Chiusa la campagna 2021 del pomodoro da industria con valori produttivi record, è già tempo di pensare al 2022 e Confagricoltura Emilia Romagna traccia la linea da seguire per il prossimo anno.
L’Emilia-Romagna è la regione leader in Italia per superficie coltivata, all’incirca 27.000 ettari così suddivisi tra le province: Piacenza 10.600 ha, Ferrara 6.700 ha, Parma 4.500 ha, Ravenna 2.500 ha, Reggio Emilia 1.100 ha, Modena 960 ha, Bologna 370 ha, Forlì-Cesena 70 ha e Rimini 40 ha; è al primo posto anche per export di derivati dell’oro rosso (passata, polpa e salsa di pomodoro in primis). Il Belpaese si conferma al vertice della classifica dei produttori ed esportatori mondiali di trasformati: va sui mercati esteri il 60% delle conserve made in Italy. Cruciale è l’impatto dell’intero comparto e del suo indotto sul Pil e sulla creazione di posti di lavoro.
Preoccupa l'aumento dei costi di produzione
«Ci sono però segnali preoccupanti che ci costringono a serrare le fila, a lavorare uniti fin da ora per la campagna 2022 – ha detto il presidente dei produttori di pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna Giovanni Lambertini, a margine della sezione di prodotto riunitasi alla presenza dei consiglieri di Confagricoltura che siedono nel Cda delle principali Op e dell’Oi Nord Italia –. I costi di produzione sono lievitati con rincari del 30% e anche di più ed è solo l’inizio di una corsa dei prezzi che si profila inarrestabile per voci di spesa di primaria importanza: energia elettrica, gasolio, mezzi tecnici e sementi. Si tratta di un incremento di circa un euro al quintale nella campagna appena conclusa».
«Perciò dobbiamo fare fronte comune, produttori e industriali, per concordare insieme una strategia da far valere sui mercati in relazione alla vendita nella Gdo – ha sottolineato Lambertini –. L’aumento dei costi inciderà sui bilanci aziendali di quest’anno e ancora di più su quelli del 2022, quindi se ne dovrà tenere conto».
Valutare una riduzione degli ettari dedicati
Lambertini sottolinea l’aspetto più rilevante: «Abbiamo lavorato intensamente tutta l’estate, per concludere la più lunga campagna di raccolta della storia (75 giorni circa). Risultato: ottima la resa produttiva (in media 80 tonnellate a ettaro), così pure la qualità (4,9 di grado brix con un eccellente risultato in colore). Più che soddisfacente anche la performance quanti-qualitativa del biologico che rappresenta il 10% della produzione totale. Nemmeno la grave siccità ha piegato il raccolto, perché abbiamo irrigato tanto e bene con le migliori tecniche a disposizione. Il pomodoro consegnato, sano e integro, ha determinato una resa in fase di trasformazione superiore ad ogni aspettativa (+10% rispetto all’anno scorso), soddisfacendo così le esigenze dell’industria». In sintesi, la filiera ha saputo gestire al meglio tutte le fasi della campagna.
«Ma c’è un secondo punto sul quale non possiamo soprassedere nella trattativa per l’accordo quadro 2022 d’area Nord Italia, tra la parte agricola e quella industriale – ha fatto notare Lambertini –. Non tutto il pomodoro in campo, infatti, è stato raccolto perché eccessivo rispetto al potenziale di trasformazione del bacino. Pertanto dobbiamo insieme definire meglio le superfici da investire, valutando un'eventuale riduzione».