«L’accesso al cibo è un diritto di tutti, eppure 800 milioni di persone nel mondo ancora soffrono la fame. Per questo l’agricoltura oggi deve essere considerata davvero un bene comune, tanto più dopo la grande prova dimostrata in pandemia: solo con la promozione e la crescita di sistemi agricoli sostenibili e innovativi si può garantire la sicurezza alimentare globale, ridurre la povertà, difendere l’ambiente e la biodiversità, assicurare un reddito e, quindi, condizioni di vita più eque dal punto di vista economico e sociale». Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, nel suo intervento al G20 Open Forum al Teatro della Pergola dI Firenze.
Favorire accesso al credito per i piccoli agricoltori
È chiaro, però, che lo sforzo collettivo verso sistemi agroalimentari green, resilienti ed equi, va sostenuto con politiche dedicate e risorse adeguate, a cominciare dal Recovery Fund. «Ecco perché ai ministri del G20 chiediamo di aumentare l’accesso al credito, soprattutto ai piccoli agricoltori – ha detto Scanavino – garantire l’accesso alla terra e fermare il consumo di suolo. Investire in ricerca e nuove tecnologie, dalle tecniche di miglioramento genetico all’agricoltura di precisione; lavorare sulla formazione e sul trasferimento delle conoscenze. Ridurre gli sprechi nelle filiere favorendo la prevenzione e incrementando il recupero delle eccedenze di cibo. Assicurare mercati aperti con regole commerciali chiare. Valorizzare le produzioni di qualità e i territori. Promuovere le diete tradizionali, come quella mediterranea, contro modalità fuorvianti di etichettatura che vogliono condizionare invece di informare».
Puntare sul capitale umano dei Paesi in via di sviluppo
Per il presidente di Cia, tutto passa comunque dalla centralità degli agricoltori e delle aree rurali: «Per questo motivo – ha spiegato – bisogna rafforzare il capitale umano dei giovani, il nostro patrimonio più grande per un futuro sostenibile, e continuare a lavorare per la crescita delle aree interne, puntando su infrastrutture e servizi».
Obiettivi che diventano priorità assolute e globali se si guarda alle condizioni di Paesi come l’Africa, dove circa il 60% della popolazione ha meno di 25 anni, ma l’età media di un piccolo agricoltore africano è di oltre 60 anni. «È indispensabile operare per creare attraverso l’attività agricola, la valorizzazione delle comunità rurali e la promozione dei prodotti identitari, una migliore condizione di vita delle popolazioni – ha sottolineato Scanavino parlando al panel sulla cooperazione internazionale in Africa –. Abbiamo il dovere di contribuire alla crescita di quei Paesi. Di rafforzare, attraverso l’impostazione di nuovi e maggiori programmi di cooperazione agricola, una politica di sviluppo sostenibile tale da offrire, soprattutto ai giovani di quei Paesi, una prospettiva».