Immaginate questo: un produttore italiano di fragole firma un contratto regolare con una centrale d’acquisto in Olanda. Dopo la consegna della merce, invece del pagamento pattuito, riceve una mail: “Ritarderemo il saldo di qualche mese”. Nessuna spiegazione. Poi, una seconda comunicazione: “Applichiamo uno sconto del 10% per motivi commerciali. Altrimenti, niente più ordini l’anno prossimo”. Questa non è una fiction, ma la realtà quotidiana per molti agricoltori europei, ostaggio di dinamiche commerciali opache e spesso aggressive. Le cosiddette pratiche sleali. Ma ora qualcosa sta cambiando.
Il Parlamento europeo ha compiuto un passo decisivo verso una maggiore giustizia nella filiera agroalimentare, rafforzando la normativa contro le pratiche commerciali sleali, con particolare attenzione ai casi transfrontalieri, ovvero quelli che coinvolgono acquirenti e fornitori di Paesi diversi dell’Unione.
A guidare il processo legislativo è stato l’eurodeputato Stefano Bonaccini, del gruppo dei Socialisti e Democratici, nominato relatore del dossier sulla revisione delle pratiche sleali. Il suo impegno ha portato a un testo che promette di fare la differenza, senza scaricare nuovi oneri burocratici sui produttori.
Tre mosse per alzare la protezione
Il nuovo regolamento, proposto dalla Commissione e ora rafforzato dal Parlamento, ruota attorno a tre pilastri:
- Intervento automatico degli Stati membri: le autorità nazionali avranno il dovere, e non più solo la facoltà, di intervenire d’ufficio quando si verificano pratiche sleali sul proprio territorio, anche se il produttore colpito ha sede in un altro Paese UE. Un cambio di passo epocale, che trasforma la solidarietà europea da slogan a meccanismo operativo.
- Sistema di allerta rapida: in caso di comportamenti scorretti, scatterà un meccanismo tempestivo di segnalazione e sanzione. Più trasparenza nella filiera significa meno margine per i “furbetti” e più sicurezza per chi lavora rispettando le regole.
- Tutela globale: l’Europa alza lo sguardo oltre i propri confini. Il nuovo testo prevede strumenti per monitorare e affrontare le pratiche sleali da parte di centrali d’acquisto con sede extra-Ue, garantendo maggiore protezione anche ai produttori di Paesi terzi che operano in sinergia con il mercato europeo.
Chi frena e chi accelera
Non sono mancate le resistenze. Alcuni governi nazionali, preoccupati per i possibili contraccolpi nei rapporti commerciali, chiedono un approccio più cauto. Ma il Parlamento europeo tira dritto: “Non possiamo permettere che a pagare il prezzo dell’ingiustizia siano i produttori, i lavoratori agricoli e i consumatori – è il messaggio forte e chiaro arrivato da Bruxelles –. Proteggere la filiera significa anche premiare le imprese corrette che oggi soccombono alla concorrenza sleale”.
Un’Europa più giusta (e più agricola)
Nel concreto, il nuovo regolamento non risolve tutti i problemi, ma rappresenta un salto di qualità per l’agricoltura europea. Non si tratta solo di norme: è una visione politica che mette al centro il lavoro agricolo, la dignità dei produttori e la trasparenza del mercato. Chi produce cibo merita rispetto, anche quando attraversa le frontiere. L’Europa, finalmente, sembra averlo capito.