Le tendenze del miglioramento genetico in orticoltura, afferma Teodoro Cardi, direttore del Crea-OF, Centro di ricerca Orticoltura e florovivaismo di Pontecagnano (Salerno), «riguardano tutte le fasi della filiera orticola, dalla messa a dimora delle piantine all’arrivo del prodotto al consumatore.
In ogni caso, lo sviluppo di varietà resistenti o tolleranti alle malattie è sempre un obiettivo prioritario. Così come di fondamentale interesse è l’ottenimento di cultivar tolleranti a stress abiotici per far fronte alla limitata disponibilità di risorse idriche in alcune regioni del mondo e all’aumento medio delle temperature».
La comparsa di nuovi fattori di stress per le piante, sia per cause biotiche che abiotiche, è esacerbata dai cambiamenti climatici in corso, per cui è necessario produrre continuamente e velocemente nuovi genotipi.
«L’innovazione e la diversificazione varietale – aggiunge Cardi – è necessaria anche per far fronte alla segmentazione dei mercati e delle variegate richieste dei consumatori, diverse per fascia di età, esigenze di dieta e molto altro. L’esigenza di prodotti con elevato valore nutrizionale e con maggiore shelf-life, legata a evoluzione degli stili alimentari e aumento della percezione da parte dei consumatori circa l’importanza delle proprietà salutistiche degli alimenti, è particolarmente sentita».
Lo scopo del miglioramento genetico, continua il direttore del centro Crea di Pontecagnano, è quello di sviluppare nuove varietà in grado di far fronte a richieste e sfide che agricoltura, ambiente e società pongono. «I breeder devono muoversi con anticipo ed avere i materiali genetici pronti nel momento in cui le varie problematiche si presentano. Questo richiede approcci multidisciplinari e lavoro di squadra.
Negli ultimi anni, nuove tecnologie di breeding che permettono di ottenere linee migliorate in modo preciso, sono state messe a punto. A riguardo, ci sono colture orticole, come il pomodoro, dove ci sono esempi concreti (es. resistenze a patogeni) mentre per altre si è ancora in fase sperimentale».
Fattori tecnici e politici
La possibilità di affrontare il lavoro di miglioramento genetico e di raggiungere i risultati desiderati con tecnologie innovative dipende da molti fattori, tecnici e politici. «Per quanto riguarda i primi – evidenzia Cardi – tra le specie orticole, il pomodoro è sicuramente la specie più avanti, essendo una specie autogama, facilmente incrociabile anche con risorse genetiche imparentate e con buona disponibilità di conoscenze genomiche e protocolli per la rigenerazione in vitro.
Per altre specie, la biologia riproduttiva più complicata (es. quelle a propagazione vegetativa) e/o la limitata disponibilità dei fattori su indicati rendono il lavoro di miglioramento genetico e l’implementazione delle nuove tecnologie più complesso e meno suscettibile di sviluppo in tempi brevi».
Per quanto riguarda gli altri aspetti, è fondamentale che i decisori politici si rendano conto dell’importanza per il nostro Paese di avere la piena disponibilità delle risorse genetiche e di rimanere al passo con le tecnologie innovative, al fine di una innovazione varietale sempre più necessaria per i settori strategici della nostra agricoltura, come è di certo l’orticoltura.
«A questo fine, come avviene in molti altri Paesi, principalmente Olanda e Israele – sottolinea il direttore – sono indispensabili sempre più una strategia nazionale per la conservazione e la valorizzazione delle risorse genetiche nelle specie orticole di interesse strategico, una ricerca avanzata nel settore genetico–sementiero, una maggiore interazione tra il settore pubblico e privato».
Per rispondere alla filiera
Le esigenze dell’intera filiera produttiva sono diversificate, aggiunge Pasquale Tripodi, ricercatore presso lo stesso centro Crea di Pontecagnano. «L’obiettivo principale dei produttori sono le rese elevate ed un prodotto di qualità, in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori o dell’industria, mentre il comparto della distribuzione dedica particolare attenzione all’uniformità e qualità merceologica degli ortaggi».
Tali richieste vengono spesso soddisfatte dall’utilizzo di ibridi commerciali altamente produttivi e dotati di tolleranze/resistenze e buona uniformità.
