Gli effetti del riscaldamento globale sono ormai evidenti per tutti, anche in Italia dove è in aumento la frequenza e l’intensità di eventi climatici estremi.
E dove l’estate è sempre più rovente, con i picchi di calore dell’anno precedente superati da quello successivo. Luglio del 2023 non ha fatto eccezione.
In molte aree di pianura e collina meridionali le temperature massime si sono mantenute stabilmente sopra i 35 gradi per oltre due settimane, con picchi che hanno superato i 40 °C. Ma se questi periodi di forte insolazione e siccità mettono a dura prova molte colture, ci sono casi in cui possono essere sfruttati a vantaggio della protezione sostenibile delle colture.
È il caso della solarizzazione, tecnica alternativa alle tradizionali fumigazioni chimiche per il controllo dei patogeni e dei fitofagi tellurici, che rappresenta un’interessante possibilità durante i mesi più caldi e soleggiati di luglio e agosto. La solarizzazione risulta particolarmente conveniente nelle colture protette, che già hanno coperture che consentono di amplificare il così detto “effetto serra” e che proprio nei mesi estivi vengono lasciate senza colture per l’eccessivo calore.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Come applicare la tecnica
La solarizzazione si basa sull’impiego del calore solare e dell’effetto serra per riscaldare gli strati superficiali del terreno a temperature che possono devitalizzare patogeni e semi di infestanti. Temperature del terreno tra i 37 °C e i 40 °C, se mantenute per un periodo sufficiente (30-40 giorni), risultano efficaci per devitalizzare diverse specie di microrganismi e semi di erbe infestanti. L’efficacia del trattamento aumenta con temperature più elevate, riducendo il tempo di esposizione necessario.
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Per eseguire la solarizzazione, il terreno deve essere adeguatamente lavorato nei primi 30 cm e mantenuto umido durante tutto il trattamento mediante l’utilizzo di un impianto di irrigazione a gocciolamento. La scelta del materiale per la copertura plastica è importante, optando per film di Pe, Ldpe, Pvc o Eva di spessore adeguato. La copertura deve essere ben aderente alla superficie del terreno e sigillata ai bordi per ridurre la perdita di calore.
È consigliabile integrare la solarizzazione con altre tecniche per migliorarne l’efficacia. L’aggiunta di geodisinfestanti o fumiganti al terreno può ridurre il tempo di copertura e migliorare il controllo dei parassiti tellurici. Inoltre, l’uso di sostanza organica come letame o sovesci di brassicacee, oltre a liberare calore durante la decomposizione, aumenta l’efficacia della solarizzazione.
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La biofumigazione
Un altro approccio integrato è la biofumigazione, che sfrutta alcune specie vegetali, come le brassicacee, che contengono composti tossici ad ampio spettro d’azione chiamati glucosinolati. Questi composti vengono liberati quando le cellule vegetali sono danneggiate e possono contribuire al controllo dei nematodi e di altri parassiti tellurici. La biofumigazione può essere ulteriormente migliorata coprendo il terreno con film plastici impermeabili ai gas, che trattenendo i composti tossici volatili, ne aumentano l’efficacia.
L’uso di prodotti commerciali a base di pellet o farine di semi di brassicacee offre una soluzione più pratica, eliminando i tempi di coltivazione dei sovesci e il consumo d’acqua per l’irrigazione. Inoltre, le emulsioni concentrate contenenti glucosinolati vegetali possono essere distribuite tramite fertirrigazione, consentendo un’azione mirata anche durante la coltura in atto.
La solarizzazione e la biofumigazione anche integrate con altre tecniche, quindi, offrono agli agricoltori italiani un’alternativa sostenibile e meno dipendente dai prodotti chimici per il controllo dei patogeni e dei fitofagi tellurici, specialmente nelle regioni più calde e soleggiate.