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La condizionalità si applica ininterrottamente dal 2005 e la quasi totalità degli agricoltori ha ormai acquisito le norme e i relativi obblighi da rispettare. Tuttavia, ogni anno l’agricoltore deve prendere atto delle novità, al fine di applicare al meglio la condizionalità nella propria azienda.
Dal 1° gennaio 2012, è entrato in vigore il nuovo Decreto ministeriale n. 27417 del 22 dicembre 2011, che ha apportato alcune modifiche alla precedente normativa sulla condizionalità (vedi box).
La novità più importante è l’introduzione di una nuova norma della condizionalità e precisamente la norma 5.2. “Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua”. Essa interessa molti agricoltori e i relativi adempimenti sono abbastanza impegnativi. Vediamo nel dettaglio.
OBBLIGO DI FASCIA
L’Allegato III al Reg. Ce 73/2009 prevede l’introduzione di un requisito di condizionalità riguardante la protezione dei “corsi d’acqua” dall’inquinamento e dal ruscellamento (run-off), provocati dalle attività agricole, attraverso la creazione di un buffer di protezione vegetale che fiancheggi tali corsi.
Al tal fine, il Decreto ministeriale prescrive, a partire dal 1° gennaio 2012, la presenza di una fascia tampone lungo i corpi idrici superficiali di torrenti, fiumi o canali.
Nel caso di assenza della fascia tampone, l’agricoltore è tenuto alla sua costituzione.
Per fascia tampone si intende una fascia stabilmente inerbita spontanea o seminata, oppure arbustiva od arborea, spontanea od impiantata, di larghezza di 5 metri (fig. 1).
L’ampiezza della fascia tampone viene misurata prendendo come riferimento il ciglio di sponda (vedi definizione); i 5 metri devono considerarsi al netto della superficie eventualmente occupata da strade, eccetto i casi di inerbimento, anche parziale, delle stesse.
L’obbligo delle fasce tampone riguarda tutte le superfici agricole, ad esclusione dei terreni investiti ad oliveti e a pascolo permanente.
Sono esclusi dall’obbligo delle fasce tampone i seguenti corsi d’acqua:
– scoline e fossi collettori (fossi situati lungo i campi coltivati per la raccolta dell’acqua in eccesso) ed altre strutture idrauliche artificiali, prive di acqua propria e destinate alla raccolta e al convogliamento di acque meteoriche, presenti temporaneamente;
– adduttori d’acqua per l’irrigazione: rappresentati dai corpi idrici, le cui acque sono destinate soltanto ai campi coltivati;
– pensili: corpi idrici in cui la quota del fondo risulta superiore rispetto al campo coltivato;
– corpi idrici provvisti di argini rialzati rispetto al campo coltivato che determinano una barriera tra il campo e l’acqua.
GLI IMPEGNI NELLE FASCE TAMPONE
L’agricoltore deve osservare i seguenti impegni inerenti le fasce tampone:
– è vietato effettuare le lavorazioni, escluse quelle propedeutiche alla capacità filtrante della fascia esistente;
– è vietato applicare fertilizzanti inorganici, secondo quanto stabilito dal Codice di Buona Pratica Agricola, «Applicazione di fertilizzanti ai terreni adiacenti ai corsi d’acqua», approvato con D.M. 19 aprile 1999, entro cinque metri dai corsi d’acqua.
L’utilizzo dei letami e dei materiali ad esso assimilati, nonché dei concimi azotati e degli ammendanti organici, è soggetto a quanto stabilito dall’art. 22 del D.M. 7 aprile 2006; l’uso dei liquami è soggetto a quanto stabilito dall’art. 23 del D.M. 7 aprile 2006.
DEROGHE
Nel caso di risaie è prevista la deroga, ossia gli impegni relativi alle fasce tampone non sono richiesti.
Per quanto riguarda il divieto di lavorazione lungo le fasce tampone è ammessa una deroga nei seguenti casi:
– particelle agricole ricadenti in «aree montane» come da classificazione ai sensi della Direttiva Cee 268/75 del 28 aprile 1975 e s.m.i.;
– terreni stabilmente inerbiti per l’intero anno solare.
L’impegno di divieto di lavorazione lungo le fasce tampone non viene applicato altresì, nel 2012, per le colture autunno-vernine già seminate antecedentemente all’entrata in vigore del Decreto ministeriale, ovvero già seminate prima del 31 dicembre 2011.
IL RUOLO DELLE REGIONI
Oltre alle disposizioni nazionali, le Regioni possono adottare specifici provvedimenti regionali, compatibili con la normativa nazionale, per tener conto della diversità delle condizioni ambientali locali.
Infatti, il Decreto ministeriale n. 30125 del 22/12/2009 prevede che le Regioni specificano con propri provvedimenti l’elenco degli impegni applicabili a livello territoriale, entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale di modica ed integrazione (quindi entro il 28 febbraio 2012).
Nei prossimi mesi, le Regioni dovranno adottare le disposizioni regionali della condizionalità, che integrano quelle nazionali. In assenza di provvedimenti regionali, si applicano integralmente le norme nazionali.
Le informazioni sulla condizionalità, a livello regionale, sono reperibili sui siti web delle rispettive Regioni.
L’intervento delle Regioni deve far riferimento allo «stato complessivo attuale» dei corpi idrici superficiali di torrenti, fiumi o canali, definito nell’ambito del Piano di gestione del distretto idrografico di appartenenza che classifica lo stato dei corpi idrici come: «ottimo», «buono», «sufficiente», «scarso» e «pessimo».
Le Regioni stabiliscono con propri provvedimenti che:
– la distanza del divieto delle lavorazioni può ridursi fino a tre metri in presenza di uno «stato complessivo attuale» del corpo idrico superficiale interessato di grado «sufficiente» o «buono»;
– il divieto delle lavorazioni si considera rispettato in presenza di «stato complessivo attuale» del corpo idrico superficiale interessato di grado «ottimo»;
– l’impegno relativo al divieto di fertilizzazione inorganica si intende rispettato con limite di tre metri, in presenza di:
1) «stato complessivo attuale» del corpo idrico superficiale interessato di grado «buono» o «ottimo»;
2) frutteti e vigneti inerbiti di produzione integrata o biologica.
Nel solo caso di fertirrigazione, e nel rispetto delle condizioni di cui ai punti 1 e 2, l’impegno si considera rispettato.