«Recentemente – prosegue Tripodi – l’uso di varietà locali viene sempre più spesso promosso in filiere particolari basate su disciplinari specifici e marchi di protezione. Le varietà locali, però, nonostante gli apprezzabili caratteri qualitativi e di adattabilità alle condizioni ambientali del territorio di riferimento, presentano spesso anche dei difetti (es. suscettibilità a patogeni tradizionali ed emergenti) che potrebbero essere superati con limitati interventi genetici mirati».
Dal lato dei consumatori, la disponibilità di ortaggi “pronti all’uso” è cresciuta in modo notevole negli ultimi anni in seguito a cambiamenti di abitudini e stili di vita e conseguente riduzione del tempo a disposizione per la preparazione delle pietanze.
«In tale ambito – spiega il ricercatore – la IV gamma (ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo) ha avuto un trend esponenziale di cui esempi validi sono le varie insalate e misticanze in busta ma anche pomodori o peperoni confezionati».
A livello generale non si può individuare un ideotipo di successo, bensì varie tipologie di interesse legate a fattori culturali, abitudini alimentari, preferenze dei mercati. «Ad esempio – specifica il direttore – le tipologie di pomodoro rosa hanno sempre avuto una diffusione notevole nei mercati asiatici e negli ultimi anni sta crescendo il consumo nei mercati europei. Il pomodorino giallo, poco o per nulla visibile sugli scaffali fino qualche decennio fa, oggi è particolarmente richiesto non solo dal consumatore finale ma anche dalla ristorazione. Un altro esempio è il peperone, il consumo di tipologie piccanti sta crescendo nei mercati di vari paesi soprattutto come prodotto trasformato. Tra gli ortaggi da foglia, la rucola è molto diffusa e l’Italia rappresenta un paese leader per la produzione e distribuzione».
Alla base di tali preferenze c’è sicuramente la volontà di una dieta ricca e variegata ma anche una maggiore conoscenza da parte dei consumatori circa l’importanza delle sostanze antiossidanti.
In tempi brevi
Un programma di miglioramento genetico convenzionale basato sull’incrocio e la selezione fenotipica dei genotipi ricombinanti con le caratteristiche desiderate è un processo lungo, tedioso e costoso, e non sempre è possibile modificare i caratteri d’interesse.
«Da quando è cominciato il miglioramento genetico moderno – continua Tripodi – i ricercatori hanno cercato di sviluppare metodi sempre più mirati e prevedibili, in grado di far ottenere in tempi brevi i risultati desiderati. Oggi, grazie alle conoscenze sui genomi vegetali (a cui peraltro la ricerca italiana ha attivamente contribuito per molte colture di particolare interesse per l’Italia, ad es. il pomodoro) e allo sviluppo di tecnologie innovative, le cosiddette nuove tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques, nbt), in particolare il genome editing, aprono nuove prospettive e, se opportunamente integrate nei programmi di miglioramento genetico, potrebbero consentire risultati fino a poco tempo fa non immaginabili».
Risposte concrete possono venire dall’integrazione di discipline definite “omiche” come la genomica, fenomica e dalla gestione dei big data.
«Oggi – ci dice Tripodi – gli istituti di ricerca dispongono di piattaforme per l’analisi del DNA (sequenziatori ad alto rendimento) e per la determinazione delle caratteristiche delle piante (droni, camere iper e multi spettrali, ecc.) in grado di far ottenere con tempi e costi accessibili, milioni di dati ed informazioni per le diverse colture». La gestione ed analisi di tali dati con approcci di calcolo avanzato, permette di definire modelli previsionali e studiare in modo accurato processi biologici.
«Di fondamentale importanza sono le risorse genetiche disponibili per le diverse colture ortive (specie selvatiche, varietà locali, ecc.) che fungono da “serbatoio” di caratteri utili da trasferire in programmi di miglioramento genetico. La disponibilità di sequenze dell’intero genoma per le principali specie orticole e i nuovi progetti di sequenziamento/risequenziamento in corso permettono di accelerare tali programmi ed ottenere varietà migliorate in tempi notevolmente ridotti».
Infine, i miglioramenti delle coltivazioni mediante innovazione tecnologica in termini di sensoristica rappresentano un settore di grande interesse non solo per la ricerca ma anche in ambito applicativo.
