Vestirsi da olandesi di Beatrice Toni
Le abbiamo prese a modello, visitate, raccontate in questi ultimi anni: le serre olandesi sono aziende efficienti, ipertecnologiche, superorganizzate, campionesse dell’export nel mondo. In testa hanno un obiettivo: il profitto.
Eppure, le serre olandesi hanno accumulato bilanci in rosso anno dopo anno. Non tutte naturalmente, ma un buon 50%. Con un epilogo scontato: hanno chiuso, son finite nelle mani delle banche.
Ma stare fermi non è un’opzione, hanno detto. La prima reazione è arrivata in questi giorni: si aggregano le cinque principali organizzazioni di produttori ortofrutticoli: Best of Four, Door, The Greenery, Harvest House, Van Nature. Il 70% del mercato.
C’è di mezzo il sostegno del Governo, il coinvolgimento di una banca vicina da sempre all’agricoltura, Rabobank (non ha comunicato il livello delle sofferenze) e il presidente è un ex ministro dell’Agricoltura. Uniti (e grandi) si vince è il motto.
È il primo passo. Dicono che la risposta non nasce dalla produzione quanto dal controllo, più coordinato, del mercato e del marketing. Perché il punto è che, pur sapendo estrarre da un ettaro di terra più produzione e qualità di chiunque altro al mondo, non riescono a strappare un buon prezzo di mercato. Perché in Europa gli acquirenti sono pochi con un conseguente grande potere contrattuale. Perchè aumenterà la competizione per effetto degli investimenti in corso in Spagna e Marocco.
Nel frattempo in Italia? Si aggrega la gdo. Coop nello specifico. E, dalle dimensioni annunciate, non sembra un progetto privo di conseguenze interne ed esterne alla stessa Coop. Staremo a vedere. E, soprattutto, i produttori italiani si vestiranno da olandesi?
L’aggregazione basterà? di Paolo Battistel
Non è la prima crisi delle serre olandesi. In passato accadeva circa ogni 10 anni, ora la crisi internazionale ha accelerato il processo. I motivi però sono sempre gli stessi: alti costi di produzione, soprattutto energia e manodopera; prezzi di mercato sempre più compressi dalla concorrenza globale.
Da queste crisi gli Olandesi sono usciti sempre allo stesso modo: più automazione per ridurre la manodopera; più tecnologia per esasperare le rese; nuove soluzioni energetiche: cogenerazione e ultimamente molta geotermia; economie di scala con aziende sempre più grandi.
Anche questo però non basta più. Alla fine il vero problema sono i prezzi troppo bassi, causa la concorrenza globale e lo strapotere della gdo. Da qui la necessità di aggregarsi a livelli sempre più alti. Ora siamo quasi al “monopolio” dei serricoltori, con tanto di benedizione del Governo e della banca che “soffre” insieme a loro. Vedremo se basta, sennò oltre, cosa ci può essere?
I leader del settore, tra l’altro gli unici con i bilanci in ordine, un’alternativa però l’hanno già trovata: trasferire know-how e serre olandesi in ambiente mediterraneo: meno energia, come con la geotermia in Turchia; manodopera a un decimo dei nostri costi, come in Marocco o Tunisia; più efficienza del sistema, come ad Almeria.
Nessuno però ha ancora pensato di venire a investire nel nostro Meridione: che voglia dire qualcosa?