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Passi per l’aumento
degli aiuti ai giovani
agricoltori, e per
il regime che garantisce un
sostegno minimo alle aziende
più piccole. Ma prima di
toccare gli interessi dei grandi
beneficiari della Politica
agricola meglio pensarci bene.
La black list di tipologie
aziendali da escludere dai
pagamenti diretti proposta
dalla Commissione, anche
secondo l’Italia, deve limitarsi
a essere un’opzione
nelle mani degli Stati membri.
Sulla stessa linea ci sono,
in Consiglio, Germania,
Regno Unito, Paesi Bassi,
Bulgaria, Danimarca ed
Estonia. A volere una lista
obbligatoria uguale per tutti
sono invece Polonia, Portogallo,
Romania, Austria,
Lettonia e Lituania. Mentre
Francia, Spagna, Svezia,
Ungheria e Grecia spingono
per una soluzione che consenta
agli Stati membri la
possibilità di estendere la lista
inserendo ulteriori tipologie
aziendali.
A chi considerava l’accordo
sulla riforma tra i ministri
cosa fatta, a seguito
dell’«orientamento generale
» raggiunto due mesi fa,
sarebbe bastato assistere all’ultima
riunione del Consiglio
agricolo per cambiare
idea. Le discussioni ruotavano
tutte sull’obbligatorietà
o meno delle questioni citate:
giovani agricoltori, piccole
imprese e agricoltori
attivi. Il cuore della riforma.
Non a caso il presidente
di turno (per poco ormai,
a fine giugno si cambia),
Simon Coveney, ha chiesto
ancora una volta un mandato
più forte e più chiaro per
trattare per conto del Consiglio
l’impianto definitivo
della riforma nell’ambito
del «trilogo» con Parlamento
e Commissione.
L’esito dei lavori ha deluso
anche l’esecutivo. Da sottolineare
infatti che il commissario
europeo, Dacian
Ciolos, non ha nascosto la
propria insoddisfazione per
l’andamento del negoziato.
A conclusione della riunione
del Consiglio, la scorsa
settimana, ha infatti dichiarato
di «non essere convinto
sulla reale volontà dei 27
Stati membri di mantenere
una politica comune per
l’agricoltura», con un evidente
riferimento all’ipotesi
di affidare alle amministrazioni
nazionali la scelta di
applicare o no alcune tra le
principali innovazioni proposte
dalla Commissione
per la Pac post 2013.
Insomma, secondo Ciolos,
per rispettare il calendario
fissato dalla presidenza
di turno irlandese del Consiglio,
che vuole a tutti i costi
chiudere l’accordo entro
giugno, si corre il rischio di
avere in futuro una Pac meno
comune, con una lunga
lista di misure che saranno
poste in essere sulla base
delle convenienze dei singoli
Stati membri.
Vecchie divisioni e nuove
complessità del processo
decisionale europeo favoriscono
insomma una rinazionalizzazione
strisciante della
vecchia Pac. La discussione
tra i ministri ripartirà il
27 e 28 maggio, a Dublino,
in occasione di un Consiglio
informale che servirà a
preparare la riunione ufficiale,
in programma il 24 giugno,
che dovrebbe risultare
decisiva per il futuro della
Politica agricola.
Intanto, sono arrivate fino
a Bruxelles le aspre polemiche
in corso in Spagna
sui criteri di assegnazione
degli aiuti comunitari.
Secondo alcune organizzazioni
agricole, il Governo
sarebbe orientato a fissare
un aiuto unico all’ettaro sull’intero
territorio nazionale,
con forti riduzioni rispetto
ai livelli attuali per alcuni
settori in particolare. Per
l’olio d’oliva, l’aiuto potrebbe
passare da 600 a 270
euro all’ettaro.
Nel corso della riunione
del Consiglio, il ministro
spagnolo Canete ha rilasciato
una dichiarazione per bollare
come «rigorosamente
false» le indiscrezioni circolate.
«Il nostro obiettivo è
assolutamente diverso – ha
aggiunto il ministro -. Intendiamo
applicare la nuova
Pac sulla base di criteri che
consentano agli agricoltori
di ricevere un livello di sostegno
simile a quello attuale
». Per una volta sono tutti
d’accordo con Ciolos.