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L’ultima campagna del grano duro si chiude con molte ombre
e poche luci, a seguito di un andamento climatico anomalo
che ha determinato produzioni scarse e di bassa qualità.
L’unica nota positiva viene dal mercato, con prezzi che da tre anni
continuano a mantenersi tra i 250 euro e i 300 euro/t, mentre gli altri
cereali hanno subito un forte crollo.
Gli agricoltori guardano ora alla prossima campagna agraria, preoccupati
di un andamento climatico sempre più imprevedibile e irregolare,
con l’incognita del mercato e le novità della nuova Pac. Analizziamo
in dettaglio la situazione produttiva del settore, le novità della
Pac e le previsioni di mercato per la prossima campagna.
Produzione mondiale stabile
Il mercato mondiale del grano duro aveva fatto registrare negli ultimi
tre anni un sostanziale equilibrio
tra domanda e offerta. Diversa è
la situazione dell’ultima campagna,
dove la produzione è stata
inferiore alla domanda, secondo
le stime IGC (International Grains
Council). A fronte di un consumo
mondiale di 36,6 milioni di tonnellate,
la produzione mondiale
del 2014 si attesta a 34,6 milioni di
tonnellate, la più bassa degli ultimi
sette anni (tab. 1, fig. 1).
Le scorte sono in netta diminuzione
e sono stimate in 5,7 milioni
di tonnellate a fine campagna,
il valore più basso degli ultimi
sette anni (fig. 2).
I dati del raccolto 2014, secondo
le stime dell’IGC, indicano
pertanto un peggioramento del
grado di approvvigionamento
mondiale.
Dal punto di vista geografico,
nel 2014, la produzione è stimata
in forte calo nell’Unione europea
(-11%), Canada (-23%) e in alcuni
Paesi del Mediterraneo (Turchia,
Siria e Marocco). La diminuzione
di produzione nell’Ue riguarda tutti i paesi, in particolare Francia,
Spagna eGrecia (tab. 2).
Le stime dell’IGC sulla produzione
mondiale di grano duro
hanno allertato i mercati che hanno
immediatamente recepito la
situazione con un aumento di
prezzi rispetto alla campagna
precedente. Tuttavia per una visione
meno provvisoria del contesto
di mercato occorre attendere
le stime definitive sui raccolti nordamericani,
previste per ottobre,
e analizzare il cambio euro/dollaro,
i prezzi degli altri cereali e la qualità. Soprattutto quest’ultimo
punto è particolarmente importante, visto che in Italia e in generale
nell’Unione europea i livelli qualitativi del raccolto 2014 sono stati
particolarmente scarsi e, quindi, sarà necessario ricorrere a maggiori
importazioni di grani di alta qualità, tenendo conto che sarà difficile
reperirli sul mercato mondiale.
Negli ultimi mesi l’indebolimento dell’euro rende meno competitiva
la merce extracomunitaria, contribuendo ad un innalzamento dei
prezzi sul mercato interno dell’Unione europea.
Europa, deficit in crescita
L’Europa accresce il proprio deficit di grano duro e sarà costretta ad
aumentare le importazioni dal Nord America, in particolare dal Canada e, a seguire, dal Messico e dagli
Usa. I prezzi di importazione saranno
decisi dalle aste dei Paesi
del Nord Africa (Algeria, Marocco,
Tunisia) che incidono sulle importazioni
per quasi il40%(fig. 3).
Anche l’Italia importa annualmente
circa 2 milioni di tonnellate,
in parte dal resto dell’Ue, ma
per la maggior parte dal mercato
extracomunitario.
Sul fronte dei Paesi esportatori,
il Canada svolge da sempre un
ruolo leader con una quota di circa
il 57% del mercato mondiale (fig. 4); saranno quindi le strategie dei
canadesi a dettare gli andamenti del mercato mondiale del grano duro.
In questa campagna, il mercato sarà particolarmente condizionato
dalla disponibilità di grano duro di qualità; infatti, non solo l’Italia,ma
anche gli altri paesi europei hanno fatto registrare una qualità mediobassa,
in alcuni casi molto bassa. In Francia, le piogge hanno creato
notevoli problemi nella fase di trebbiatura, con le inevitabili conseguenze
negative sui parametri qualitativi.
Italia: superfici stabili
Nel 2014, la superficie italiana a grano duro è rimasta sostanzialmente
stabile a 1,26 milioni di ettari (tab. 3, fig. 5), secondo le prime stime.
