Rappresentare le varie realtà del settore delle piante officinali, condividere le competenze, facilitare uno scambio di informazioni affinché i produttori possano dialogare in gruppo strutturato con il mercato. Ma anche rappresentare i produttori presso le Istituzioni e il Tavolo di filiera delle piante officinali, istituito presso il Mipaaf.
Sono questi, i principali obiettivi di Fippo (Federazione italiana produttori di piante officinali), nata nel 1995 e che conta oggi circa un centinaio di soci, soprattutto agricoltori, aziende e alcuni tecnici, ricercatori e erboristi che sostengono e seguono da vicino i produttori, occupandosi soprattutto delle problematiche legate alla produzione.
«La Fippo rappresenta i produttori, i coltivatori di piante officinali, cioè chi dà l’avvio alla filiera - racconta Giorgio Voltolina, agronomo, erborista che si occupa di ricerca e sperimentazione, consulenza alle aziende anche per conto della Fippo di cui è uno dei fondatori –. Invece erboristi, grossisti, commercianti, industrie coprono i gradini successivi della filiera e hanno loro associazioni dedicate. La preparazione e la competenza dei nostri soci è sovente di livello elevato».
«A livello nazionale e comunitario – aggiunge - la Federazione ha contribuito alla stesura delle Gap (Good agricultural practice) cioè le linee guida per la buona pratica agricola delle Piante medicinali e aromatiche. Non si tratta di una normativa ma di buone prassi da seguire in modo volontario».
Oggi le piante officinali riscontrano curiosità e interesse tra i produttori ma è bene conoscere il settore e il mercato. Secondo Voltolina «la produzione delle officinali è un’attività particolare che necessita di un imprenditore agricolo attivo, costante e consapevole. C’è bisogno di essere molto attenti al variare del mercato i cui sbocchi vanno cercati di volta in volta perché non ci sono strutture di conferimento a priori, come avviene ad es. per i cereali. È fondamentale inoltre lavorare sulla qualità del prodotto e bisogna far quadrare il proprio progetto rispetto alle risorse a disposizione». Le officinali rappresentano sempre una scelta strategica e a lungo termine per l’azienda, che le può introdurre in tutta o in parte dell’azienda. Introdurre le officinali però vuol dire attrezzarsi per coltivazione, raccolta e post-raccolta, e, infine, per lo stoccaggio. Una pianta officinale coltivata e raccolta non ha un valore reale ma potenziale. Il raccolto deve essere stabilizzato, il che significa che le erbe devono essere principalmente essiccate o distillate, e a quel punto diventa vendibile e appetibile per un commerciante. Questo richiede tempo, denaro e dedizione e non è possibile compiere il passaggio in modo repentino e a costo zero.
«Fare piante officinali significa fare investimenti» raccomanda l’agronomo. Ogni imprenditore agricolo, a seconda delle caratteristiche della propria azienda, decide le proprie opportunità e campi di intervento. «Il bello delle piante officinali è la poliedricità delle produzioni e le opportunità di mercato. I soci di Fippo e i produttori di piccole dimensioni prediligono la filiera corta, allestendo in azienda anche un laboratorio di trasformazione multifunzionale dove si possono trasformare le erbe assieme ad altri prodotti agricoli, valorizzando le produzioni, attingendo dalla tradizione gastronomica ed erboristica ma senza travalicare le competenze».