Domanda
Questo contenuto è riservato agli abbonati alle riviste Edagricole. Abbonati
Sei abbonato a Terra e Vita o ad una delle altre riviste Edagricole e hai già effettuato l’accesso al sito?
Fai login per accedere a questo articolo e a tutti i contenuti a te riservati.
Sei abbonato ad una delle riviste Edagricole ma non hai mai effettuato l’accesso al sito?
Registrati qui con la stessa e-mail utilizzata per la sottoscrizione del tuo abbonamento.
Entro 24 ore verrai abilitato automaticamente alla consultazione dell’articolo e di tutti i contenuti riservati agli abbonati.
Per qualsiasi problema scrivi a abbonamenti@newbusinessmedia.it
Non è una riforma à
la carte, come è stato
detto, ma una riforma
flessibile, che tiene
conto della nuova realtà dell’Unione
europea con 28 Stati
membri e delle diverse esigenze
di sistemi produttivi
molto differenti tra loro. Una
cosa però è certa, la Commissione
europea vigilerà sulla
corretta applicazione della riforma
da parte degli Stati
membri, e sul rispetto da parte
di questi ultimi degli obiettivi
comuni, sui quali nessuno
può dire di non essere
d’accordo, visto che la riforma
ha avuto il consenso, oltre
che della Commissione,
del Consiglio e del Parlamento.
Questa flessibilità richiede
responsabilità». Lo ripete più
volte, il commissario Ue all’Agricoltura,
Dacian Ciolos:
flessibilità si traduce in responsabilità.
Soprattutto, non
vuole sentir parlare di rinazionalizzazione
della Politica
agricola, dopo il lungo ed
estenuante lavoro che ha portato
alla sua adozione definitiva
nelle scorse settimane.
A Roma per parlare alla
Fao di volatilità dei prezzi e
del «dopo riforma» con le associazioni
agricole, Ciolos difende
la «sua» riforma senza
tradire alcuna stanchezza; eppure
non dev’essere stato facile
spiegare e rispondere molte
volte alle stesse domande
per oltre tre anni in giro per
l’Europa. Che nel frattempo
si è allargata ancora. La nuova
Pac 2014-2020, con la prima
grande riforma adottata
con la procedura di codecisione
e il pieno coinvolgimento
dell’Europarlamento, riguarda
infatti anche la Croazia,
da quest’estate a tutti gli effetti
ventottesimo Stato membro
dell’Unione.
«Responsabilità» diventa
dunque la nuova parola chiave
in questa fase di implementazione
della riforma,
con la pubblicazione dei regolamenti
entro l’inizio del prossimo
anno, come conferma il
commissario, le scelte nazionali
ad agosto 2014 e la partenza
vera e propria nel 2015.
Perché se «un certo margine
di flessibilità era necessario
per assicurare il raggiungimento
di obiettivi comuni da
parte di realtà agricole molto
diverse tra loro – dice Ciolos
– ora gli Stati membri hanno
la responsabilità di non aggravare
gli oneri burocratici a
carico degli agricoltori; un’applicazione
troppo complessa
li penalizzerebbe. Inoltre, verificheremo
attentamente le
scelte dei singoli Stati, che
devono avvenire nella massima
trasparenza e con il coinvolgimento
dei soggetti interessati.
I margini sono ampi
ma i criteri sono chiari e verificabili.
Dunque la palla dal
2014 passa agli Stati membri
ma la Commissione continuerà
a vigilare che non ci siano
complicazioni burocratiche e
inutili complessità per gli
agricoltori».
La convergenza degli aiuti,
interna ed esterna, vero
cuore della riforma, è anche
riconosciuta da Ciolos come
il meccanismo sul quale si è
esercitato il massimo sforzo
di flessibilità, «concedendo
agli Stati membri la possibilità
di attuarla in modo limitato,
per aree amministrative o
per regioni omogenee. Anche
il regime semplificato dedicato
ai piccoli agricoltori –
dice Ciolos – è un esempio di
flessibilità che non pregiudica
il mantenimento di criteri
comuni, uguali per tutti».
Mentre il pagamento redistributivo
per i primi ettari è forse
il tassello più importante
per coronare il lavoro della
Commissione alla ricerca di
una maggiore equità nella distribuzione
dei pagamenti.
Consapevole che «la capacità
amministrativa dei singoli
Stati sarà messa a dura prova
» dalla riforma, Ciolos
avrebbe voluto forse qualcosa
in più sul plafonamento,
ma il principio della degressività
(con tagli del 5% oltre i
150mila euro annui) rappresenta
comunque, a suo modo,
una svolta storica. «La
Commissione aveva proposto
un vero tetto agli aiuti –
ricorda Ciolos –; poi i capi di
Stato e di Governo l’hanno
reso facoltativo e dopo con
l’Europarlamento si è trovato
questo compromesso sulla degressività
dei pagamenti diretti
oltre i 150mila euro, ma gli
Stati membri che lo desiderano
possono essere più ambiziosi
applicando aliquote più
alte» come, ad esempio, si
appresta a fare la Spagna,
con un tetto vero e proprio a
quota 300mila euro.
In ogni caso le differenze
tra aiuti derivanti dal criterio
storico «non era più giustificabili
». Le differenze attuali,
sottolinea Ciolos, sono ancora
«enormi, ma la convergenza
non poteva essere applicata
in modo brutale, ma doveva
essere fatta in modo graduale
e non traumatico, come
abbiamo cercato di fare con
la riforma. Il nuovo modello
di sostegno sarà più equo e
soprattutto più trasparente».
Anche sul greening, alla fine,
il commissario è convinto
che il compromesso raggiunto
«ci permetterà di avere
un’agricoltura europea sostenibile
nel tempo senza compromettere
la competitività
delle imprese. Dubito che in
futuro la competitività possa
essere slegata da questi aspetti.
La nuova Pac ci permetterà
di continuare a produrre
prodotti di qualità anche fra
50 anni».
Ma la stessa sostenibilità e
trasparenza non si registra in
altri sistemi di sostegno all’agricoltura.
Per questo alla
Fao Ciolos è tornato a chiedere
«reciprocità. La nuova Pac
non è più un ostacolo per i
paesi più poveri. Da tempo
abbiamo rinunciato allo strumento
delle sovvenzioni all’export
che creano distorsioni
sul mercato e sarebbe auspicabile
che i nostri partner
Wto facessero lo stesso».