Ridurre la quantità di azoto all’interno del digestato consente di produrre un fertilizzante sostenibile e spendibile anche al di fuori dell’azienda a biogas dove viene prodotto. Con un doppio vantaggio. Da un lato ambientale, soprattutto se in zona vulnerabile ai nitrati, dall’altro si tratta di un possibile incremento di reddito per l’agricoltore/allevatore grazie alla vendita del fertilizzante.
Le tecniche proposte per la riduzione dell’N sono varie. Per aiutare gli operatori nella scelta della tecnica migliore il Mipaaf ha finanziato un progetto condotto dal Crpa (Centro ricerche produzioni animali) “Biogas_N – Sistemi di gestione e valorizzazione delle frazioni azotate nei digestati: valutazione delle tecnologie e bilanci dell’azoto” grazie al quale sono state predisposte delle Schede tecniche e un software gestionale per le aziende, presentati ad un convegno a Fieragricola organizzato dal Cib (Consorzio italiano biogas).
«L’appoggio del ministero ci ha permesso di presentare agli operatori i principali parametri di valutazione delle tecniche di trattamento dei digestati disponibili oggi in Italia» ha sottolineato Sergio Piccinini del Crpa che ha quindi presentato la filtrazione a membrana «una tecnica abbastanza nuova nell’ambito biogas, infatti è usata soprattutto per la filtrazione delle acque. Per ora abbiamo solo degli impianti sperimentali. Questa tecnica, consente di ottenere rese molto alte con produzione di acque scaricabili anche in bacini superficiali e un prodotto concentrato ricco di nutrienti N, P e K, richiede un pretrattamento spinto che ha alti costi energetici e soprattutto, essendo ancora in fase sperimentale, resta l’incognita della durata reale delle membrane di filtrazione nell’impianto».
Una scelta tecnica mirata
Altra tecnica abbastanza diffusa ma in via di perfezionamento è quella dello strippaggio e assorbimento di ammoniaca che viene recuperata in una sospensione di solfato di ammonio «un fertilizzante che ripaga i costi della tecnologia usata». Secondo Piccinini la «tecnica deve essere scelta tenendo conto del tipo di digestato che produciamo in azienda: nel solfato di ammonio derivante dalla strippaggio deve esserci almeno il 6% di N altrimenti invece di ottenere un fertilizzante vendibile otterremmo un rifiuto da smaltire».
Infine, tra le nuove tecniche di riduzione dell’azoto Piccinini ha parlato dell’essicazione un sistema «molto interessante proprio per la digestione anaerobica grazie all’energia termica a costo zero che lo rende sostenibile economicamente. L’essicazione concentra i nutrienti con l’obiettivo di produrre un pellet azoto organico vendibile come concime. Il sistema è semplice, con nastri ventilati a temperatura inferiore ai 100 °C, tipici essicatoi da foraggio». Certo una delle tecniche che più rientrano nei parametri richiesti dall’economia circolare, ha concluso Piccinini.