Dopo mesi di polemiche e battute d’arresto, la Regione Siciliana torna a puntare sulla creazione di laghetti aziendali per affrontare la crisi idrica che continua a colpire il comparto agricolo. Con un avviso da 4,6 milioni di euro pubblicato a fine ottobre, l’Assessorato all’Agricoltura ha messo a disposizione contributi destinati alla costruzione di invasi, vasche e serbatoi aziendali o interaziendali per l’accumulo di acqua a uso irriguo o zootecnico.
L’obiettivo è duplice: da un lato garantire la gestione sostenibile del ciclo integrato delle acque, dall’altro assicurare continuità produttiva alle aziende agricole in un contesto climatico sempre più instabile. «Il governo Schifani mette in campo risorse certe per il comparto agricolo - ha dichiarato l’assessore all’Agricoltura Luca Sammartino -. I laghetti aziendali garantiranno autonomia idrica ai produttori per assicurare continuità produttiva alle imprese».
Il bando (che si può consultare a questo link) è finanziato nell’ambito del Piano operativo complementare (Poc) 2014-2020 che dura fino al 31 dicembre 2026 e prevede un contributo massimo di 30mila euro per intervento. Possono accedere alle risorse le piccole e medie imprese agricole attive nella produzione primaria, ma è richiesto un cofinanziamento almeno pari al 50% dell’investimento complessivo. Le domande dovranno essere inoltrate esclusivamente in modalità telematica, tramite posta certificata, entro 45 giorni dalla pubblicazione dell’avviso nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana.
Un’estate di polemiche e battaglie politiche
Il tema dei “laghetti collinari” è stato al centro del dibattito politico siciliano per tutto il 2025. Ad agosto, durante l’esame della cosiddetta “manovra ter”, un emendamento proposto dal governo regionale per stanziare nuovi fondi destinati alla realizzazione di invasi fu bocciato a voto segreto, con il contributo di alcuni franchi tiratori interni alla maggioranza. La decisione provocò la reazione indignata delle organizzazioni agricole. Coldiretti Sicilia parlò di una “vergogna istituzionale” e di un atto di “ostruzionismo irresponsabile”, mentre Confagricoltura denunciò “l’ennesima occasione persa per contrastare la siccità”.
Le speranze di un intervento strutturale si riaccesero a settembre, con la discussione della “manovra quater”. Tuttavia, anche in quella sede l’articolo 14 - che prevedeva un “salva raccolti” per sostenere consorzi di bonifica, imprese agricole e operatori del sistema irriguo - venne definitivamente cancellato. L’emendamento proposto dalla compagine di governo avrebbe introdotto una novità significativa: la gestione degli aiuti da parte dell’Irfis (la finanziaria regionale) attraverso un plafond di 10 milioni di euro del Fondo Sicilia.
Un passo avanti, ma non la soluzione definitiva
In sostituzione di quelle misure, il governo regionale ha approvato solo l’esonero parziale dei canoni irrigui, con una dotazione di 10 milioni di euro, il doppio di quanto inizialmente previsto.
Ora, con il nuovo bando da 4,6 milioni, si cerca di dare un segnale concreto ai produttori, anche se gli operatori del settore sottolineano come la cifra resti insufficiente rispetto alle reali esigenze di un territorio fortemente provato dalla carenza d’acqua.
La Sicilia, infatti, sconta da anni un deficit infrastrutturale cronico in materia di stoccaggio e gestione delle risorse idriche. Molti invasi pubblici restano inutilizzati o con capacità ridotta a causa della mancata manutenzione, mentre le piogge sempre più irregolari rendono urgente la diffusione di piccoli serbatoi aziendali capaci di accumulare e gestire l’acqua nei periodi di disponibilità.
Il nuovo avviso rappresenta dunque un tassello importante, ma anche una sfida organizzativa per le imprese agricole siciliane, chiamate a investire in soluzioni strutturali per adattarsi ai cambiamenti climatici.










