In Campania si rinnova la coltivazione del noce

    noce
    Solo le coltivazioni di noce condotte in maniera razionale sono in grado di fornire un buon reddito.
    Si diffondono soprattutto varietà californiane a fruttificazione laterale, più produttive e meglio remunerate della tradizionale “Sorrento”.

    “La coltivazione del noce in Campania si evolve verso l’introduzione di varietà californiane, più produttive e meglio remunerate della tradizionale “Sorrento”, mentre nei vecchi impianti dove il noce era consociato al nocciolo si preferisce rinnovare lasciando solo quest’ultima specie”. È quanto ci dice Sebastiano Muto, titolare dell’azienda “La Masseria” di Nola (Na), imprenditore di punta del settore della frutta secca.
    In Campania, la cultivar di noce tradizionalmente coltivata ed ancora maggiormente diffusa è Sorrento che con i suoi ecotipi, diversi per dimensione e qualità dei frutti, è diffusa nei vecchi impianti in diversi areali di coltivazione. “Questa cultivar”, riferisce Milena Petriccione dell’Unità di Frutticoltura del Crea di Caserta, “sebbene abbia pregevoli caratteristiche organolettiche e un guscio tenero, risulta poco produttiva in quanto è a fruttificazione apicale; inoltre, la non perfetta chiusura delle valve può causare l’imbrunimento del tegumento del gheriglio”.
    Negli ultimi anni sono state introdotte in coltivazione la cultivar Hartley, apprezzata per il gheriglio commercialmente definito “extra-light” grazie al suo colore chiaro e per le buone caratteristiche organolettiche, e altre cultivar, sempre di origine californiana, come Chandler, Howard e Tulare che risultano migliorative rispetto ad Hartley in quanto più produttive, con precoce entrata in produzione e bene adatte alla potatura meccanica.
    “Il noce è stato per molto tempo considerata una specie a duplice attitudine”, aggiunge Muto, “per la produzione dei frutti e del legno e, di conseguenza, la specializzazione della coltivazione solo da frutto si è avuta tardi. Ancora oggi, in molte aree di coltivazione campane, il noce risulta consociato ad altre colture. Nei vecchi impianti, per le particolari caratteristiche della chioma e l’elevato vigore delle piante, risulta difficile eseguire le principali operazioni colturali, in particolare la difesa. L’introduzione di nuove varietà, però, impegna i produttori ad allestire impianti di irrigazione che sono meno necessari per la cultivar Sorrento dotata di apparato radicale più profondo”.
    Nei vivai e negli impianti una delle problematiche fitosanitarie maggiormente sentita è il contenimento della batteriosi causata da Xanthomonas arboricola pv juglandis. Attualmente, oltre ai tradizionali prodotti a base di rame, vengono impiegati nuovi composti, sia di sintesi che di origine biologica, realizzati specificamente per il contenimento di questi patogeni.
    Altra problematica di tipo fitosanitario è rappresentata dalla mosca del noce (Rhagoletis completa). Si tratta di un fitofago che può causare perdite produttive e deprezzamenti qualitativi a causa dell’imbrunimento del gheriglio. Una diversa suscettibilità varietale nei confronti del fitofago è stata riscontrata nelle diverse varietà coltivate in Campania, legata al periodo di maturazione e alla durezza del mallo.
    Il comparto della nocicoltura, comunque, potrà evolversi grazie alle innovazioni colturali-gestionali lungo l’intera filiera che consentiranno di accrescere e migliorare la produzione e la qualità dei frutti. “La possibilità di utilizzare varietà a fruttificazione laterale, micropropagate o innestate, prodotte da ditte vivaistiche specializzate che garantiscono la rispondenza varietale e la sanità intrinseca delle piantine”, riferiscono i nostri interlocutori, “rappresenta un punto di forza importante per lo sviluppo della nocicoltura. Importante risulterà per le aziende di piccole dimensioni lo sviluppo di un conto-terzismo di servizi o sistemi di gestione cooperativi dei cantieri di raccolta”.
    I finanziamenti offerti dai Piani di Sviluppo Rurale a livello regionale rappresentano un valido aiuto per i produttori, ma importante risulta la definizione di un prezzo minimo di cessione nel tempo con un “contratto tipo” da adattare però alle circostanze territoriali, che sia giustificativo dei costi annuali sostenuti dell’azienda agricola. “Il rilancio della “Noce di Sorrento” in Campania”, precisa Petriccione, “può avvenire anche grazie alla diffusione in coltivazione di biotipi più produttivi e con un colore del gheriglio più chiaro, selezionati dal Crea-Ofa di Caserta e presenti nei campi sperimentali”.

    In Campania si rinnova la coltivazione del noce - Ultima modifica: 2017-11-15T16:16:31+01:00 da Lucia Berti

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