La crescita dell’offerta di uve apirene verso i mercati esteri, soprattutto Inghilterra e Paesi scandinavi, ha spinto produttori in filiera corta e commercianti a ideare nuove modalità di presentazione dei grappoli.
Fra le varie proposte spicca il carry-bag, proposto sul mercato dall’Agricoper di Gianni Liturri srl di Noicàttaro (Ba). Consiste nel confezionare in una busta (bag) di plastica, piccola, media o grande, un solo grappolo di peso adeguato alla busta. Le buste vengono poi sistemate, in numero variabile, in cassette di cartone 30x40 cm o 40x60 cm. G.F.S.
Produrre, confezionare e commercializzare oggi uva da tavola è molto diverso rispetto a dieci anni fa. Dalla moderna gestione del vigneto alla difesa fitosanitaria anche con la confusione sessuale, dal continuo rinnovamento varietale alla ricerca di modalità di presentazione dell’uva più gradite dai consumatori, tutto concorre a evidenziare la forte vivacità del comparto.
Un dinamismo pienamente confermato dall’8° Simposio internazionale sull’uva da tavola, tenutosi fra Puglia e Sicilia e organizzato dalle Università di Foggia, Palermo e Torino e dalle società di consulenza Agriproject Group e Graper.
Guardiamo per esempio la pratica della copertura del vigneto con teli plastici: è diventata sempre più importante per la sua gestione, ha sottolineato Laura De Palma, docente del Dipartimento Safe dell’Università di Foggia. Infatti permette di migliorarne il microclima, proteggere l’uva dagli agenti atmosferici e ampliare il calendario dell’offerta anticipando o posticipando la raccolta.
Semiforzatura
In vigneti allevati a tendone coperti con materiali plastici di semiforzatura, ha spiegato De Palma, «quantità e qualità della radiazione solare diventano cruciali: il microclima termico e luminoso è fondamentale per la precocità e qualità dell’uva perché influenza il germogliamento e l’accrescimento del germoglio, la fertilità gemmaria, l’accrescimento, il colore e la composizione della bacca. Per questo l’Università di Foggia, in collaborazione con le Università di Torino e Bari, la Fondazione Giovanni Dalmasso e la società Beaulieu Technical Textiles, ha valutato per due anni in Puglia gli effetti di due nuovi manufatti agro-tessili, uno trasparente per la copertura del vigneto e l’altro bianco per la riflessione della luce dal suolo, sulla cultivar Victoria in semiforzatura precoce».
Il manufatto di copertura ha modificato il regime termo-igrometrico del vigneto in modo simile a quanto riscontrato con un film commerciale in polietilene, di pari spessore, usato come riferimento. Il nuovo agro-tessile è risultato dotato di elevata diffusività, proprietà ritenuta utile a migliorare l’illuminazione dei vari strati fogliari della chioma, e alta trasmissività alla radiazione UV, che stimola la sintesi fenolica.
L’uva è risultata più ricca in polifenoli, principi salutistici. Il manufatto riflettente ha dimostrato elevata capacità di recupero della luce dal suolo.
«La combinazione fra i due nuovi materiali ha decisamente migliorato il microclima luminoso del vigneto, con riflessi positivi sulla percentuale di bacche di grande dimensione (e quindi sul peso del grappolo), sulla colorazione della buccia e sull’accumulo di flavonoidi. Il tessuto riflettente ha inoltre limitato la temperatura del suolo durante i mesi estivi e le perdite di umidità per evaporazione, risultando quindi utile al risparmio idrico. Infatti lo stato idrico delle viti, misurato settimanalmente, ne ha beneficiato».
Al simposio è stata segnalata anche una novità di recente introduzione nel Sud-Est barese, riguardante l’orientamento del filo che sostiene il film plastico: il filo viene posto perpendicolare al filare, mentre il film plastico continua a essere sistemato nello stesso verso del filare. È un cambiamento che ha consentito sia di migliorare il microclima nel vigneto, grazie a una più efficiente ventilazione e a una migliore gestione delle alte temperature e degli eccessi di umidità del periodo estivo, sia di semplificare le operazioni di messa in posa del film plastico e di ridurre il costo del relativo cantiere di lavoro
Nuove cultivar
Nonostante l’ampiezza del germoplasma viticolo esistente e gli elevati costi dell’ottenimento e della valutazione di nuovi genotipi, la ricerca delle risorse genetiche e l’innovazione delle varietà di uva da tavola sono sempre attive e indispensabili per sostenere le esigenze del settore, ha rilevato durante il simposio Vittorino Novello, docente del Disafa dell’Università di Torino.
