Global warming, ma quanto ci costi?
Stiamo vivendo il decennio più caldo degli ultimi 1400 anni, con una temperatura media cresciuta di 0,85 °C in poco più di cent’anni. (Report Ipcc 2013). Il rispetto dell’accordo di Parigi, firmato nel 2015 da 196 paesi (COP 21), che prevede di contenere l’aumento della temperatura media del pianeta entro i 2 °C entro la fine del secolo, potrà essere raggiunto solo con l’azione combinata della riduzione delle emissioni di CO2,da una parte, e il potenziamento del sequestro del carbonio presente in atmosfera, dall’altra.
Prodromi di brusca recessione
Al di sopra di questa soglia, ritenuta invalicabile, il costo sociale ed economico diverrebbe incalcolabile e prodromo di una brusca recessione economica legata ad un aumento delle migrazioni delle popolazioni e da una concomitante caduta del reddito medio pro-capite e del Pil globale.
Catastrofi naturali e perdita di produzione agricola causate da eventi climatici estremi (es. bombe d’acqua, inondazioni, frane, siccità, ecc.) saranno alla base di questo impoverimento.
Il ruolo della tecnologia
Dalla politica (?) e dalla tecnologia ci si aspettano soluzioni adeguate. La riduzione dell’impronta del carbonio in tutte le filiere agroalimentari è una necessità inderogabile; ed ecco allora che lo spostamento delle coltivazioni in aree più idonee, l’uso di cultivar resistenti, gli inerbimenti ed i sovesci, l’ottimizzazione dei pascoli, i modelli di coltivazione più rispettosi dell’ambiente, l’agricoltura di precisione ed il rateo variabile, le macchine e le attrezzature eco-compatibili di ultima generazione, la sensoristica sia da remoto che prossimale (internet of thing incluso) in grado di guidare la difesa, l’irrigazione, la nutrizione, la gestione della chioma e del suolo, ecc., diventano strumenti tecnici importanti da valorizzare ed utilizzare in modo esteso, poiché in grado di fornire un aiuto concreto sia nell’immediato che nel futuro.
Pianeta Terra presenta il conto: $15mila miliardi di danni
Ma a quanto ammonta il costo delle emissioni di CO2? Ricke et al. (articolo appena pubblicato sulla rivista Nature Climate Change) stimano che per ogni t. di CO2 rilasciata nell’atmosfera l’umanità paga un conto di 417 dollari. Le emissioni del 2017 sono state pari a 37 miliardi di t. di CO2, l’esborso globale stimato è pari a 15mila miliardi di dollari, pari al PIL generato ogni anno dall’intera UE a 28 oppure a quello prodotto in Italia in 8 anni. Pertanto, mentre i governi si dannano l’anima per racimolare 30-40 miliardi di euro l’anno necessari per la manovra finanziaria (Def), ci permettiamo il lusso di sperperare una valanga di miliardi per riparare i danni (evitabilissimi) del global warming. Un danno che oltretutto è concentrato nella fascia climatica temperata (dove si trova l’Italia), con una forte limitazione della crescita economica, mentre più a Nord (Russia, Canada, Regno Unito, Germania, Polonia, Ungheria, Svezia, ecc), l’aumento delle temperature può portare effetti positivi.
L'impatto diretto e collaterale
Occorre poi non sottovalutare l’impatto sociale, non solo in termini di infrastrutture distrutte e vite umane ed animali stroncate, senza dimenticare quello ecologico: sconvolgimento degli ecosistemi e migrazioni di massa sia di esseri umani sia di animali e piante, inclusi insetti e specie aliene. Senza voler fare terrorismo psicologico, occorre ricordare che l’ aumento di nuovi virus e agenti infettivi. anche in Italia, è causato dalla disponibilità di ambienti più ospitali per i vettori specifici, zanzare in primis: altri elevatissimi costi aggiuntivi da sostenere in termini di welfare. Cosa aspettiamo a valorizzare e incentivare le pratiche anti global warming in agricoltura?
Alberto Palliotti, Università degli Studi di Perugia,
Comitato scientifico Terra e Vita
Editoriale pubblicato su Terra e Vita