Al Nord Italia, la maggiore convenienza dei seminativi alternativi
(mais, grano tenero e soia) ha limitato lo sviluppo del grano duro, che
rimane una coltura secondaria nell’ambito dei cereali. Al Centro-Sud
Italia, la superficie rimane stabile, anche per effetto della necessità di
mantenere l’avvicendamento con le colture miglioratrici ai fini del
pagamento supplementare dell’articolo 68.
L’andamento climatico e rese
Un fattore sempre più importante quando si fa l’analisi di una campagna
agraria è diventato l’andamento climatico, che condiziona pesantemente
i risultati produttivi (quantità e qualità), specialmente in questo
anno dove gli eventi sfavorevoli sono stati veramente rilevanti.
L’eccesso di pioggia ha interessato tutto il ciclo produttivo (non
solo tanta pioggia, ma spesso piogge molto insistenti), dalla semina
alla raccolta, un fenomeno di portata eccezionale, difficilmente reperibile
negli annali. La piovosità ha ostacolato le semine, ma ancor di più
ha condizionato lo sviluppo della coltura con effetti fortemente penalizzanti
per la coltura: dilavamento dell’azoto, asfissia radicale, mal de
piede, apparati radicali molto superficiali, difficoltà di accesso nei
campi per le diverse operazioni colturali, diffusione di patologie fogliari,
allungamento della fase finale di maturazione, ritardi notevoli
nella raccolta, prodotto pre-germinato in alcuni areali. Anche dal punto
di vista delle temperature, la campagna ha registrato un andamento
anomalo: inverno mite e sempre piovoso (che ha fatto crescere rapidamente
il frumento e non ha favorito l’accestimento), alte temperature
nei primi di giugno e un ritorno del fresco e piogge fino alla metà di
luglio che non ha giovato alla buona riuscita della coltura.
Questo andamento, veramente inconsueto, ha pesato fortemente
sulla resa e sulla qualità con differenze notevoli a livello territoriale e
aziendale, in funzione della capacità e della possibilità degli agricoltori di gestire l’eccesso di pioggia e di intervenire con concimazioni e
trattamenti. In alcuni casi, anche agricoltori molto esperti, adottando
corrette tecniche colturali, hanno potuto solamente limitare i danni.
Le rese sono state molto variabili. In Italia, buoni risultati produttivi
si sono registrati al nord, con rese medie di 5,5 t/ha, ma con casi
frequenti di 6,5 t/ha. Al sud la situazione è stata assai variabile, con
rese mediamente più basse dello scorso anno, solo in alcuni casi con
buoni risultati, in particolare in Puglia e soprattutto in quelle realtà
dove si è potuto effettuare un’adeguata concimazione e un’opportuna
lotta anticrittogamica.
Rese più basse dello scorso anno si sono registrate al centro,
soprattutto per quegli agricoltori che hanno avuto maggiori problemi
a gestire l’eccesso di pioggia nei campi.
La resa varia a seconda degli attacchi fungini (septoriosi e ruggine
bruna) e dell’entità dell’eccesso di pioggia. Le varietà tardive sono
state mediamente favorite dalla stagione e dall’allungamento del ciclo.
Il livello della produzione nazionale, sulla base delle stime dell’IGC
e di Ismea, tra loro leggermente contrastanti (tab. 3, fig. 6), indicano un
livello pressoché invariato rispetto allo scorso anno, con un miglioramento
al centro-nord e un calo prevalentemente nel sud Italia).
Bassa qualità
La qualità è stata molto eterogenea, fra areali e anche fra aziende degli
stessi areali, a causa di un andamento climatico molto controverso e molto diversificato nelle varie zone produttive,maormai gli agricoltori
dovranno abituarsi ad un clima estremamente variabile e incerto.
Il dato incontrastato in tutte le situazioni è il basso contenuto
proteico. Il ritardo della raccolta in molte zone ha peggiorato la qualità,
per slavatura, perdita di peso ettolitrico, semi pre-germinati. Ci sono
eccezioni, emerse da interviste a testimoni privilegiati, nelle regioni
settentrionali, dove sono state raggiunte medie di 13,5% di contenuto
proteico, ma in generale è andata peggio.
La situazione più difficile si è
registrata nelle regioni centrali,
dove le medie sono state intorno
all’11,5% ma caratterizzate anche
da semi slavati e da percentuali
considerevoli di pre-germinato
(soprattutto per gli agricoltori
non sono riusciti a trebbiare prima
delle piogge di metà luglio).