«I principali criteri di selezione includono elevata e costante produttività, tolleranza alle malattie e agli attacchi dei fitofagi, tolleranza agli stress abiotici (soprattutto idrici e termici) e alle fisiopatie, attrattività estetica del grappolo e della bacca, consistenza della polpa, apirenia, capacità di esprimere sapore, aroma e proprietà nutraceutiche, buona resistenza alle operazioni di manipolazione, trasporto e conservazione».
Spicca per vivacità la ricerca di nuove varietà senza semi, gradite al consumatore, produttive e con minori costi di gestione per il produttore.
«Le difficoltà di mercato delle uve con semi, caratterizzato negli ultimi anni dalla diminuzione della domanda e dall’andamento negativo dei prezzi al produttore, - ha spiegato Stefano Somma, breeder del pugliese Grape & Grape Group, - hanno imposto il rinnovamento del parco varietale puntando sulle uve senza semi».
Numerose sono le alternative proposte sia dalle società private di breeding operanti su scala mondiale (Sun World International Llc, International Fruit Genetics, Sfnl Group, Arra, Ctgc, Volcani Center, Imida-Itum, Grape & Grape), ognuna delle quali ha una propria strategia per la concessione delle licenze di coltivazione e commercializzazione delle varietà, sia dalla ricerca pubblica in Italia e altrove. L’offerta è sempre più ampia, in base a epoca di maturazione, colore, forma e sapore, tanto da paventare il rischio, è stato sottolineato al simposio, che il consumatore ben presto non riconosca più la varietà che sta acquistando, ma si limiti a distinguere l’uva solo per il colore (verde, rossa, nera) e la forma.
L’attività di ricerca di Grape & Grape, ha informato Somma, che ha costituito le varietà apirene Apulia, Luisa e Fiammetta, «mira a ridurre i costi di produzione attraverso varietà produttive che richiedono tecniche di coltivazione facili da usare, caratterizzate da colori e sapori intensi che le rendono riconoscibili dai consumatori e adatte alla frigoconservazione. Vogliamo contribuire alla rinascita del miglioramento genetico dell’uva da tavola in Italia dopo alcuni decenni di torpore. Tuttavia Grape & Grape non è solo una società di miglioramento genetico, è un progetto che punta a unire breeder, agronomi e commercianti su un obiettivo comune: capire i gusti dei consumatori e le esigenze dei produttori agricoli e degli operatori della grande distribuzione per soddisfare al meglio gli uni e le altre».
Allevamento a ipsilon
Per le uve apirene, accanto alla consolidata forma di allevamento a tendone, si sta affermando anche quella a ipsilon (“Ypsilon”). Quest’ultima, ha illustrato de Palma, «massimizza l’efficienza fotosintetica del vigneto e consente l’abbattimento dei costi legati alla gestione della vegetazione e alla manipolazione dell’uva. Infatti permette di sostenere un elevato numero di germogli e nello stesso tempo garantisce una buona esposizione dei grappoli alla radiazione solare; inoltre agevola la potatura verde, le operazioni sul grappolo e la raccolta».
In passato si soleva fare sovescio solo con il favino. Ora invece, è stato evidenziato al simposio, si cominciano a seminare miscugli studiati per valorizzare il terreno: capaci, quindi, di fornirgli non solo N, come fa il favino, ma anche P, K e sostanza organica, di migliorarne la struttura, di potenziarne la capacità di drenaggio e di trattenimento degli elementi fertilizzanti.
