Sono 86.000 gli operatori e 2.186.570 gli ettari del biologico italiano. Si tratta dei dati al 31/12/2021 che Pietro Gasparri, dirigente Mipaaf dell’Ufficio per l’Agricoltura biologica e sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali, ha reso noti in occasione del Sana. Questo vuol dire che il biologico sta crescendo ancora, nonostante la crisi d’identità: +4,4% (+96,3% in 11 anni) le superfici e +5,4% (+80,7) gli operatori.
Confronti con i partner Eu
Sono state più brave, però, la Germania e la Francia dove le superfici crescono rispettivamente del 9 e 5,9%.
Per quanto riguarda nello specifico le aziende agricole la crescita è stata del 6%. Fa meglio solo la Francia (+9,7) mentre Germania e Spagna si fermano al 3 e all’1,1%.
Oggi la superficie media di un’azienda biologica italiana è di 28,8 ha mentre aziende più grandi sono presenti in Spagna (media 54,8 ha), Germania (49,6) e Francia (47,5).
Le regioni più biologiche sono Sicilia, Puglia, Toscana, Calabria ed Emilia-Romagna che nel loro insieme ospitano il 55,3% delle superfici bio.
Zootecnia con alti e bassi
Per la prima volta quest’anno sono stati resi noti i anche i dati della zootecnia. Questa, mentre vede una crescita del 20,6% di pollame e 13% delle api, contempla un calo di circa il 6% del settore ovicaprina. I Bovini salgono del 3,1%. L’incidenza di animali bio sul totale della zootecnia vede in testa i caprini (9,4%) seguiti da ovini (8,6%), bovini (7%), pollame (4,8%) e infine suini (0,7%).
Le importazioni di biologico in Italia si sono concentrate su cereali (54.113 tonnellate), frutta fresca e secca (40.940) e colture industriali (35.518).
Crescono vite e cereali
Il valore alla produzione complessivo del biologico nazionale è di 3,96 miliardi di euro, in crescita dell’11% rispetto al 2020 e del, 7,3% rispetto al 2019. Vite e seminativi biologici crescono in maniera continuativa da oltre un triennio. Le colture permanenti perdono invece valore nonostante l’aumento delle superfici in conseguenza delle basse rese produttive del 2020 e 2021.
Consumi interni
Il mercato interno vede un consumo di biologico (2021) di 3,38 miliardi di euro in flessione del 4,6% rispetto al 2020 (ma la crescita è del 4,5% se facciamo il confronto col 2019, anno prepandemico). Purtroppo nel periodo gennaio-maggio di quest’anno si è assistito a un ulteriore calo dei consumi dell’1,9% mentre sembra che da giugno ad oggi ci sia stata una ripresa, comunque tutta da verificare. Nello stesso periodo il convenzionale non ha avuto la stessa defiance.
Il carrello del supermercato
La composizione del carrello della spesa è rimasta inalterata rispetto al 2020. L’ortofrutta bio si attesta sul 9,3% del totale. Nel carrello la spesa dell’ortofrutta è quella merceologicamente più rappresentata (46,1% nel bio contro il 20% del convenzionale). Crescono i vini (+5,7%) e le carni (+13%) che però hanno una bassa incidenza rispetto alle corrispettive categorie dell’agroalimentare convenzionale.
Bene i discount
Per quanto riguarda i canali di vendita la grande distribuzione, anche se in leggera flessione, si conferma il canale più importante di vendita per il bio, mentre i negozi specializzati subiscono un importante rallentamento pur mantenendo un peso fondamentale per il settore. I discount rappresentano l’unico canale di vendita in crescita anche nel 2021.
Determinante il ruolo del consumatore
“È fondamentale il ruolo del consumatore per rilanciare il mercato – ha detto Riccardo Meo, responsabile del settore biologico di Ismea -. il valore al consumo ha retto agli effetti della pandemia nel 2020 per poi registrare un rallentamento nel 2021. in questo momento la domanda cresce con un ritmo non sufficiente se si pensa che oggi ogni 100 euro spesi al supermercato, solo 4 euro sono relativi a prodotti bio. Il mercato è stagnante non solo in Italia ma anche in altri Paesi leader, ma questo non ci deve consolare, per il consumo di prodotti bio. La crescita del mercato biologico nei prossimi anni dunque è in mano alle scelte del consumatore”.
Un consumatore che sarà sempre più attento ed informato per poter fare scelte consapevoli di prodotti sostenibili e di elevata qualità. Allo stesso tempo, però, dovrà fare i conti con il proprio bilancio economico che in questo momento, in molti casi, purtroppo l'ha indotto ad orientarsi verso prodotto di primo prezzo.