Nelle regioni meridionali, la
qualità è stata mediamente scarsa,
soprattutto per il basso contenuto
proteico, intorno a 10-10,5%,
decisamente sotto la media. In alcuni
casi anche il peso specifico è stato estremamente basso; come
conseguenza alcune partite hanno
registrato una classificazione
del prodotto al di sotto del “mercantile”.
Questa situazione avrà un forte
impatto sulle importazioni, per
la necessità di “correggere” la
produzione italiana con merce
importata ad alto contenuto proteico,
non facile da reperire sul
mercato mondiale.
La campagna agraria
2013/2014 si chiude quindi con
risultati poco soddisfacenti: basse
rese e pessima qualità. Non rimane
che sperare in un mercato favorevole.
Aumenta il differenziale di prezzo sugli altri cereali
L’analisi del bilancio mondiale
del grano duro mette in evidenza
uno squilibrio tra domanda e offerta
per circa 2 milioni di tonnellate
(tab. 1); ciò dovrebbe generare
un livello di prezzi mediamente
sostenuto per tutta la
campagna di commercializzazione.
Questa conclusione andrà verificata
con le nuove stime di produzione
e con l’andamento di altri
fattori, in particolare il cambio
euro/dollaro, particolarmente variabile negli ultimi mesi.
La scorsa campagna di commercializzazione 2013/2014 è stata
caratterizzata da prezzi sostanzialmente stabili (intorno a 260 euro/t),
leggermente inferiori rispetto a quelli della campagna precedente (270
euro/ton).
L’inizio della campagna di commercializzazione 2014/2015 ha fatto
registrare un innalzamento del prezzo. Le quotazioni del mese di
luglio 2014, con l’arrivo del nuovo raccolto, hanno registrato un aumento
di circa 20 euro/t (tab. 4,
fig. 7); alla luce della situazione
mondiale, le previsioni di mercato
del grano duro sono buone anche
se la bassa qualità del prodotto
nazionale impedirà agli agricoltori
italiani di realizzare prezzi
interessanti.
Occorre ricordare che il grano
duro è un cereale di nicchia a livello
mondiale con una produzione
di poco superiore al 5% del
grano nel suo complesso (tenero
più duro). L’Italia importa mediamente
il 30% del proprio fabbisogno di grano duro; di conseguenza i prezzi nazionali sono strettamente
correlati agli andamenti del mercato mondiale.
In totale controtendenza sono invece i prezzi degli altri cereali
(grano tenero, orzo, mais), che hanno visto un crollo delle quotazioni
di mercato, in seguito alle stime di ottima produzione a livello mondiale.
Il prezzo del grano tenero, ad esempio, si attesta al di sotto dei 200
euro/t (luglio 2014), con un deciso calo registrato dopo i raccolti 2014
(fig. 7). Pertanto il differenziale di prezzi tra il grano duro e gli altri
cereali si sta ampliando e porterà ad un maggiore interesse per la
coltivazione di grano duro, soprattutto nel nord Italia.
Dobbiamo tener presente che le previsioni a medio termine sono
molto difficili, per effetto delle conseguenze aleatorie dell’andamento
climatico. Tuttavia il grano duro mostra alcuni fattori di ottimismo per
il futuro. Infatti, negli ultimi quattro anni (2011-2014), il grano duro è
stato il cereale con la maggiore stabilità dei prezzi, tra 250 e 300 euro/t
(fig. 7), largamente più stabile del grano tenero e del mais.
Uno “strascico” dell’articolo 68
Prima di esaminare la nuova Pac 2014-2020, va sottolineato che ci sarà
anche uno strascico della Pac precedente, che riguarda l’articolo 68 per
il Centro-Sud.
Agea, con la Circolare Agea n. 285 del 9 maggio 2014, ha fornito un
importante chiarimento in merito alla misura dell’avvicendamento
biennale delle colture, ai sensi dell’articolo 68, per gli agricoltori che
intendevano presentare la domanda di “avvicendamento” nel 2014
come primo anno del biennio. Agea ha precisato che questo era possibile
e legittimo ma, poiché la misura in questione, a seguito dell’entrata
in vigore della nuova Pac, terminerà con la campagna 2014, si
poneva un problema per quegli agricoltori per i quali il biennio si
sarebbe concluso con la campagna 2015.
Al riguardo, la circolare chiariva che:
– l’agricoltore poteva richiedere la misura dell’avvicendamento
biennale nel 2014 come primo anno e ricevere il relativo pagamento
(circa 100 euro/ha);
– la rotazione biennale andrà rispettata anche nel 2015, che costituisce
il secondo anno di impegno, pur non ricevendo il relativo pagamento.