Si diffonde inoltre la coltivazione di piante biofumiganti per migliorare la qualità fitosanitaria del terreno. Poi sta prendendo piede l’inerbimento tra i filari con Festuca arundinacea o altre erbacee da sfalcio: l’inerbimento consente di entrare nei terreni argillosi, crea competizione con le uve vigorose, soprattutto le apirene, riducendo la vigoria delle piante e rendendole più equilibrate e fruttifere, favorisce la biodiversità a vantaggio dell’ecosistema locale.
La difesa fitosanitaria
In merito alla difesa, ha detto Rosario Di Lorenzo, docente del Dipartimento Safa dell’Università di Palermo, la vite a uva da tavola è una coltura in cui è difficile combinare il controllo dei parassiti, la qualità e l’estetica del frutto con la necessità di ridurre il numero e la quantità di residui nelle uve. Inoltre l’impiego continuato di fitofarmaci tende a indurre resistenza nei patogeni, rendendo necessario il ricorso a nuovi e più aggressivi principi attivi.
Il controllo dei parassiti, ha spiegato Di Lorenzo, «viene facilitato da una gestione oculata della chioma. Fra le tecniche utilizzate a tal fine ci sono il diradamento fogliare della fascia produttiva e la cimatura, che permettono di migliorare l’arieggiamento dei grappoli, riducendo il ristagno di umidità, facilitando la penetrazione dei fitofarmaci».
Tra i fitofagi più dannosi per la vite è da annoverare la cocciniglia Planococcus ficus, «che provoca danni diretti, pungendo vari organi della pianta (radici, tronco, tralci, foglie, bacche), e indiretti, in quanto vettore di virus e produttore di melata su cui si sviluppano funghi “fuliginosi” che penalizzano l’attività fotosintetica. Si possono verificare anche danni cosmetici alle uve, che diventano non commerciabili, nonché un aumento del rischio di contaminazione da ocratossina A».
A seguito della direttiva Ue 2009/128/Ec e della accresciuta consapevolezza dei viticoltori in materia di sicurezza ambientale e di protezione degli operatori agricoli, «è stata sviluppata la tecnica a basso rischio della confusione sessuale con applicazione del diffusore Isonet PF, che consente una riduzione dei trattamenti insetticidi, se non la loro completa eliminazione, come già accade da anni con l’applicazione della confusione sessuale per la lotta alla tignoletta della vite (Lobesia botrana). L’impiego di questo dispensatore di feromoni è autorizzato in viticoltura biologica e integrata e contribuisce a ridurre i residui sulle uve commercializzate».
Per effettuare un pieno controllo del tripide Frankliniella occidentalis non basta fare ricorso a insetticidi, poiché, pur essendone disponibili numerosi, il loro impiego è soggetto a limitazioni. «Per superare questi problemi si è valutata l’efficacia di un insetticida microbico a base di Beauveria bassiana ceppo Atcc 74040 per controllare il tripide in fioritura. Però, se applicato da solo con tre trattamenti, l’agente microbico non è risultato in grado di controllare il parassita. La soluzione più efficace sembra essere l’impiego di un insetticida seguito da due trattamenti con il principio attivo microbiologico».
Una piattaforma digitale
Ma al simposio non si è discusso solo di tecnica agronomica. Per esempio si è detto della necessità di dotarsi di una “piattaforma digitale” mediante la quale fare innovazione e scambiare conoscenze. «Il mondo dell’uva da tavola sente la necessità di un luogo, uno spazio dove costruire un dibattito permanente, uno scambio di conoscenze che agevolino l’innovazione in questo comparto così importante per l’economia della Puglia». È quanto ha dichiarato Giacomo Suglia, presidente dell’Apeo (Associazione produttori esportatori ortofrutticoli pugliesi).
Secondo Suglia «serve una piattaforma digitale dove scambiare velocemente informazioni e aiutare le imprese a costruire processi innovativi. Il nostro mondo è alla ricerca di nuove varietà e di nuove tecniche di produzione che ci aiutino a ridurre la dipendenza dall’estero, a garantire qualità adottando metodiche produttive sempre più rispettose dell’uomo e dell’ambiente, a risparmiare sull’uso dell’acqua, a contrastare il cambiamento climatico. Vogliamo dialogare con Università, politica e istituzioni nell’interesse di un comparto che rappresenta la punta di diamante dell’export ortofrutticolo pugliese».