Un piano economico per convertire al bio l’allevamento

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Pezzate Rosse in coda per entrare in sala mungitura.
L'azienda Marianis di Lignano Sabbiadoro (Ud), che conta 700 capi di Pezzata Rossa, è appena diventata biologica. «Il passaggio è avvenuto senza problemi» fa sapere la direttrice aziendale Fabienne Coletti.

Salendo sull’argine a mare che delimita l’azienda Marianis, si vede la laguna friulana e, in lontananza, la famosa località turistica di Lignano Sabbiadoro (Udine). È anche questo, vedere se si riescono a cogliere le opportunità offerte dal turismo, uno degli elementi che ha contribuito alla scelta della nuova “proprietà” di virare verso la conversione al biologico.

Fabienne Coletti

«Quando, nel 2012, il Circolo Agrario Friulano è entrato in Marianis come affittuario dell’Ersa – spiega la direttrice aziendale Fabienne Coletti -, le cose non erano messe bene. Non solo i cereali avevano visto crollare il loro prezzo di mercato, ma la mandria non era in buono stato e anche i terreni e le strutture aziendali avevano bisogno di interventi sostanziosi. Così, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo studiato un piano di sostenibilità economica che, viste anche le caratteristiche dei terreni aziendali (provenienti dalla bonifica idraulica di fine Ottocento), ci ha fatto prendere la strada della conversione dall’agricoltura e allevamento tradizionali, verso il biologico. Con una certa semplicità e senza particolari scossoni – aggiunge Fabienne – non solo perché la Pezzata Rossa Italiana è una razza rustica, ma anche perché già molte condizioni del benessere animale erano rispettate e, così pure, c’era un contenuto utilizzo di antibiotici, a esempio. Le difficoltà maggiori le abbiamo incontrate nel controllo dei calori delle bovine (che ora sono esclusivamente naturali) e nella gestione della vitellaia dove sono state abolite le gabbiette e notiamo una certo rallentamento della crescita ponderale giornaliera dei giovani animali».
Così, da gennaio del 2018, terminati i due anni di conversione previsti dalle normative che regolano gli allevamenti biologici, la Marianis è la più grande stalla biologica italiana dedicata alla Pezzata Rossa, con i suoi 700 capi complessivi, dei quali circa 300 in lattazione, gestiti da una decina di collaboratori.
La storia di Marianis e dei suoi 600 ettari, praticamente, è millenaria, ma volendone raccontare solo il segmento più recente si può sottolineare che essa, nel 1963, apparteneva all’Ente nazionale delle Tre Venezie. Nel 1980 passa alla Regione Friuli Venezia Giulia che la dà in gestione all’Ersa. Dal 1985 al 1994 viene gestita dal Centro regionale di Fecondazione artificiale che poi la ripassa all’Ersa. L’Agezia regionale per lo sviluppo rurale, come detto, nel 2012, la cede in affitto al Circolo Agrario Friulano (con sede a San Giorgio alla Richinvelda, di Pordenone), per 20 anni. E il Circolo mette in piedi un vero e proprio progetto di rilancio dove il biologico è solo una prima tappa. Marianis, infatti, è sempre stata un’azienda molto ancorata nel suo territorio e nella comunità locale (siamo nel Comune di Palazzolo dello Stella, in provincia di Udine) con la quale sta costruendo un nuovo percorso che passa anche per l’organizzazione di eventi culturali, sportivi e, soprattutto, promozionali, vista la vicinanza con una località balneare che, ogni anno, viene frequentata da qualche milione di persone.

