«Nei terreni di mia proprietà non potevo, e ancora non posso, entrare né la sera né la mattina presto, né tanto meno la notte, perché branchi di 200-300 cinghiali di varia età scorrazzavano in essi, e continuano a farlo, alla ricerca di cibo. E, per di più, sono aggressivi, e perciò pericolosi». È questa la prima ragione che ha convinto e spinto Francesco Clemente, agricoltore di Castellaneta Marina (Ta), a intentare causa alla Regione Puglia e alla Provincia di Taranto, per danni subiti dalle sue colture, olivo e agrumi, fino al 2016.
Clemente: «Ho fatto causa per non abbassare la testa»
«Perché non dovrei poter andare in campagna? O perché dovrei essere costretto ad andarci munito di fucile o comunque di un’arma per difendermi da eventuali attacchi? Ho una grande rabbia dentro, la stessa che covano tutti gli agricoltori le cui colture sono vittime dei cinghiali! Una rabbia repressa perché tutti sono scoraggiati e nessuno si muove!
Gli agricoltori pensano che sia inutile avviare un’azione giudiziaria, sanno che devono anticipare denaro e che le cause vanno per le lunghe, perciò temono di perdere tempo e rimetterci soldi! Questa è la seconda ragione per cui ho fatto causa: non ho voluto abbassare la testa, ho deciso di provare, sono stato caparbio, mi sono detto che finché avrò vita non mi darò per vinto, e il giudice mi ha dato ragione!
Ora intenterò alla Regione Puglia un’altra causa, per danni da 150.000 € causati dai cinghiali negli ultimi anni e conto di vincerla, anche se mi rimane l’amaro in bocca perché il risarcimento in fondo è costituito da denaro pubblico, della collettività, quindi anche di noi agricoltori stessi. Ma voglio adire le vie legali, le uniche possibili, per rispetto verso me stesso.
Agire direttamente contro i cinghiali è illegale, alcuni agricoltori di Metaponto, per avere disposto trappole, sono stati denunciati e contro essi è in corso una causa penale. Mi dispiace, perché li capisco, la situazione nelle campagne è molto grave, più di quanto si pensi!».
«Con le radici esposte al sole le giovani piante possono seccare»
I cinghiali, spiega Clemente, non scavano sotto gli olivi e gli agrumi per mangiarne le radici. «Cercano talpe, di cui sono ghiotti, e per stanarle fanno con i loro potenti musi buche profonde anche 50 cm e a volte piegano gli stessi alberi, persino olivi secolari. Ma, se non le trovano, si “accontentano” di bulbi di piante spontanee, di radici, di insetti. Altre volte saltano sugli alberi, alla ricerca di frutti, spezzando branche e rami.
Le piante, soprattutto se giovani, con le radici messe a nudo ed esposte al sole vengono compromesse nella loro vitalità e possono seccare. Perciò è necessario coprire subito le radici rimettendo il terreno a posto e dare acqua per consentire alle piante di riprendersi. Ma l’indomani i cinghiali possono ritornare nello stesso terreno o attaccare altre piante!
I danni che i cinghiali causano sono notevolissimi, è un fatto che ogni anno dalla mia azienda condotta in biologico mi devo accontentare di 300 quintali di olive, mentre potrei raccoglierne 1.300, e di 500 quintali di arance e 500 di clementine, quando potrei ricavarne ben 4.000! Se non trovano altro, i cinghiali mangiucchiano la corteccia dei tronchi, causando con i loro denti aguzzi e affilati danni che si ripercuotono sulla resa produttiva delle piante per diverso tempo, tanto che si riprendono, se va bene, dopo 5-6 anni, come ho spiegato al Ctu venuto per il sopralluogo».
«Qualcuno mi ha detto di vendere tutto, ma io non sono disposto a cedere»
Clemente non può fare un orto familiare, altrimenti i cinghiali lo depredano. «E, come me, – aggiunge – nessuno in zona ha un orto personale! Non posso coltivare angurie, ne sono ghiottissimi perché ricche di acqua. Né posso avere delle galline, me le farebbero scomparire. Se circondo i campi con una recinzione, come ho fatto, la bucano, la buttano giù, aggiungendo danno a danno, e diventano ancora più nervosi e aggressivi. Guai poi ad andare per funghi nei boschi di proprietà!
Qualcuno mi ha suggerito di vendere tutto e andare via, ma non sono disposto a cedere. Ecco, queste sono le ragioni per cui ho avviato un’azione giudiziaria, e sono le ragioni per cui il Tribunale di Taranto ha emesso sentenza a mio favore e condannato Regione Puglia e Provincia di Taranto a risarcirmi in solido per circa 50.000 euro, compresi interessi e compensi di difesa. Una sentenza che può rappresentare un esempio per altri agricoltori e aprire un nuovo capitolo nel risarcimento dei danni causati dai cinghiali e da altra fauna selvatica».
Ignazzi: «Seguirò l’esempio di Clemente, farò causa anche io!»
Il buon esito della causa intentata da Clemente sta già inducendo altri produttori agricoli a percorrere la stessa strada. Fra questi Raffaele Ignazzi, agricoltore di Castellaneta Marina (6 ha a clementine, arance, limoni e olive a tavola), anch’egli da anni alle prese con danni causati da cinghiali.
«In questi anni ne hanno combinate di tutti i colori. A volte sono arrivati alla raccolta per nutrirsi di clementine che sbucciano con i loro sensibili musi. Altre volte sono venuti ad abbeverarsi nel canale di bonifica che scorre in azienda, senza poi riuscire a uscirne, perché è profondo quasi 3 m e ha i fianchi ripidi, tanto che ho dovuto chiamare i vigili del fuoco.
Ma adesso mi preoccupano i danni che stanno causando a piante di agrumi di quattro anni: in cerca di cibo scavano e tirano fuori le radici, così le piante vengono sottoposte a un forte stress che subito favorisce la cascola dei frutticini e alla lunga le può indebolire, se non si interviene presto e accuratamente, fino a decretarne la morte.
Oltre a subire un danno per riduzione della produzione, devo sopportare altre spese per ricoprire le radici per bene, non far mancare l’acqua e somministrare qualche prodotto che aiuti l’apparato radicale a riprendersi e continuare a svolgere il lavoro cui è deputato».
«Dopo gli ultimi danni a oltre 1.000 giovani non posso più temporeggiare»
La decisione di Ignazzi di adire le vie legali è diventata definitiva dopo l’ultima scorribanda notturna che ha causato danni a oltre 1.000 giovani piante di clementine. «Adesso basta, non posso più temporeggiare. La mia preoccupazione va oltre il danno contingente.
Temo che le piante, colpite da questi ripetuti “schiaffi”, subiscano un ritardo nella crescita naturale, con compromissione della loro capacità produttiva. Chiedo perciò che chi, a livello regionale, ha l’autorità e la responsabilità per farlo, assuma gli opportuni provvedimenti. Io non chiedo che i cinghiali vengano necessariamente abbattuti, possono anche essere catturati e portati altrove. Esigo però che il problema venga risolto, noi agricoltori non ce la facciamo più. La causa che mi appresto a intraprendere ha proprio questo significato: attirare l’attenzione su un problema la cui soluzione non è più rinviabile!».