Continuano a calare le richieste di certificazione di sementi di frumento duro in Italia e il rischio è che per la campagna autunno-vernina si riproponga la situazione vissuta lo scorso anno che evidenziava un impiego di seme non certificato superiore al 50% della superficie coltivata. A lanciare l’allarme è Assosementi, l’associazione che riunisce le imprese sementiere italiane.
«Secondo i numeri diffusi dal Crea-Dc, l’ente responsabile della certificazione delle sementi in Italia, le domande dei cartellini ufficiali per la campagna cerealicola in corso vivono una fase di stagnazione - ha dichiarato Franco Brazzabeni, presidente della Sezione cereali di Assosementi -. A preoccupare è soprattutto il comparto del frumento duro, dove le richieste di certificazione ammontano ad appena 178 mila tonnellate, in flessione quindi del 12% rispetto a dodici mesi fa. Il dato è dunque allarmante, tanto più se si considera che il frumento duro è la materia prima da cui si ottiene la pasta, alimento principe della nostra dieta e simbolo di italianità nel mondo».
«Le criticità del settore cerealicolo vanno affrontate in un contesto di filiera, con il seme certificato come denominatore comune - ha aggiunto Brazzabeni -. L’uso del seme certificato assicura infatti evidenti vantaggi ad agricoltori, stoccatori, trasformatori e anche ai consumatori, oggi sempre più attenti alla piena tracciabilità delle produzioni».
«Auspichiamo che il lavoro delle istituzioni si muova sempre di più verso il sostegno delle produzioni tracciate e favorisca le sinergie di filiera dei prodotti made in Italy, nelle quali il seme certificato deve rappresentare la base irrinunciabile. Senza seme certificato non ha senso parlare di tracciabilità» ha concluso Brazzabeni.