Formazione completa dal campo alla tavola

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La preside dell'istituto agrario Duca degli Abruzzi di Elmas (Ca), Maria Antonietta Atzori, impegnata a legare didattica, lavoro nei campi, trasformazione e vendita

Il viaggio alla scoperta degli Istituti agrari italiani sbarca in Sardegna, dove tra tecnici e professionali operano quindici scuole agrarie. Il Duca degli Abruzzi di Elmas, in provincia di Cagliari, forte dei suoi 140 anni di storia, è il capofila regionale di Renisa, la Rete nazionale degli agrari che, guidata dalla presidente Patrizia Marini, si ritroverà a metà novembre a Teramo per una intensa tre giorni nella quale si sono dati convegno i 300 istituti che ne fanno parte. A guidare dal 2019 il “Duca degli Abruzzi” è la dirigente Maria Antonietta Atzori che, prima di diventarne preside, è stata per 13 anni docente di discipline tecniche agrarie nello stesso Istituto.

«La mia formazione, con la laurea in Scienze agrarie, e l’esperienza sul campo come insegnante di materie agronomiche – esordisce la professoressa Atzori – sono state fondamentali. Il “Duca degli Abruzzi” non è una scuola come le altre, è un’istituzione complessa che gestisce un’azienda agricola di 33 ettari, con tutte le sfide agronomiche, economiche e burocratiche che ciò comporta».

Per guidare gli agrari ci vuole un agronomo.

«Non in assoluto ma avere un background tecnico mi ha permesso di comprendere immediatamente le potenzialità della nostra azienda che spazia dai vigneti agli oliveti, dal caseificio al birrificio, dalla cantina all’apicoltura e di dialogare efficacemente con i docenti e il personale tecnico. La sfida quotidiana è coniugare la didattica con la produzione, trasformando l’azienda nel primo e più importante laboratorio a cielo aperto a servizio degli studenti».

Quali sono i numeri dell’istituto?

«Abbiamo 600 studenti. L’offerta formativa è strutturata per rispondere alle diverse esigenze del territorio, da qui la presenza di tre articolazioni di studio nel settore tecnologico: produzioni e trasformazioni, gestione dell’ambiente e del territorio, viticoltura ed enologia. Offriamo anche due percorsi serali per adulti, molto importanti per la riqualificazione degli addetti del settore: uno tecnico nella sede di Elmas e uno professionale nella sede di Maracalagonis».

Mantenete il sesto anno di specializzazione?

«Certo, il percorso da enotecnico è un fiore all’occhiello, erede diretto della vocazione originaria di Scuola enologica. È stato attivato molti anni fa e attrae giovani intenzionati ad acquisire competenze di altissimo livello nella gestione dell’intera filiera vitivinicola, dall’impianto del vigneto alla commercializzazione dei vini. La partecipazione è sempre qualificata, con un facile inserimento dei diplomati nelle aziende e cantine sarde».

A proposito di post-diploma, qui com’è con l’Its?

«Siamo partner attivi e strategici dell’Istituto tecnico superiore academy Tagss, Tecnologie Agroalimentari e Gestione Sostenibile della Sardegna. Proprio di recente, la nuova sede dell’Its è stata inaugurata qui a Elmas, rafforzando la sinergia tra la scuola e la formazione terziaria professionalizzante. A breve sarà realizzata una malteria che consentirà di chiudere il processo produttivo brassicolo. Questo per dare vita a una filiera formativa completa, dal diploma tecnico alla super specializzazione post-diploma, fondamentale per trattenere i talenti sul territorio».

Nonostante questo, non avete attivato il 4+2, con il diploma quadriennale.

«Per il momento no. Stiamo valutando con attenzione l’opportunità. Servizi di trasporto pubblico più efficienti e la presenza di un convitto sarebbero di utile supporto all’utenza e permetterebbero all’istituto di rivolgersi a un bacino molto più ampio».

Quindi lei è tra chi non ritiene il convitto uno strumento superato?

«L’importanza di un convitto è indiscutibile. La specificità dell’offerta formativa di un agrario attrae ragazzi da un’area vasta e molti di loro affrontano viaggi lunghi e dispendiosi. Un convitto permetterebbe di accogliere studenti provenienti dalle zone più distanti. Sarebbe uno strumento potente per rendere l’alta formazione agraria ancora più accessibile».

Quali sono gli ultimi investimenti sui laboratori e i progetti innovativi?

