Carbon farming, un bluff che viene alla luce?
Proprio in questi giorni si è tenuta presso l'VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati un'audizione sull'agricoltura rigenerativa e sulle pratiche virtuose in grado di assorbire e stoccare nei suoli l'eccesso di CO2 atmosferica. Un'attenzione istituzionale che rischia però di essere intempestiva. A inizio settembre il valore dei future sui carbon credit scambiati nel sistema europeo Ets, obbligatorio per i settori industriali ad alta intensità energetica (come le raffinerie di petrolio, la produzione di metalli o quella di cemento) ha accusato infatti un’inattesa perdita (scivolando a circa 83 €, vedi su https://carboncredits.com/carbon-prices-today/). Si calcola che l’Ets copra solo il 45% delle emissioni di gas serra nella Ue, ma la situazione nel mercato volontario non è migliore.
Scambi dei carbon credit al lumicino
La dimensione del mercato dei crediti volontari (chiamati riduzioni volontarie delle emissioni – Ver) in Europa è infatti molto piccola. Attualmente i Ver sono utilizzati principalmente da aziende che stanno cercando di compensare volontariamente le emissioni generate durante le loro attività commerciali, al fine di dimostrare più responsabilità sociale e stabilire un’immagine aziendale più sana e verde.
Nel corso degli ultimi mesi però alcuni dei grandi nomi che animavano gli scambi come Nestlè o Gucci hanno ridotto fortemente gli acquisti (leggi al riguardo l’agenzia Reuters) e alcuni studi hanno rilevato che diversi progetti di protezione delle foreste non hanno prodotto i risparmi sulle emissioni promessi. Di conseguenza il valore dei crediti di carbonio volontari è sceso a 1,6 (era sopra 12 un anno fa).
Elezioni imminenti
Di fatto l’attenzione sui temi ambientali sta diminuendo man mano che si avvicina la naturale scadenza della legislatura europea che ha introdotto il Green deal e la Farm to fork e questo rischia di vanificare gli sforzi di chi sta investendo, anche in Italia, sulla carbon farming.
La Commissione Ue ha infatti elaborato lo scorso novembre una proposta di regolamento sulla certificazione degli assorbimenti di carbonio molto attesa dagli agricoltori perché vuole introdurre maggiore chiarezza riguardo alle pratiche agronomiche virtuose, ma i tempi per l’approvazione di questo pacchetto sono molto stretti e il crollo dei crediti di carbonio rischia di vanificare le buone intenzioni di Bruxelles.
Le proposte della Comagri
La ComAgri (Commissione agricoltura) dell’Europarlamento ha completato la sua analisi sul pacchetto normativo solo alla ripresa dei lavori parlamentari dopo le ferie estive, ma le maggiori competenze riguardo al provvedimento sono a carico della Commissione Ambiente, che deve ancora discutere la bozza.
L’attuale clima di incertezza riguardo al mercato volontario dei crediti di carbonio ha spinto comunque la Comagri a chiedere, nel suo parere, di andare oltre alla proposta del vicepresidente Frans Timmermans, non lasciando le certificazioni dei crediti di carbonio agricoli e lo scambio di certificati di emissioni negative alle fluttuazioni (ormai negative) del libero mercato ma prevedendo una remunerazione diretta attraverso la Pac.
Il parlamentare liberale ceco Martin Hlaváček, responsabile del caso in seno alla Comagri (come riporta Euractiv), ha accolto con favore la “larga maggioranza” che ha votato a favore del suo progetto.
«Il voto ha confermato – mette in evidenza Hlaváček - che per garantire in futuro l’adozione volontaria delle pratiche di carbon farming da parte di un numero significativo di agricoltori e massimizzare il loro potenziale di generare rimozioni di carbonio, è necessario un approccio su misura per l’agricoltura e la silvicoltura».
Valorizzare i certificati
La proposta originaria della Commissione, presentata nel novembre dello scorso anno, stabilisce standard a livello UE per la certificazione della rimozione del carbonio, anche in agricoltura, ma non attribuisce un preciso valore a questi certificati che, nelle intenzioni di Timmermans, servirebbero solo a portare maggiore fiducia nel mercato dei crediti di carbonio volontari (una sorta di effetto incentivante che rischia di essere decisamente tardivo, visto l'abbattimento delle quotazioni).
Gli europarlamentari hanno ribadito invece che, per garantire maggiore efficacia all’impegno della neutralità climatica entro il 2035, tali certificati debbano essere valorizzati con un'adeguata premialità stabilita da Bruxelles.
Contrasti che vanificano l'impegno degli agricoltori
Altre significative proposte di modifica riguardano le pratiche agronomiche da attuare. Comagri propone infatti di ampliare la definizione di ciò che la proposta normativa qualifica come carbon farming per includere non solo le “attività di rimozione del carbonio”, ma anche l'impegno per la riduzione delle emissioni agricole.
Propone inoltre di allentare la definizione di “stoccaggio permanente del carbonio”, un obiettivo che rischia di andare ben al di là delle attuali pratiche di carbon farming. Mentre la proposta originale richiede infatti che un deposito di carbonio duri “diversi secoli” per essere qualificato come permanente, Comagri parla di un “periodo di tempo significativo”, una proposta quest’ultima che ha già ricevuto le forti critiche delle associazioni ambientaliste che ritengono che la permanenza dei carbon sink nel suolo debba essere assicurata (con un sistema di garanzia ancora tutto da inventare).
Contrasti che rischiano di vanificare l'impegno degli agricoltori e la missione della carbon farming, l'unica attività economica riconosciuta in grado di contrastare la spirale del climate change.
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