubblica dichiara di non avere strumenti efficaci per intervenire sui comportamenti degli organismi delegati al controllo e alla certificazione è da irresponsabili. In questo momento diverse Procure in tutta Italia stanno indagando su gravi fatti di frode e al Tribunale di Pesaro si attende a giorni la decisione in merito all’avvio di un processo per un’enorme frode su materie prime triangolate anche da Malta risalente a qualche anno fa, ma con protagonisti ancora attivi e meccanismi che qualcuno pare stia riproponendo su altre sponde marinare assai vicine all’Italia.
Se la politica non avrà il coraggio di azzerare una situazione che va avanti ormai da 22 anni, con alcuni organismi di certificazione che ormai si sentono intoccabili e vivono ostaggi di un conflitto d’interessi che è sotto gli occhi di tutti, il futuro di questo mercato, che si basa sulla fiducia dei consumatori nella terzietà e nell’efficacia del sistema di controllo, sarà messo in grave pericolo. La forte pressione di interessi industriali per banalizzare i prodotti biologici, addizionandoli di vitamine e micronutrienti di sintesi, non ha nemmeno atteso il completamento dell’iter della riforma del regolamento europeo di settore e pone ora l’Autorità competente di fronte alla necessità di intervenire, seppur tardivamente, per sanare un’inaccettabile prevaricazione e tradimento della fede pubblica. Mentre gli agricoltori biologici onesti soccombono sotto metri di carta, combattendo con sistemi informatici che non funzionano e con l’ottusità e la sovrabbondanza di chi fa i controlli.
Insomma, il Governo di ora e certamente quello che verrà non potranno eludere ancora per molto le proprie responsabilità di fronte alla necessità di intervenire per salvaguardare una delle poche speranze di futuro dell’agricoltura italiana. Se, come scrive il ministro Martina nel suo documento elettorale così straordinariamente lucido e avanzato, l’agricoltura italiana entro il 2025 dovrà produrre e stare sul mercato senza pesticidi sarà bene che quella biologica di ora venga rafforzata e riformata alla svelta.
di Paolo Carnemolla
Presidente Federbio
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