Il biologico di Marianis
Tutti gli animali hanno ottimi spazi liberi a disposizione e ogni stalla dell’azienda ha la propria destinazione d’uso. In una ci sono i vitelli e le manze, in un’altra l’infermeria, le vacche e le partorienti. L’indirizzo è quello legato alla produzione del latte per cui, una volta scolostrati (in azienda c’è anche la banca del colostro), entro 15 giorni di vita i vitelli maschi vengono venduti. Dalle tre mungiture giornaliere (l’azienda dispone di una sala a spina di pesce con 12 + 12 posti di mungitura) si raccolgono circa 97 litri di latte. Una produzione unitaria che si attesta sui 30 litri giornalieri a capo, con una percentuale media di grasso pari al 3,84%; di proteine pari al 3,34% e di cellule che non supera le 200mila per ml. Il latte viene venduto a un’azienda di trasformazione di grandi dimensioni che ha un proprio stabilimento di raccolta e lavorazione a Campoformido (Udine). La remunerazione del latte biologico (il prezzo di vendita e acquisto ha come riferimento base le quotazioni del mercato bavarese) è di circa il 25% superiore rispetto a quello convenzionale.
I vitelli, le manze, le vacche in asciutta e quelle ospiti dell’infermeria, si muovono sulla lettiera permanente con la paglia. I box vengono inoculati con i batteri che aiutano la fermentazione delle deiezioni e, di conseguenza, la rimozione completa dello stallatico viene effettuata ogni 2-3 mesi.
Le vacche, invece, hanno a disposizione le cuccette munite di tappeti in gomma sui quali viene cosparsa della segatura di legno. Il liquiletame viene raschiato automaticamente, con ripetute cadenze giornaliere, e finisce in una vasca di raccolta. Letame e liquiletame sono prodotti in quantità sufficiente per fornire la sostanza organica ai terreni aziendali (di tessitura limoso-argillosa) in autonoma conduzione biologica (non si acquistano concimi organici dall’esterno). Le stalle delle vacche sono munite di raffrescatori e doccette automatizzate, oltre che di spazzole per il benessere animale.
I calori vengono rilevati con i podometri e gestiti da un apposito software. La mortalità neonatale è sempre stata molto bassa e la vita media di ogni bovino è prossima ai cinque anni.
L’azienda effettua la rimonta interna e, per le fecondazioni, segue il Piano di accoppiamento proposto dall’Anapri, finalizzato al miglioramento della qualità e quantità della produzione del latte.

Le razioni alimentari
Premesso che, dei 600 ettari aziendali, 100 sono destinati alla coltivazione dell’erba medica, 260 alla coltivazione di cereali (senza il mais) ed erbai misti, 40 a prato stabile, circa il 60% della razione alimentare delle bovine è composto da insilati d’erba (sorgo, veccia, pisello proteico, frumento) e fieno di prato stabile; il 35% da sfarinato di cereali (macinati in azienda) e il 5% da pannello di soia biologico di provenienza italiana. Il fieno di erba medica fasciata viene distribuito a volontà. Come scritto, non si coltiva il mais e, perciò, non di distribuisce agli animali né silomais, né sfarinato di mais.
Tutti i componenti della razione vengono prodotti in azienda a esclusione del pannello di soia (a Marianis non si coltiva nemmeno la soia, a motivo delle non adatte condizioni agronomiche dei terreni). Le formulazioni vengono composte con la consulenza del nutrizionista animale Andrea Formigoni, professore del Dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna.

Scheda aziendale

Denominazione: Azienda agricola Marianis.
Località: Marianis di Palazzolo dello Stella (Udine).
Razza allevata: Pezzata Rossa Italiana.
Numero di capi allevati: 700.
Numero capi in lattazione: 300.
Stabulazione: libera con cuccette con segatura.
Ettari coltivati: 600.
Principali colture aziendali: erba medica per produzione di fieno in balloni; sorgo, veccia, pisello proteico, frumento per produzione di insilato; prati stabili per produzione di fieno.
Produzione media di latte: 30 l/capo/giorno.
Qualità del latte: 3,84% grasso, 3,34% proteine, 200mila cellule per ml.
Destinazione: consegna ad azienda di trasformazione.
Certificazione biologica: Ccpb di Bologna.

I CINQUE CAPI DI PEZZATA ROSSA FRIULANA

A Marianis, con particolare cura, vengono anche allevate cinque vacche “antiche”. Si tratta di alcuni degli ultimi esemplari di Pezzata Rossa Friulana (Prf) ancora in vita. La Prf era una vacca a triplice attitudine (lavoro, carne e latte), progenitrice dell’attuale Pri, a duplice attitudine (carne e latte). Dopo molti tentativi di fecondazione non andati a buon fine (questi animali, ormai, fanno difficoltà a rimanere gravidi), utilizzando del seme congelato di tori Prf conservati dal Centro di fecondazione artificiale di Moruzzo (Udine), gestito dall’Associazione regionale allevatori del Friuli Venezia Giulia, per il mese di marzo si attende una prima nascita.
L’obiettivo del progetto di salvaguardia di questi animali e delle caratteristiche della razza è proprio quello di mantenere in vita un patrimonio genetico che ha dato molto alla zootecnia moderna e che potrebbe dimostrare ulteriormente la propria utilità (in chiave di biodiversità), in un futuro prossimo.

Un piano economico per convertire al bio l’allevamento - Ultima modifica: 2018-02-21T16:24:34+01:00 da Lucia Berti

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