Mais, Reyneri: «Irrighiamolo senza attendere»

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Se tra l’emissione del pennacchio e la completa fioritura lo stress idrico è stato gestito, allora una certa produzione è possibile. E il rischio aflatossine si può contenere

Proprio mentre la coltivazione del mais entra nella fase in cui è più sensibile allo stress idrico l’Italia è piombata in una pesante crisi di carenza d’acqua. I maiscoltori quindi devono tornare a porsi domande di tattica agronomica, o forse di strategia, per vedere come affrontare nel modo più razionale le prossime critiche settimane.

Per affrontare la questione con il giusto grado di approfondimento ci siamo rivolti a uno dei maggiori esperti di questa coltura, Amedeo Reyneri di Lagnasco, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee all’Università di Torino.

Professor Reyneri, un paio di mesi fa, vista la carenza di materie prime per la mangimistica e visti i prezzi del mais allora in continua ascesa, avevamo suggerito di seminare mais agli agricoltori che ancora non avessero deciso di farlo. Col senno del poi, vista la scarsità di acqua irrigua in queste prime tre settimane di giugno, e visto il raffreddamento dei prezzi, questa strategia per il 2022 si può definire ancora una strategia giusta?

Guardando le cose con la prospettiva di marzo e aprile, con i prezzi ulteriormente cresciuti per via della crisi geopolitica, la coltivazione del mais era senz’altro molto interessante anche considerando un quasi sicuro abbassamento dei prezzi a fine campagna e i costi elevati da sostenere soprattutto per la concimazione e l’irrigazione. Nelle aziende maidicole irrigue, a fronte di una produzione media dell’ordine delle 14 t/ha e con prezzi stimati prossimi a 300 €/t, si prospettava nella campagna di commercializzazione una plv prossima a 4-5000 €/ha. Quindi molto interessante. Però da metà maggio a oggi le prospettive sono via via cambiate, non tanto sul fronte dei prezzi attesi ma sul fronte delle produzioni attese; e a generare questo cambiamento è stata la mancanza delle precipitazioni.

Sarebbe stato più conveniente seminare soia al posto del mais?

Con il senno del poi in alcuni areali forse sì, dove gli interventi irrigui saranno dilazionati. Ma teniamo presente che lo stress idrico più importante nel mais si presenta tra giugno e luglio, mentre nella soia tra luglio e agosto. Ora in molti areali l’acqua per un primo intervento chiave alla fioritura c’è; ma in che situazione ci troveremo nella seconda parte di questa difficile estate quando invece sarà essenziale irrigare la soia? Oggi non lo sappiamo.

Quest’estate molti areali maidicoli avranno gravi problemi di approvvigionamento irriguo. Ci può tracciare una mappa della distribuzione di questa criticità?

Innanzitutto occorre segnalare che lo stress idrico è già molto grave nei mais in asciutta, con una diffusa e quasi generale presenza di colture ormai compromesse ancora prima del termine della levata anche sui suoli a tessitura più fine, perché in quelle situazioni dove le carenze si colgono nella seconda metà dell’estate quest’anno è comunque venuta a mancare la riserva idrica accumulata in inverno e in primavera. Nelle aziende irrigue, poi, a oggi un primo intervento è stato diffusamente possibile, ma nella maggior parte delle situazioni le prossime irrigazioni non saranno garantite.

Fra i maiscoltori quest’estate soffriranno di più i problemi della crisi irrigua coloro che producono mais da trinciato oppure coloro che producono mais da granella?

In termini produttivi vedo alcune significative differenze in termini di impatto: in caso di stress pronunciato il mais da trinciato integrale può soffrire di più perché durante la maturazione la pianta in quelle condizioni “sacrifica” in modo maggiore le foglie rispetto alla granella. Inoltre, in linea di massima il mais trinciato in piena estate ha un consumo idrico maggiore per il maggiore investimento colturale e per la presenza di ibridi di ciclo lungo con taglia e fogliosità elevate. Tuttavia per questa utilizzazione c’è una via di fuga.

C’è una via di fuga per il mais da trinciato? Quale?

Raccogliere prima che tutta la parte aerea sia avvizzita e che il tenore di sostanza secca sia diventato eccessivo, anche se la maturazione della granella non è allo stadio giusto. Questa scelta è attuata a fronte non solo di una perdita produttiva importante ma anche di una perdita del contenuto in amido e quindi di energia. In alternativa tardare troppo la trinciatura significa compromettere poi la digeribilità e l’appetibilità dell’insilato senza un vantaggio produttivo in grado di compensare.

E per il mais da granella?

Nel caso della produzione di granella, oltre alla riduzione delle produzioni, il grande pericolo sono le aflatossine, che possono declassare la granella sul mercato con importanti ripercussioni economiche. Detto ciò, nel caso di quest’anno, se lo stress si presenta così pronunciato, alla fine la differenza di perdita di valore tra la granella e il trinciato potrà essere poco evidente.

Ipotizziamo che si verifichi lo scenario peggiore, ossia che nelle prossime settimane/mesi la carenza d’acqua si faccia ancor più pesante e che quindi l’agricoltore realizzi che non riuscirà fisicamente a irrigare tutti o parte dei propri campi di mais. Ipotizzare questo scenario, anche se magari non si verificherà, resta cosa utile perché permette all’agricoltore di prepararsi a diverse alternative, di progettare contromisure tecniche e gestionali.

