Sorgo, questo incompreso. Coltura povera, dice qualcuno. Coltura rustica, sostiene qualcun altro. In ogni caso coltura che fatica a decollare pur avendo diverse caratteristiche interessanti. Infatti, la superficie italiana investita a sorgo è sostanzialmente stabile da anni, con oscillazioni tra i 40 e i 50.000 ettari. Nel 2015 la superficie ha subito una contrazione che l’Istat ha valutato intorno a 8,5%. L’Italia è comunque il secondo paese dell’Unione europea per la coltivazione del sorgo, dopo la Francia.
Si può fare di più. Di questo ne è convinto Franco Brazzabeni di Rv Venturoli, al vertice della sezione cereali di Assosementi. Ecco la sua visione dello scenario sorgo.
Quali sono i principali limiti all’espansione della coltura? In quale regioni, oltre alle classiche Emilia-Romagna e Marche, può trovare spazi?
«Semplicemente il sorgo non è conosciuto in molte zone, anche se negli ultimi anni diversi agricoltori di Lombardia e Veneto hanno cominciato a inserirlo nella rotazione, soprattutto in sostituzione del mais. Di fatto tutta la filiera, con poche eccezioni, favorisce il mais, per tradizione e perché fornisce a commercianti di mezzi tecnici e stoccatori un miglior fatturato. Il sorgo, anche alla luce del greening, rappresenta una valida alternativa al mais, in particolare negli areali ove quest’ultimo è penalizzato da stress idrici e termici».
Costi e marginalità
Che tipo di redditività può fornire: può farmi una breve analisi costi/ricavi di un’annata come il 2015?
«Produrre sorgo – evidenzia Brazzabeni – costa all’agricoltore poco più della metà rispetto al mais, pertanto è la coltura cerealicola che attualmente fornisce la maggiore redditività. Con le quotazioni attuali, in molti casi il sorgo permette di realizzare margini superiori al mais (fino a 80% in più), al frumento tenero, ma anche anche a soia e girasole».
È per questo che gli agricoltori dovrebbero ripensare le loro scelte?
«Il sorgo è innanzitutto una specie rustica, a basso impatto ambientale, in grado di superare gli stress termici e idrici rallentando momentaneamente il suo metabolismo e fornendo quindi produzioni soddisfacenti anche in condizioni difficili. Inoltre non è attaccato da alcuni temibili parassiti del mais, come Diabrotica o Piralide; di conseguenza il seme è sano e raramente manifesta presenza di micotossine. Con il sorgo da granella è quindi possibile ottenere ottime produzioni non solo di granella, ma anche di insilato di alta qualità, sia per alimentazione animale che per biogas. Da non trascurare un possibile futuro utilizzo anche per alimentazione umana: basti dire che la granella non contiene glutine».
Ibridi più performanti
La ricerca varietale nel sorgo su cosa sta lavorando?
«Ovviamente l’obiettivo primario rimane quello di trovare ibridi sempre più performanti dal punto di vista produttivo, ma certamente non si disdegnano altri settori di ricerca, sia in ambito agronomico (resistenza alle fitopatie, maggiore adattabilità alle più estreme condizioni ambientali) che nel contesto di qualità del prodotto finale (sanità della granella, ricerca di specifici fattori nutrizionali sia per gli animali che per l’uomo)».
Secondo lei quale obiettivo di superficie dovrebbe avere/porsi il sorgo?
«Considerate le attuali problematiche del mais, il sorgo potrebbe tranquillamente raddoppiare l’attuale superficie».
Campagna 2016: un prezzo plausibile? E uno che potrebbe davvero soddisfare gli imprenditori agricoli?
«Attualmente – conclude Brazzabeni – la granella di sorgo ha una valutazione superiore a quella del mais; considerate le ottime potenzialità produttive e i ridotti costi colturali, il sorgo è quindi in grado di fornire agli agricoltori, come detto, un reddito lordo in molti casi nettamente superiore a quello del mais e di altre specie».
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