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A dieci anni esatti dalla
rivoluzione del disaccoppiamento
la
Politica agricola comune
cambia di nuovo pelle. Era il
mese di giugno 2003 quando
Fischler firmava l’accordo
politico che adesso, giugno
2013, Ciolos porta alla sua
logica conseguenza. Anche
se il testo del compromesso
uscito dall’ultimo trilogo con
Consiglio e Parlamento dopo
un estenuante negoziato (oltre
due anni e mezzo dalla
proposta ufficiale del novembre
2011), risulta come sempre
molto diluito rispetto alle
intenzioni iniziali. Il cuore
della riforma resta però la
«convergenza»: vale a dire il
riallineamento degli aiuti
Pac, sia esterno, tra i 27 (presto
28) Stati membri, che interno,
tra settori all’interno
dei singoli partner che ancor
oggi ricevono importi differenziati,
frutto del criterio storico
non più giustificabile.
Ma proprio su quest’ultimo
aspetto, la convergenza
interna, la chiave del compromesso
è stata quella che, anche
negli altri capitoli, alla
fine ha permesso di superare
le divisioni: ampia flessibilità
con deleghe quasi in bianco
agli Stati membri. Sarà
applicato il principio della
convergenza esterna, con percentuali
diverse: in ogni Stato
membro (o regione) saranno
ridotte le differenze dei
livelli di sostegno tra
un’azienda e un’altra: l’aiuto
per ettaro non potrà essere
inferiore al 60% della media
degli aiuti versati fino al
2019 nella stessa zona amministrativa
o agronomica. Oltre
a questo principio ci sarà
però una sorta di clausola di
salvaguardia: nessuna azienda
potrà vedersi ridurre gli
aiuti di oltre il 30 per cento.
Una misura ad hoc, di fatto,
per Spagna e Italia. Come
previsto poi gli Stati membri
potranno attribuire aiuti più
elevati ai «primi ettari» di
un’azienda con lo scopo di
sostenere i piccoli produttori.
Solo gli «agricoltori attivi
» potranno beneficiare in
futuro dei premi Pac: ci sarà
un elenco di attività escluse
(che potranno però chiedere
di ricevere i premi dimostrando
che i premi coprono
oltre il 5% del reddito complessivo),
e gli Stati membri
potranno fissare ulteriori
criteri.
Sarà obbligatoria l’applicazione
in tutti gli Stati membri
di una maggiorazione dell’aiuto
ai giovani del 25%
per i primi cinque anni. Questi
aiuti andranno ad aggiungersi
alle misure già disponibili
e riconfermato come il
premio di primo insediamento
dei Psr; gli Stati membri
potranno inoltre assegnare
aiuti maggiori alle zone svantaggiate;
potranno essere erogati
pagamenti accoppiati a
un numero limitato di produzioni,
fino al 13% nel caso
dell’Italia, a cui si aggiunge
un altro 2% specifico per le
proteine vegetali («omaggio
» al vecchio piano proteico
per ridurre la dipendenza
dell’Unione dall’import di
mangimi).
Sul greening l’Italia si salva
in corner: il 30% dei pagamenti
sarà subordinato al rispetto
di tre pratiche agricole
dai (teorici) benefici ambientali:
diversificazione colturale
(non per le aziende sotto i
10 ettari, solo due colture tra
i 10 e i 30 e tre oltre i 30),
destinazione del 5% (il 7%
dal 2018) dei terreni a opere
con valenza ambientale (siepi
e muretti a secco, ma sono
escluse colture permanenti e
riso) oppure, in alternativa,
una serie di «pratiche equivalenti
» definite nel regolamento.
L’accordo stabilisce anche
che almeno il 30% dei
fondi Psr sia destinato ad aiuti
ambientali.
I piccoli agricoltori potranno
accedere a un regime
semplificato, con aiuti forfetari
compresi tra 500 e 1.250
euro (fino al 10% del plafond
nazionale). Dall’altra
parte, niente capping ma una
«degressività obbligatoria
con un prelievo di almeno il
5% sui premi oltre i 150mila
euro. I fondi saranno trasferiti
allo sviluppo rurale.
Tra le misure di mercato
oltre al rafforzamento delle
Op, quote zucchero prorogate
al 2017, con la novità degli
accordi interprofessionali
obbligatori, e al 2030 il regime
dei diritti d’impianto dei
vigneti. Quest’ultimo in realtà
a partire dal 2016 sarà
sostituito da un meccanismo
di gestione delle autorizzazioni
con un limite di impianto
fissato all’1% del vigneto
per anno. Infine, la
Commissione potrà autorizzare
temporaneamente i produttori
a gestire i volumi immessi
sul mercato: un riconoscimento
ad hoc per estendere
ai prosciutti la programmazione
produttiva già riconosciuta
ai formaggi Dop
nel pacchetto qualità.