«Grazie ai fondi Pon e, più di recente, del Pnrr, abbiamo realizzato un laboratorio multidisciplinare capace di accogliere in un unico grande ambiente fluido di co-working e di fab-lab aree dedicate alla realizzazione di progetti e indagini, con un focus sull’apprendimento interdisciplinare, favorendo l’inclusività e la personalizzazione degli apprendimenti. Abbiamo implementato e potenziato strutture chiave come il birrificio e il laboratorio polifunzionale food processing incentrato sull’utilizzo di apparecchiature all’avanguardia che consentono di progettare, studiare, condurre e sorvegliare i differenti processi di trasformazione degli alimenti, dalle marmellate ai sott’olio agli essiccati, mentre in cantina si è dato corso al progetto micro vinificazione che, cofinanziato dalla Fondazione di Sardegna, ci ha permesso di acquistare nuove vasche dotate di sensori digitali per il controllo da remoto dei processi biotecnologici».

Sul fronte dell’agricoltura 4.0 avete iniziative?

«Stiamo investendo nella sensoristica e nel digitale per l’agricoltura. Abbiamo dotato alcune delle nostre arnie di sensori biodinamici digitali che tramite un’app permettono il controllo di diversi parametri dell’alveare. Abbiamo siglato un accordo con il vicino aeroporto di Cagliari-Elmas e due di queste arnie saranno posizionate nella zona dello scalo, con gli studenti che potranno monitorare l’andamento delle famiglie e, indirettamente, la qualità ambientale dell’area».

Si è in una fase di ridefinizione dei programmi ministeriali: quali i suoi suggerimenti?

«A mio avviso ci sono tre aree da privilegiare. La prima è la sostenibilità e gestione ambientale, tema che non deve essere più una materia accessoria ma un asse portante. Gli studenti devono essere i protagonisti della transizione ecologica in agricoltura sui fronti, tanto per dirne alcuni, della gestione delle acque, delle energie rinnovabili, dell’agricoltura conservativa. La seconda è la digitalizzazione: l’uso di droni, sensoristica, IoT e big data per l’agricoltura di precisione deve diventare una competenza di base, non una specializzazione. La terza area sono le filiere: non ci si deve più fermare alla produzione primaria. È necessario potenziare le competenze sulla trasformazione agroalimentare, la qualità e salubrità del prodotto, il marketing e la gestione d’impresa».

A riguardo, voi avete un punto di vendita diretta: qual è il valore di questa esperienza?

«Ritengo l’iniziativa fondamentale, in quanto ponte diretto con il territorio. Per gli studenti è un laboratorio insostituibile di imprenditorialità: imparano a gestire il prodotto finito, a relazionarsi con il cliente, a capire le dinamiche di prezzo e l’importanza della qualità e delle certificazioni. È l’anello che chiude il ciclo “dal campo alla tavola”. L’iniziativa del Ministero dell’Istruzione relativa alla vendita dei prodotti delle aziende agrarie non fa che validare un modello che noi pratichiamo da tempo e che riteniamo essenziale per una formazione completa».

Quali sono i rapporti con l’assessorato regionale all’agricoltura?

«Eccellenti. La Regione ha sempre dimostrato sensibilità verso la nostra realtà, supportandoci anche con stanziamenti specifici che si sono affiancati ai fondi ministeriali ed europei. È in fase di autorizzazione un finanziamento di centomila euro per ogni istituto agrario della Sardegna per l’ammodernamento delle attrezzature delle aziende agrarie annesse agli istituti. Questa sinergia è vitale. Siamo costantemente allineati sulle strategie regionali e, sebbene la scuola non sia un beneficiario diretto delle misure Psr/Csr, formiamo i tecnici che poi andranno a operare con quegli strumenti. La missione comune è di fornire al territorio sardo le competenze di cui ha bisogno per crescere».

Lei è in partenza per il congresso annuale di Renisa: quali sono le iniziative della rete di maggiore valore?

«Le più preziose sono quelle legate alla condivisione delle migliori pratiche. Credo si debba dare ancora più impulso alle competizioni nazionali (Vinitaly, Bacco e Minerva) e altre iniziative quali gli Hackathon che stimolano un confronto tecnico di altissimo livello tra studenti di territori diversi».

Formazione completa dal campo alla tavola - Ultima modifica: 2025-11-12T14:31:50+01:00 da Simone Martarello

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