Il prezzo del grano pare aver imboccato la strada del rialzo (si veda anche l'ultima l'analisi su Terra e Vita). Ma al di là dei recenti apprezzamenti di borsa lo scenario di riferimento non sembra essere così soddisfacente. Almeno per molti agricoltori. Ecco l'analisi di uno storico abbonato di Terra e Vita, Fabio Corsi di Frosinone, che riceviamo e volentieri pubblichiamo.
«Il prezzo del grano supera quello del petrolio», «Mentre il petrolio sprofonda, il grano vola». Queste alcune delle notizie rimbalzate nei canali di informazione negli ultimi giorni.
A leggerle sembrerebbe che se oggi volessimo acquistare un quintale di grano saremmo costretti a sborsare una quantità di denaro molto superiore rispetto al periodo pre-coronavirus e mentre se volessimo fare rifornimento alla propria auto avremmo un cospicuo risparmio. Non è cosi.
Gli aumenti sugli scaffali
Sugli scaffali di alcuni supermercati inizia a scarseggiare la farina, per alcune tipologie e marchi si registrano aumenti addirittura del 300% da 30 a 90 centesimi al chilogrammo.
L’aumento secondo coloro che starebbero “lievitando” a dismisura i propri prodotti sarebbe imputato all’aumento del prezzo del grano. Non è così.
Il prezzo del grano in Italia è rilevato dalle borse merci (si veda anche l'ultima l'analisi su Terra e Vita), se si guardano i listini delle ultime settimane (primi di aprile 2020) rispetto a quelli di inizio anno, cioè prima degli effetti del coronavirus, nelle più importanti piazze di riferimento il prezzo del grano tenero è aumentato del 5,49% a Bologna (da 19.94 a 21.1 euro al quintale) e del 3,66% a Milano.(da 21 a 21,8 euro al quintale).
L'insidia delle speculazioni
Il problema che i consumatori non acquistano grano, ma farina o prodotti lavorati. Ed è nel mezzo della filiera: stoccaggio, lavorazioni, commercio e vendita che si insidiano le speculazioni.
Senza considerare che il grano utilizzato per i prodotti venduti oggi è stato acquistato mesi fa e se volessimo applicare questo aumento sul prezzo della farina considerando il prezzo medio del grano di 21 euro al q e il 70% di resa media in farina si avrebbe un’incidenza di 1,37 euro al quintale ossia poco più di un centesimo al chilogrammo...ossia il 3%, non il 300%!
È ovvio che qualcuno sta speculando ingiustificatamente su un bene di prima necessità contemporaneamente sulla pelle dei consumatori e dei produttori.
Agricoltori non responsabili degli aumenti
Per l’ennesima volta ai produttori rimangono ben pochi dei profitti generati dalla filiera e, come se non bastasse, in questo caso vengono additati come responsabili degli aumenti di prezzo.
Questi numeri dovrebbero farci ragionare su tutto un sistema che andrebbe rivisto e ridimensionato, se aumentasse realmente il prezzo del grano al produttore di 10 euro al q e se questo fosse riportato in maniera proporzionale e equa sulla farina e suoi derivati si avrebbe un aumento contenuto e accettabile.
Ossigeno a grano e cereali
Per contro in Italia si darebbe ossigeno a un settore, quello cerealicolo, che ormai da anni soffre una crisi strutturale causata soprattutto dalla concorrenza estera, si potrebbe arrivare a una autosufficienza nazionale che oltre a offrire un prodotto più sano e controllato notevoli sarebbero i vantaggi in termini economici, ambientali e anche sociali se pensiamo ai 3,5 milioni di ettari di terreni incolti e ai 2,5 milioni di disoccupati in Italia prima dell'emergenza coronavirus.
I limiti della globalizzazione
Dopo il settore sanitario e farmaceutico anche nel nostro settore la globalizzazione intesa come dipendenza dall’estero sta mostrando i propri limiti ma se per costruire una mascherina basta qualche settimana riconvertendo una ex-fabbrica tessile se volessimo aumentare la produzione di grano oggi i primi raccolti li avremmo le 2021.
Questo percorso dipende da precise scelte politiche, ed è per questo che accogliamo la proroga del Governo fino al 31 dicembre 2021 sull’obbligo di etichetta e origine dei prodotti, ma dipende soprattutto dalle scelte dei consumatori orientate verso i prodotti a filiera corta ove possibile e preferendo i prodotti che utilizzano materie prime italiane.
Una dipendenza preoccupante
La dipendenza dall’estero del 60% del fabbisogno cerealicolo potrebbe accentuare le speculazioni e far emergere nuovi problemi di natura economica e sociale già nei prossimi mesi se l’epidemia continuasse a bloccare i commerci dai paesi fornitori. Confagricoltura (Corsi è vicepresidente di Confagricoltura Frosinone, ndr) da sempre rappresentante di un mondo, quello agricolo, incline all'operosità e alla solidarietà, nel ringraziare tutti gli operatori della filiera che continuano ad operare onestamente assicurando continuità, condanna fermamente ogni fenomeno speculativo invitando a denunciare episodi inqualificabili in un momento di lutto nazionale e di gravissima difficoltà
Fabio Corsi
Non si può fare Agricoltura con queste regole. Per la coltivazione del grano se analizziamo i costi di produzione ad ettaro si capisce che con i prezzi pagati a Luglio (Euro 25-26 al quintale, non si rientra nemmeno nelle spese), da premettere che nelle zone interne del meridione in buone annate la produzione si aggira dai 30-35 q.li ad ettaro, si capisce. Il problema fondamentale è abbassare i costi di produzione (Semente-Concimi-Gasolio) e aumentare il prezzo del grano, perché ad es. un chilo di grano 0,25 centesimi un chilo di farina 0,80, in questo periodo di crisi dovuto al Covid-19 in alcune Regioni non si trova la farina o se si trova a prezzi maggiorati dicendo che il grano è aumentato tutto FALSO questo ingiustificato aumento dei prezzi su beni di prima necessità è speculazione sia sulla pelle dei produttori che dei consumatori e va combattuto!!!!!!!!!!