Agea e gli altri Organismi pagatori
dovranno perciò verificare
il rispetto dell’avvicendamento
delle colture anche nella campagna
2015 e, in caso di esito negativo
del controllo, dovranno provvedere
al recupero dell’aiuto percepito
dall’agricoltore nella
campagna 2014.
Cambia la Pac anche per il grano duro
Per le prossime semine la Pac
cambierà totalmente, in quanto
dal 1° gennaio 2015 entrerà in vigore
il nuovo sistema di pagamenti diretti. Le novità della nuova Pac
sono tantissime e riguardano anche il grano duro. Il nuovo sistema di
pagamenti diretti prevede lo spacchettamento in quattro componenti:
pagamento di base, pagamento verde (greening), pagamento per i
giovani agricoltori e pagamento accoppiato.
Le decisioni su molti aspetti attuativi della riforma spettavano
all’Italia, la quale con decisione del Consiglio dei ministri del 31 luglio
2014, ha deciso di assegnare l’11% del massimale italiano al pagamento
accoppiato ad alcune colture, tra cui il grano duro.
Più precisamente, dal 1° gennaio 2015, quindi dalle prossime semine
autunnali 2014, il grano duro al centro e sud Italia potrà beneficiare
di un plafond accoppiato per un totale di 59,88 milioni di euro, che
corrisponde all’incirca ad un premio di 60 euro/ha.
Con questa scelta, l’Italia ha riconosciuto il grano duro come uno di
quei settori che ha una particolare rilevanza per ragioni economiche,
sociali o ambientali. Le scelte italiane sono – al momento in cui si scrive
questo articolo – al vaglio delle Commissione europea; se saranno
confermate il produttore di grano duro del centro-sud Italia potrà
beneficiare di questo pagamento aggiuntivo.
Le condizioni di ammissibilità al premio sono la coltivazione di
grano duro secondo le normali pratiche colturali e il mantenimento
della coltura in normali condizioni fino alla maturazione piena delle
cariossidi. Non è richiesto l’utilizzo di semente certificata.
Prospettive di recupero per la prossima campagna
La campagna appena trascorsa è stata altamente problematica per il
grano duro, soprattutto per l’andamento climatico avverso,mail buon
prezzo di mercato e le scelte della Pac dovrebbero incoraggiare un
mantenimento o anche un aumento delle superfici investite nel prossimo
anno. Il prezzo di mercato del grano duro si dovrebbe mantenere
abbastanza sostenuto, comunque largamente al di sopra degli altri
cereali. Il pagamento accoppiato di 60 euro/ha – seppure di piccola
entità – rappresenterà, se confermato dalla Commissione europea, un
ulteriore stimolo al settore.
Al nord Italia, la superficie dovrebbe aumentare in quanto i prezzi
delle colture alternative (grano tenero, mais, soia) depongono a favore
del grano duro, soprattutto dove, come in Emilia Romagna, c’è un
virtuoso sistema di contratti di coltivazione.
Al sud non ci sono valide alternative al grano duro, seppure in
rotazione con colture miglioratrici. Nel complesso le prossime semine
possono aprirsi con una certa fiducia per la coltura del grano duro,
confidando in un andamento climatico più favorevole.
I fenomeni climatici estremi, comunque, non sono più un’eccezione
e obbligano l’agricoltore ad adottare soluzioni adeguate.
Il primo strumento a questo scopo è l’assicurazione del raccolto,
soprattutto nelle nuove formule dell’assicurazione pluririschio (grandine,
siccità, gelo, colpo di sole e venti sciroccali, eccesso di pioggia,
eccesso di neve, venti forti). La convenienza ad assicurare il raccolto è
giustificata anche dal contributo comunitario che copre il 65% del
costo dell’assicurazione e che è stato confermato nella nuova Pac.
L’obiettivo principale dell’agricoltore è la stabilizzazione del reddito
e l’assicurazione è sicuramente uno strumento utile a questo scopo,
vista la frequenza delle avversità climatiche.
Un altro strumento è la tecnica colturale che può consentire di
affrontare meglio le avversità climatiche, in particolare le sistemazioni
idraulico-agrarie per gestire l’eccesso di acqua, nonché le concimazioni
e i trattamenti fitosanitari per migliorare i risultati qualitativi.
L’ultima campagna ci ha fatto capire che non si può coltivare con
una ricetta predefinita e statica, ma bisogna “modulare” la coltivazione
in relazione alle specifiche condizioni agro-climatiche.