Purtroppo, anche in considerazione delle previsioni stagionali, tutti i modelli sono allineati su quadrimestre giugno-settembre decisamente caldo e secco. A breve speriamo nei temporali e in qualche grado in meno per un possibile transito di veloci perturbazioni atlantiche. Lo scenario peggiore purtroppo non è da escludere; anzi. Quale strategia adottare è presto detto: questo scenario ci dice di irrigare il mais senza attendere, perché da luglio in poi le incognite sono troppo elevate.

Perché conviene farlo?

Se tra l’emissione del pennacchio e la completa fioritura (primo ingiallimento delle barbe) lo stress idrico è stato gestito, allora una certa produzione è possibile e il rischio aflatossine è meglio gestibile. In alcuni casi più fortunati un secondo turno irriguo sarà possibile e allora le produzioni saranno discrete. Tuttavia ricordiamoci che le estati calde non sono mai favorevoli alla produzione anche del mais perché i cicli si accorciano riducendo il tempo di accumulo (il cosiddetto filling period) dell’amido nella granella.

Comunque: qualora nel prossimo futuro l’agricoltore veda di non avere disponibilità d’acqua irrigua, quali potranno essere le sue scelte più razionali? Rinunciare del tutto alla coltivazione, allo scopo di risparmiare sui costi? Decidere di andare avanti con la coltivazione del mais solo su una certa percentuale della superficie?

Difficile scelta: occorre operare considerando caso per caso. Qualche ragionamento è però opportuno. Rinunciare alla coltivazione, la prima opzione citata, è purtroppo una realtà che si pone per molte colture in asciutto, ma in queste condizioni i costi colturali sono in gran parte già sostenuti e quindi il danno economico si è già in gran parte verificato. Nel caso di accertata penuria di acqua irrigua e in presenza nell’azienda anche di mais di prima semina, per qualche mais seminato dopo un erbaio a maggio, e quindi in condizioni attuali di notevole sofferenza, allora conviene concentrare le irrigazioni sui primi raccolti piuttosto che dividere le risorse e raccogliere male o non raccogliere affatto.

Stress idrici ai danni del mais significa anche probabilità di una maggiore incidenza del problema aflatossine. In previsione di questa eventualità cosa potrà fare il coltivatore di mais?

Riguardo le aflatossine la preoccupazione è tanta. Negli anni passati più difficili, perché caldi e con stress idrico (2012, 2015, 2016), a una presenza di aspergillo si accompagnavano livelli produttivi non lontani dalla media. Quest’anno è diverso: la produzione sarà molto inferiore alle attese. Quindi la tossina potrà maggiormente concentrarsi perché “diluita” in una massa minore. Cosa si può fare: nei limiti del possibile impiegare la poca acqua irrigua attorno alla fioritura, perché quello è il momento in cui le spore di aspergillo colonizzano gli organi fiorali e quindi il chicco.

Altre iniziative utili contro le aflatossine?

Trattare, se ancora possibile, con i ceppi atossigeni, che hanno dimostrato una buona efficacia nel contenere i ceppi autoctoni produttori di aflatossine. Infine il controllo della piralide è sempre un intervento consigliabile per ridurre la somma degli stress e quindi ostacolare lo sviluppo di questa muffa, oltre che del Fusarium verticilloides produttore delle fumonisine. Purtroppo ci si attende che a fronte di produzioni modeste molti opteranno per non trattare contro la piralide.

«Irrigazione per scorrimento, un sistema da rivedere»

Altre contromisure che il coltivatore di mais potrà tentare nei prossimi tempi qualora persista il problema della carenza d’acqua? «Giunti a questo punto della stagione - dice Reyneri - non c’è molto da fare: le strategie da mettere in campo le abbiamo già tracciate. Rimane piuttosto il grande discorso che riguarda il medio periodo. Questo andamento meteorologico è una manifestazione del cambiamento climatico in atto. Dobbiamo attuare quelle misure di adattamento per misurarci con le armi giuste nei confronti di annate certamente molto calde e probabilmente accompagnate da deficit idrici più pronunciati.

Quindi: investire in sistemi irrigui più efficienti quali le ali piovane (ranger o pivot), con le quali irrigare nel caso anche le colture in primavera, e quali le ali gocciolanti, per non parlare della sub-irrigazione. Ma in ogni caso è opportuno rivedere tutto il sistema dell’irrigazione per scorrimento, la cui efficienza purtroppo è più limitata, oltre a richiedere portate elevate che sono sempre meno disponibili. Tutto ciò richiede anche un aggiornamento dei sistemi consortili di distribuzione dell’acqua e un piano concreto per potenziare gli invasi».

«Il Psr e il Pnrr favoriscano gli investimenti nell’irrigazione»

Riguardo al prossimo Psr e ai tanti investimenti del Pnrr, e considerando il comparto dei seminativi, Reyneri esprime un giudizio netto: «Bisogna dare l’assoluta priorità agli investimenti sulla gestione dell’acqua e dell’irrigazione. Tanti agronomi, tecnici ed esperti lo ricordano da tempo. Nessun altro strumento è ugualmente decisivo sulle rese e sulla qualità; a maggior ragione in questi tempi in cui la crisi geopolitica ci pone di fronte al problema degli approvvigionamenti dei prodotti di base. Tema quest’ultimo da troppo tempo dimenticato».

Mais, Reyneri: «Irrighiamolo senza attendere» - Ultima modifica: 2022-06-27T11:16:13+02:00 da Giorgio Setti

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