Opportunità biometano
Il Green Deal delinea un indirizzo chiaro che spinge l’intera Europa verso strategie economiche ed energetiche basate sulla sostenibilità e sull’integrazione dei cicli produttivi. E, come tutti i settori, anche l’agricoltura sta facendo e farà sempre di più la sua parte, impegnandosi a diventare un settore strategico nella lotta al cambiamento climatico.
Il biometano si rivela in questo senso una valido alleato. Ne è convinto Piero Gattoni, presidente del Consorzio italiano biogas (Cib), che - a tre anni dalla data di pubblicazione del tanto atteso “decreto biometano bis” - ci aiuta a fare il punto della situazione relativamente a questa filiera produttiva che, ancora oggi, fatica a ingranare.
Intervista pubblicata su Terra e Vita 11/2021
Abbonati e accedi all’edicola digitale
Presidente Gattoni, la filiera del biometano pare stenti a decollare (ormai da qualche anno), ci vuole dire a che punto siamo? Quali sono i principali motivi di questo stallo?
Il Decreto ministeriale biometano offre la possibilità concreta, importante per il nostro settore, di contribuire alla decarbonizzazione dei trasporti. Tuttavia, ad oggi, ci sono dei rallentamenti dovuti principalmente a diversi aspetti burocratici e ostacoli attuativi di alcune norme contenute nel decreto.
Per il pieno sviluppo delle potenzialità della filiera, riteniamo fondamentale rimuovere tali vincoli dando piena attuazione al decreto, tenendo conto delle specificità del settore agricolo, ma anche, in prospettiva, ampliare i mercati di destinazione d’uso del gas rinnovabile prodotto, per la decarbonizzazione di tutti i settori, riducendo la dipendenza dal fossile in settori industriali difficilmente elettrificabili.
In termini di incentivi e finanziamenti, cosa vi aspettate dalle recenti disposizioni Ue e nazionali?
Per il nostro Paese, le risorse del Pnrr rappresentano una grande opportunità per accelerare il cambio di paradigma produttivo delle imprese agricole orientandole sempre di più alla sostenibilità.
L’attuale parco impianti biogas agricoli può contribuire attivamente alla transizione energetica, ma anche alla transizione agroecologica. Partendo dalla riconversione degli impianti biogas esistenti si può liberare un potenziale produttivo di biometano pari a circa 3,5 miliardi di Smc (metri cubi standard) che potrà essere indirizzato in diversi mercati: trasporti, usi domestici o industriali, energia elettrica flessibile. Si potranno stimolare investimenti privati per circa 5 miliardi di euro, favorendo entrate fiscali per circa 1 miliardo di euro. Lo sviluppo del biometano agricolo può portare un incremento di nuovi posti di lavoro stabili di circa 16mila occupati, ai quali si deve aggiungere un incremento di quelli indiretti, pari a circa 70-80 mila occupati.
Qual è l’obiettivo del progetto Farming for Future, che avete recentemente presentato al pubblico?
Il progetto prevede 10 azioni concrete per la conversione agroecologica dell’agricoltura italiana. L’obiettivo è dimostrare che un cambio di paradigma è necessario e può essere una grande occasione di sviluppo e di innovazione per le nostre aziende e per settori industriali in cui siamo leader nel mondo.
Seguendo il percorso tracciato dal progetto, l’agricoltura italiana potrà, al 2030, ridurre le proprie emissioni di gas serra del 32%. A ciò si aggiunge un’ulteriore riduzione del 6% delle emissioni dovute al mancato utilizzo di fonti energetiche fossili. Un taglio complessivo di oltre 31 milioni di tonnellate pari a quelle generate da 18,5 milioni di automobili, la metà del parco circolante in Italia.
Quali sono le attuali prospettive di diffusione della rete di biometano per autotrasporto?
A oggi sono già 20 i progetti di produzione di bio-Gnl da agricoltura in corso di costruzione o già autorizzati o in fase di autorizzazione. La capacità produttiva complessiva sarà da 4 a 27 tonnellate al giorno che renderanno possibile la decarbonizzazione dei viaggi degli oltre 3mila camion alimentati a metano liquido oggi circolanti nel nostro paese.
Il bio-Gnl è un importante vettore energetico attraverso il quale anche l’agricoltura può dare un ampio contributo nella promozione della sostenibilità dei trasporti: grazie al suo sviluppo il mondo dei trasporti ha una possibilità concreta di raggiungere i traguardi ambientali europei fissati per il 2030, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili e aumentando la sicurezza energetica del Paese.
È delle scorse settimane la notizia della nascita di Verdemetano, la nuova cooperativa di agricoltori che produrranno e distribuiranno biometano agricolo. Ci può dire qualcosa in più su questo progetto?
Verdemetano è un ambizioso progetto agroindustriale che nasce con l’obiettivo di aggregare e valorizzare la produzione di biometano agricolo nel mercato dei biocarburanti avanzati.
Nasce dalla volontà di venti aziende agricole, eccellenze nelle produzioni di qualità made in Italy ed è aperto a tutti i futuri produttori di biometano che desidereranno farne parte.
Il governo Draghi ha recentemente confermato la proroga agli incentivi biogas, un commento?
Siamo soddisfatti per questa approvazione che accoglie la nostra richiesta di provvedere con urgenza a dare continuità alla programmazione degli investimenti del settore agricolo nel processo di transizione agroecologica, in attesa dell’emanazione del Dm Fer2.
Auspichiamo che questa attenzione della politica al nostro settore resti alta affinché si crei un quadro normativo stabile e di media durata che consenta una programmazione degli investimenti da parte degli imprenditori agricoli e che permetta di valorizzare appieno il potenziale che il biogas e il biometano agricolo possono sviluppare.
Quali prospettive per le bioenergie in Italia, anche alla luce delle nuove politiche e strategie green dell’Ue?
Le bioenergie possono dare un contributo positivo al raggiungimento degli obiettivi europei proposti nell’ambito del Green Deal che prevedono quote crescenti di fonti rinnovabili nel mix energetico e una consistente riduzione delle emissioni di gas serra.
A livello nazionale, per seguire il trend europeo, dovremmo rivedere il Pniec (Piano nazionale integrato energia clima) riconsiderando il ruolo delle bioenergie tenendo conto delle peculiarità dei nostri territori e delle esigenze di sviluppo delle diverse aree del Paese.
Una delle prospettive più interessanti per la filiera delle bioenergie è quella legata alla realizzazione di filiere che riescano a servire diversi mercati, riducendo le importazioni dall’estero.
Il biometano agricolo con un potenziale di producibilità di circa 6,5 miliardi di m3 al 2030 può avere un ruolo strategico non solo nel settore dei trasporti, ma anche nei settori energivori come le acciaierie o le cartiere. Crediamo poi che in questo mix vada valorizzata anche la natura programmabile della produzione elettrica, per non disperdere gli investimenti fatti in questi anni.