I filoni di ricerca del Crea OF
Presso il Centro di ricerca Orticoltura e florovivaismo ci sono vari filoni di ricerca nell’ambito di progetti nazionali e internazionali che fanno riferimento a tematiche di genetica e miglioramento genetico prioritarie. Le colture interessate sono diverse, principalmente peperone, pomodoro, rucola, cavolfiore, carciofo e altre.
«Diversi progetti sono finalizzati alla salvaguardia, protezione e valorizzazione delle risorse genetiche locali, ma non solo – ci riferisce Teodoro Cardi –. Il miglioramento genetico, soprattutto a livello di pre-breeding, viene perseguito attraverso l’integrazione e l’implementazione di approcci convenzionali e innovativi».
Per le varie colture ortive sono disponibili ampie collezioni di germoplasma che servono come base per i programmi di miglioramento genetico e che si stanno utilizzando per l’identificazione delle basi genetiche di caratteri agronomici e qualitativi in studi di “association mapping” in peperone e pomodoro, e per lo sviluppo di popolazioni sperimentali di incrocio al fine di identificare geni di interesse e linee avanzate (materiali di pre-breeding).
«Nel caso del pomodoro – aggiunge il direttore – nell’ambito di progetti comunitari, sono in corso programmi di miglioramento genetico destinati ad individuare cultivar adatte alla coltivazione con ridotti input e pertanto da destinare al settore in biologico. Un’ulteriore linea di ricerca prevede l’utilizzo di sensori avanzati per il phenotyping e la diagnosi fitopatologica, al fine di determinare in modo accurato le caratteristiche delle piante e facilitare il lavoro di selezione. Sono, inoltre, in corso esperimenti per produrre, mediante genome editing, mutanti di pomodoro e basilico resistenti, rispettivamente, a specie parassite (Phelipanche spp.) e a peronospora (Peronospora belbahrii), e genotipi di pomodoro con alto livello di solidi solubili».
Obiettivi Esasem, gusto e made in Italy
Esasem, azienda sementiera con sede a Casaleone, in provincia di Verona, realizza miglioramento genetico nelle principali specie orticole avvalendosi delle più avanzate tecniche quali analisi del Dna, selezione assistita con l’ausilio di marcatori molecolari, fingerprinting, metodi di identificazione delle resistenze genetiche agli agenti patogeni.
Per quanto riguarda il pomodoro per il mercato fresco i progetti di miglioramento varietale a cui lavora Esasem riguardano tutte le principali tipologie: ciliegino, datterino, grappolo, allungato e tondo.
Oltre a operare nelle strutture di Casaleone, per la ricerca sul pomodoro da mensa Esasem si avvale di una struttura in Sicilia dove mette a punto varietà adatte per la coltivazione invernale. Obiettivo: realizzare nuove varietà sempre più performanti in grado di garantire reddito all’agricoltore e al tempo stesso soddisfare il consumatore, sempre più attento al gusto, alla qualità e a tutto ciò che richiama al meglio del made in Italy.
«Non solo – spiega Giuseppe Agnello, tomato breeder –. Miriamo a pomodori che, durante tutto il ciclo produttivo, garantiscano anche la sicurezza in termini di sanità della pianta; vale a dire resistenza alle patologie. E i breeder di Esasem riescono a ottenere tutto questo in tempi relativamente brevi».
Riguardo al melone, poi: «La nostra ricerca mira a selezionare varietà con eccellenti proprietà organolettiche, dal contenuto zuccherino al colore della polpa e agli aromi, dall’aspetto attraente con retatura fitta e spessa. Tutto ciò – conclude il genetista - senza sottovalutare le prerogative che le varietà moderne devono avere: a cominciare dalla resistenza alle malattie (fusarium e oidio in primis), la produzione elevata e l’ottima tenuta nel post-raccolta».
In tutti i programmi di miglioramento genetico Esasem pone grande attenzione anche alla sostenibilità ambientale, perseguita attraverso la ricerca di piante in grado di sfruttare al meglio le risorse energetiche e dotate di resistenze genetiche ai principali patogeni così da ridurre al minimo l’utilizzo di fitofarmaci.
Articolo pubblicato su Terra e Vita n. 30/2019